Il modello Riace va a processo. Anzi, ci ritorna, perché il suo creatore ha già sulle spalle una condanna, in primo grado, a 13 anni e due mesi. Oggi per Domenico Mimmo Lucano è il giorno della sentenza della Corte d’Appello, ma cosa ha fatto l’ex sindaco di Riace? Perché è finito in giudizio e in queste ore attende la pronuncia del Tribunale di secondo grado che dovrà esprimersi sulle pesantissime accuse di associazione a delinquere, abuso d’ufficio, truffa e peculato?
Domenico Lucano, cosa ha fatto l’ex sindaco di Riace e perché è finito a processo
Riace è un borgo di 2000 anime a 125 chilometri di distanza da Reggio Calabria, che vive praticamente solo d’estate solo nella parte bassa. Riace Marina. Sopra, nel borgo vecchio, la vita si spegne mese dopo mese di più, con i giovani e gli adulti che vanno a cercare lavoro altrove e le strade sempre più vuote e silenziose.
Nel 1998 il paese stava, come tanti altri piccoli centri soprattutto del sud, agonizzando, preparandosi a morte apparentemente certa. Mimmo Lucano era un giovane attivista a cui capitò di assistere all’arrivo, nelle acque di Riace Marina di una nave proveniente dalla Turchia, che trasportava 66 uomini, 46 donne e 72 bambini curdi in fuga. Fu da quel momento, secondo quanto raccontato dall’ex sindaco di Riace, che gli venne in mente che, per salvare quel suo paese morente un modo c’era: accogliere i migranti nell’abitato semi abbandonato, inserirli nell’esanime tessuto economico sociale del paese.
Fondò con questo fine l’associazione Città Futura e nel 2004 Domenico Lucano venne eletto per la prima volta (seguiranno altri tre mandati), sindaco di Riace. Il piccolo centro divenne il primo comune italiano, insieme a Trieste ad entrare nel sistema Sprar, allora vigente per l’accoglienza dei migranti richiedenti asilo. Da quel momento nacque il modello Riace.
Che cos’è il modello Riace
Ma cosa si intende per modello Riace? in cosa il sistema di accoglienza e di integrazione messo in piedi da Mimmo Lucano e dalla sua giunta, poteva considerarsi innovativo ed efficiente?
L’idea alla base del sistema, era quella venuta al giovane Lucano anni prima, davanti alla nave con i profughi curdi. Ai migranti venivano messe a disposizione, assegnate in comodato d’uso, le abitazioni rimaste abbandonate in paese. Allo stesso tempo, i fondi governativi stanziati per i progetti di accoglienza venivano usati innanzitutto per creare borse lavoro e attività commerciali gestite dagli immigrati e dai residenti.
In questo modo i migranti diventavano subito cittadinanza attiva, contribuivano a rianimare il paese occupando edifici abbandonati e recuperandoli, ed erano anche nuova popolazione produttiva capace di riaccendere anche il tessuto economico e sociale del paese fino ad allora moribondo.
Un modello basate su idee semplici e sul caro vecchio buon senso, che lasciò stupiti in molti, non solo in Italia, perché da subito sembrò funzionare. Tanto che, il cosiddetto modello Riace messo in piedi dal sindaco Domenico Lucano divenne conosciuto ed esaminato in tutta Europa. E il sindaco finì addirittura tra le 50 personalità più influenti del mondo secondo la classifica di Fortune per l’anno 2016.
Ma proprio in quello stesso anno iniziarono anche i problemi giudiziari di Mimmo Lucano.
Perché Mimmo Lucano è sotto processo: accuse, arresto, condanna in primo grado
Nel 2016 arrivò a Riace un ispettore della Procura di Reggio Calabria che stilò una relazione negativa che sottolineava criticità negli aspetti amministrativi e organizzativi del sistema di accoglienza e della gestione del comune da parte del sindaco.
Nel 2017 la Procura di Locri procedette ad iscrivere Mimmo Lucano nel registro degli indagati con le accuse di abuso d’ufficio, concussione e truffa aggravata. Nello stesso anno il Ministero degli Interni escluse Riace dai finanziamenti statali per l’accoglienza, cosa che di fatto toglieva la possibilità di andare concretamente avanti sulla strada intrapresa. In quel momento, a sostegno della protesta di Lucano contro la decisione del governo si mossero attivisti, politici e intellettuali.
La situazione ormai stava precipitando e nell’ottobre del 2018 si arrivò all’arresto di Mimmo Lucano sulla base di alcune intercettazioni relative un presunto matrimonio combinato tra una donna ghanese e un cittadino di Riace al fine, sostengono gli inquirenti, di riconoscere alla donna la possibilità di rimanere sul suolo italiano anche dopo che le era stato negato, per tre volte, il permesso di soggiorno.
Oltre a questo, Lucano venne arrestato per la vicenda relativa alla raccolta rifiuti del comune, affidata a due cooperative in via diretta e quindi senza bando. Se per il gip di Locri la prima accusa non reggeva, la seconda, che riguardava un illecito nella gestione degli appalti, giustificava la conferma dell’arresto.
Nel 2019, ormai sospeso dalla carica, Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace viene rinviato a giudizio insieme ad altre 11 persone, con una nuova accusa: quella di aver firmato l’abitabilità delle abitazioni riconosciute ai migranti, pur in mancanza di relativa documentazione e quindi violando quindi le regole e procedure disposte dal sistema Sprar.
Secondo l’accusa Lucano era una sorta di ras di un’organizzazione messa su per accrescere un sistema clientelare sfruttando il sistema dell’accoglienza.
Il primo grado di giudizio si è concluso con una sentenza di condanna, da molti giudicata abnorme, a 13 anni e due mesi di carcere per associazione a delinquere abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Per oggi, 11 ottobre 2023, è attesa la sentenza della Corte d’Appello sul caso.