Quando guardiamo una partita della squadra nazionale italiana, sia essa di calcio, rugby o pallavolo, una cosa è certa: risuonerà l’Inno di Mameli. Quest’ultimo è stato protagonista anche di una lunga e dettagliata spiegazione da parte di Roberto Benigni durante il Festival di Sanremo del 2011. Ma quante volte ci siamo fermati a riflettere sul significato di queste parole e sulla storia che c’è dietro? E lo sapete che fino a poco, pochissimo tempo fa, ovvero fino al 2017, l’Inno di Mameli era solo un inno “provvisorio”?

Com’è nato l’Inno di Mameli

Il Canto degli Italiani, noto come Inno di Mameli o “Fratelli d’Italia”, risale all’autunno del 1847. Questo inno patriottico fu scritto dal giovane genovese Goffredo Mameli e successivamente musicato dal suo conterraneo Michele Novaro.

Ogni nazione ha un inno che la rappresenta. La Francia si raccoglie sotto “La Marsigliese”, mentre il Regno Unito si unisce intorno a “God Save the Queen” (oggi “The King”). L’Inno di Mameli, però, ha un’origine particolarmente toccante e significativa.

Goffredo Mameli, un patriota appassionato, fu ispirato dalla Marsigliese e scrisse l’Inno di Mameli all’età di appena 20 anni. Il suo impegno per la causa italiana era così profondo che morì a 22 anni, combattendo per la Repubblica Romana, un simbolo dell’aspirazione nazionale italiana dell’epoca. Oltre all’inno, Mameli ha scritto molteplici opere patriottiche che hanno alimentato la passione e l’unità durante il Risorgimento.

L’evoluzione dell’Inno di Mameli nella storia italiana

Anche se l’Inno di Mameli ebbe un ruolo cruciale durante il Risorgimento, non fu subito adottato come inno ufficiale dell’Italia. Dopo l’Unità d’Italia, l’inno ufficiale era la “Marcia Reale” di Casa Savoia. Tuttavia, con la nascita della Repubblica nel 1946, il Canto degli Italiani fu riconosciuto come inno nazionale, status che ha mantenuto da allora, ricevendo un riconoscimento ufficiale solo nel 2017.

Il significato dell’Inno di Mameli

Il Canto degli Italiani è ricco di simboli e riferimenti storici. La prima strofa evoca l’immagine di Scipione l’Africano, il leggendario generale romano che sconfisse Annibale. Questa allusione vuole sottolineare la forza e il coraggio dell’Italia, pronta a lottare come i suoi antichi eroi.

Il riferimento alla “Vittoria” che “porga la chioma” simboleggia la certezza che l’Italia prevale. Durante l’antica Roma, le schiave erano riconoscibili per i capelli corti. Il verso suggerisce che la Vittoria, come una schiava, è destinata ad appartenere all’Italia.

Infine, il ritornello “Stringiamci a coorte” fa appello all’unità e alla solidarietà del popolo italiano. La coorte, un’unità di combattimento dell’esercito romano, rappresenta l’appello a unirsi e a lottare insieme per la nazione.

L’anima frammentata di un’Italia del 1848

Infatti, nell’Italia del XIX secolo, c’era un palpabile desiderio di coesione. Diverse regioni, sotto differenti dominazioni, anelavano a formare un unico Stato nazionale. I loro cittadini si sentivano calpestati e ridicolizzati, non percepiti come un vero popolo proprio a causa di questa frammentazione.

Il bisogno di un simbolo unificante era forte. Questo simbolo, in molte culture e nazioni, è spesso rappresentato da una bandiera. Per l’Italia, una sola bandiera rappresentava una speranza, un desiderio di fusione in un’identità comune. Era tempo che queste diverse entità territoriali si unissero, e la chiamata all’unità risuonava forte.

Oltre alla pura unificazione territoriale, c’era una forte spinta emotiva verso la solidarietà. La fraternità e l’amore tra le persone possono mostrare la strada verso una nazione più forte e unita. Questa unione sarebbe stata la chiave per liberare l’Italia dalle catene del dominio straniero.

Momenti chiave nella storia italiana

Ci sono stati eventi storici che hanno fatto da catalizzatori a questo sentimento nazionalista. La vittoriosa battaglia di Legnano, dove le città lombarde si sono unite per sconfiggere Federico I, è un esempio luminoso di resistenza e determinazione. Questa battaglia ha avuto un impatto così profondo che ogni città italiana si vedeva come una nuovo Legnano, un simbolo di resistenza e determinazione.

Il coraggio di Francesco Ferrucci, che difese con ardore la Repubblica di Firenze, è un altro episodio emblematico. La sua resistenza contro le forze dominanti divenne un simbolo di determinazione e spirito indomabile.

Non erano solo battaglie e leader a simboleggiare la resistenza. Il giovane Balilla di Genova (all’anagrafe Giovan Battista Perasso), che con un semplice gesto (un sasso scagliato contro le truppe austro-piemontesi) ha scatenato una rivolta contro gli oppressori, è diventato un’icona della resistenza popolare. Come lui, ogni campana che suonava in Sicilia durante i Vespri Siciliani rappresentava un richiamo alla lotta contro l’invasore.

L’Austria, con la sua aquila imperiale, era una delle principali forze di dominazione in Italia. Tuttavia, il suo potere stava diminuendo, e le sue “spade mercenarie” erano viste come deboli e vulnerabili. In parallelo, la Polonia, anch’essa oppressa dall’Austria e dalla Russia, condivideva un destino simile all’Italia. Questi due Paesi, pur attraversando momenti di sofferenza, erano destinati a resistere e, infine, a trionfare. Non è un caso che nei loro rispettivi inni nazionali, Italia e Polonia si citino rispettivamente, ed è l’unico caso nella storia degli inni nazionali.

Una storia lunga 170 anni: l’adozione ufficiale dell’Inno di Mameli

L’Inno di Mameli, spesso identificato semplicemente come “Il Canto degli Italiani”, è un pezzo storico che risale al 1847. Sin dal suo debutto, ha guadagnato popolarità tra gli italiani, diventando un emblema potente del Risorgimento. Questo inno è stato cantato con passione nei moti rivoluzionari del 1848, nelle battaglie della seconda guerra d’indipendenza e perfino durante le epiche avventure della spedizione dei Mille. Sorprendentemente, malgrado la sua popolarità, è diventato l’inno ufficiale dell’Italia soltanto nel 2017.

Dopo la realizzazione dell’Unità d’Italia nel 1861, la Marcia Reale, associata alla Casa Savoia, divenne l’inno ufficiale. Ma l’amore per il Canto degli Italiani non si spense mai. Quando il grande compositore Giuseppe Verdi creò l’Inno delle Nazioni per un evento internazionale, scelse di includere le parole del Canto degli Italiani, affermando così la sua importanza.

Tuttavia, durante il regime fascista, ci fu una pausa forzata nell’esecuzione dell’inno nelle cerimonie ufficiali. Fortunatamente, dopo la fine della seconda guerra mondiale, l’Italia iniziò a riconoscere l’importanza di questa composizione. Fu nel 1946 che il Canto degli Italiani venne riconosciuto come inno nazionale provvisorio, uno status che avrebbe mantenuto per molti anni prima di essere ufficialmente consacrato nel 2017.

La prima volta dell’Inno di Mameli

La prima volta che l’inno di Mameli fu eseguito pubblicamente fu un evento di grande risonanza. Oltre 30.000 patrioti da tutto il Paese si radunarono a Genova per ascoltarlo, testimoniando l’immensa passione e unità del popolo italiano in quel periodo. Ma questo debutto ebbe anche un tocco di ribellione: una delle strofe fu aggiunta a mano da Mameli stesso, poiché era stata censurata per il suo tono antiaustriaco.

Anche se oggi molti conoscono solo una parte dell’inno, in origine era composto da cinque strofe. Successivamente, una sesta strofa venne introdotta, celebrando la gioia dell’Italia unita. Ma a causa della sua lunghezza, durante gli eventi ufficiali, spesso si esegue solo la prima strofa seguita dal ritornello.