L’offerta totale di monete virtuali viene di solito specificata in sede di tokenomics di un determinato progetto crypto. In alcuni casi, però, è previsto il cosiddetto coin burn, detto anche token burning. Ad esso, in pratica, è demandato il compito di eliminare una parte delle monete virtuali già emesse, solitamente nell’intento di favorirne un rialzo della quotazione.

Il caso più noto di coin burn è quello di Binance Coin, per il quale era previsto un processo simile a cadenza trimestrale. Ad aprile del 2022, Binance aveva già completato 19 di questi eventi, per effetto dei quali erano stati bruciati in totale 36.723.852,37 BNB, riducendo in tal modo del 18.36% l’offerta totale.

Occorre comunque specificare che ci possono essere anche altre motivazioni dietro questo processo di eliminazione dei token. Processo che, a fronte di alcuni vantaggi, presenta anche svantaggi di cui tenere conto. Andiamo quindi ad esaminare la questione.

Coin burn: cos’è e come funziona

Per coin burn, letteralmente bruciatura di monete in italiano, si intende il processo mediante il quale è possibile rimuovere in maniera definitiva una determinata quantità di criptovalute dalla circolazione.

La procedura che viene attuata per condurlo a fondo consiste nell’invio della quantità di monete che si intende eliminare ad un wallet, il quale viene indicato come «eater address» o «burn address». In pratica, questi portafogli digitali non hanno alcun proprietario cui rispondere ed è quindi impossibile usufruire di ciò che è contenuto al loro interno.

Ne consegue che i token “bruciati”, ovvero collocati al loro interno, non possono più essere oggetto di recupero. In tal modo viene ad essere ulteriormente ridotta una quantità che è già definita in partenza, con la logica conseguenza di ridurre il tasso di inflazione della criptovaluta interessata dal processo.

Alcuni progetti, inoltre, prevedono espressamente una funzione di auto-burn, contemplata all’interno di smart contract. Come accadeva nel caso di BNB, che ne prevedeva uno ogni tre mesi, prima del lancio di Binance Chain. Un evento che non risponde più ad un contratto intelligente, bensì ad un comando specifico previsto dalla stessa catena.

Se solitamente non si hanno dati ufficiali sui coin burn, rappresentando Binance Coin un’eccezione in tal senso, si calcola che nel corso del tempo siano stati bruciati svariati miliardi di token. Ne conseguono quindi ricadute non proprio irrilevanti sul lungo periodo, per le criptovalute interessate.

A quali esigenze risponde un coin burn?

Come abbiamo ricordato, il motivo predominante che spinge all’effettuazione di un coin burn è la volontà di favorire l’apprezzamento di un token. Abbattendone il numero di gettoni circolanti, quelli restanti avranno come logico corollario un rialzo della loro quotazione, saranno cioè premiati dai mercati.

A questa prima motivazione se ne aggiunge poi un’altra: mantenere in equilibrio la quotazione di una criptovaluta,. Questo scopo è perseguito in particolare dalle stablecoin e permette di conservare l’ancoraggio al bene reale cui le stesse sono collegate. Tra i progetti che prevedevano il coin burn c’era in particolare Terra (LUNA), la stablecoin di Do Kwon poi oggetto di un clamoroso crac.

Altri motivi all’origine di questa operazione sono poi la volontà di correggere alcuni errori in sede di emissione e la necessità di procedere in fase di convalida delle transazioni che utilizzano l’algoritmo di consenso Proof-of-Burn (PoB). Al momento, però, sono poche le valute virtuali che lo prevedono.

Vantaggi e svantaggi

Il coin burn presenta non solo vantaggi, ma anche difetti da tenere presenti in fase di valutazione. Tra i primi il più evidente è l’aspetto deflazionistico che assume il token interessato. Si tratta infatti di una vera e propria riduzione dell’offerta di un determinato asset, tale da aumentarne l’apprezzamento da parte degli investitori. Questi ultimi, a rigor di logica, indirizzano il proprio denaro in operazioni che preludono ad un rialzo delle quotazioni, a meno che non stiano investendo coi cosiddetti CFD (Contract for Difference), in cui è possibile anche la scommessa sul deprezzamento.

Al tempo stesso, però, il coin burn può comportare un apprezzamento troppo rapido del token, facendolo perdere di interesse agli occhi degli stessi trader. In questo caso, infatti, diventa difficile approfittare in maniera compiuta di una impennata della quotazione, a meno di non aver preso posizione per tempo.