Ci sono i primi 3 indagati per la strage che a Mestre, vicino Venezia, ha strappato alla vita 21 persone, ferendone 15. Si tratta di due dipendenti del Comune di Venezia e dell’amministratore delegato della società “La Linea”, a cui apparteneva il bus elettrico precipitato dal viadotto. Per chiarire le esatte dinamiche dell’incidente si attendono i risultati della perizia tecnica disposta sulla scatola nera del mezzo incidentato, le telecamere del viadotto e quelle interne e lo smartphone dell’autista Alberto Rizzotto, il cui nome figura tra quelli delle vittime.
Ci sono 3 indagati per la strage del bus precipitato a Mestre: ecco chi sono
Sono 3 le persone iscritte nel registro degli indagati con le ipotesi di reato di omicidio stradale, omicidio stradale plurimo, lesioni personali stradali gravi o gravissime e lesioni personali colpose. Si tratta di due funzionari del Comune veneziano e di Massimo Fiorese, amministratore delegato della società “La Linea”, che aveva messo a disposizione del campeggio in cui i turisti soggiornavano, a Maghera, il bus elettrico poi precipitato dal viadotto.
Il primo, Roberto Di Bussolo, è il dirigente del settore Viabilità e mobilità per la terraferma; il secondo, Alberto Cesaro, del settore Manutenzione viabilità stradale: avrebbero dovuto occuparsi, in pratica, dei controlli riguardanti il tratto di strada diventato teatro del sinistro. La loro iscrizione sarebbe, comunque, un “atto dovuto”, per permettere agli inquirenti di andare avanti con le indagini e a loro di difendersi, nel corso delle prossime consulenze tecniche.
Consulenze tecniche irripetibili, che dovranno fare luce, ad esempio, sullo stato del guardrail che costeggiava la via. Elementi importanti potranno poi emergere dagli accertamenti sulla scatola nera, sulle telecamere e sullo smartphone dell’autista Alberto Rizzotto, morto insieme ad altre 20 persone nell’impatto, violentissimo, seguito all’uscita di strada del mezzo di cui era alla guida.
Le possibili cause dell’incidente di Mestre
Sulle cause dell’incidente ci sono, ancora, diverse ipotesi: la più accreditata è quella di un colpo di sonno o di un malore avvertiti dall’autista che, perdendo il controllo del mezzo, avrebbe urtato con il bus contro il guardrail – da molti definito “una semplice ringhiera” e già oggetto di severe valutazioni -, precipitando dal viadotto.
Dalle testimonianze di vari passanti è emerso che il bus viaggiava a bassa velocità e che, prima di cadere, avrebbe affiancato il guardrail – su cui sono stati trovati almeno 27 segni di colluttazione – per 50 metri, senza mai frenare. Ci si chiede se sia possibile che il guidatore non si sia reso conto di niente, forse proprio a causa di un mancamento. Gli esiti dell’autopsia effettuata sulla salma dovrebbero essere resi noti tra una decina di giorni. Al momento sono “secretati”.
I primi tre soccorritori ricevuti dal sindaco di Venezia
Il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, ha intanto ricevuto in Comune alcuni soccorritori della strage: Bujar Bucaj, Boubacar Toure’ e Godstime Erheneden. Lo scorso 3 ottobre furono i primi ad arrivare sul luogo dell’incidente, infilandosi tra le lamiere accartocciate e portando in salvo diverse persone, dimostrando
cos’è l’animo umano e che la solidarietà non è solo a parole ma significa atti concreti,
ha detto il primo cittadino. Alcuni dei feriti sono stati dimessi: 13, secondo l’Ansa, sarebbero ancora in ospedale, ma non in gravi condizioni. Delle salme delle vittime, invece, è iniziato il rimpatrio: la maggior parte erano turisti ucraini, rumeni e tedeschi. Le loro storie hanno commosso e sconvolto l’opinione pubblica.
Si pensi a quella della neosposa croata in viaggio di nozze, morta a soli 26 anni insieme al bambino che portava in grembo da qualche mese. Oppure al tragico destino dei tre bambini deceduti sotto gli occhi inermi dei genitori, nonostante i disperati tentativi di questi ultimi di metterli in salvo.