La Salernitana chiama, Filippo Inzaghi risponde. A due anni di distanza l’allenatore piacentino torna in Campania per riprovarci con la Serie A. L’ultima volta alla guida del Benevento arrivò una retrocessione, ora serve una riscossa in una piazza calda ma in grande difficoltà. La classifica dopo otto giornate racconta solo tre punti raccolti senza nemmeno una vittoria, un rendimento che è costato caro a Paulo Sousa con cui si è rotto il feeling già in estate. Ora Inzaghi avrà il compito di revitalizzare una squadra che ha tante incognite ma anche la qualità giusta per cominciare a viaggiare ad un ritmo diverso.
Salernitana-Filippo Inzaghi, il primo incontro nel 1998
Contento di essere tornato in Serie A?
“Stavo aspettando con ansia una chiamata interessante, mi ero stancato di rimanere fuori e di alcuni trattamenti ricevuti. Mi sono chiesto tante volte se questo calcio meritasse ancora la mia onestà e la mia professionalità. Guardavo il telefono ogni istante della giornata sperando in una chiamata di gente come Iervolino e come De Sanctis. Io e il mio staff siamo felici di poter tornare a lavorare con i nostri metodi, quando ne abbiamo avuto la possibilità i risultati sono arrivati. Faccio un grande in bocca al lupo a Paulo Sousa che ha fatto molto bene. Il mio obiettivo è valorizzare i giocatori e raggiungere la salvezza ma chiedo il supporto di tutta Salerno. La retrocessione sarebbe un male per tutti per cui criticate me che tanto sono abituato, ho segnato 300 gol e mi dicono che non sapevo fare uno stop. Il mio desiderio è vedere la gente che apprezzerà il nostro atteggiamento, abbiamo bisogno di affetto e di aiuto. Conosco l’Arechi, nel 1998 segnai una doppietta ma ricordo che nel riscaldamento non riuscivo nemmeno a parlare con i compagni. Vedere poi tremila persone a Monza mi ha davvero colpito“.
Ha in mente già uno schema per la Salernitana?
“Penso che non esista uno schema che faccia vincere le partite. Ho ottenuti buoni risultati ed esoneri col 4-3-3 o col 3-5-2. Il mio interesse primario è riportare entusiasmo e convinzione nei propri messi ai calciatori. Non me la sento di fare promesse al momento, voglio vedere una squadra che lotta sennò me ne andrò via. A noi servono punti e quindi dobbiamo pensare solo a quello nelle prime giornate. L’anno scorso era piacevole vedere la Salernitana, ha mantenuto la stessa ossatura e sono arrivati calciatori bravi dal mercato estivo che però vanno supportati visto che molti di loro sono giovani. Sono sicuro che ci possiamo salvare ma dobbiamo cominciare a dimostrarlo sul campo anche se non sarà semplice lavorare in questi giorni di sosta senza dieci nazionali, proprio questo ci dovrebbe fare capire che abbiamo dei valori che non sono da retrocessione. Daremo il massimo per meritare il rispetto della tifoseria e della società che ci ha scelto“.
Ci sta un motivo preciso per cui ha accettato Salerno?
“Quando sono andato al Brescia mi dicevano che ero matto, quando sono passato dal Milan in Serie A al Venezia in Serie C mi davano del pazzo. Adesso ho letto commenti di gente che sostiene che sia una impresa impossibile visto il penultimo posto in classifica. Io invece sono la persona più contenta del mondo. Rappresentare qualcosa di importante per la gente mi fa passare la tristezza. C’è gente che vince la Champions League e poi viene esonerata dopo pochi mesi. Io devo fare meno danni possibili, un allenatore non ha inventato il calcio perché poi in campo ci vanno i calciatori. Il mio compito è valorizzare le loro potenzialità togliendo gli alibi e ho trovato una società che vuole crescere“.
Ha già in mente come schierare la difesa?
“Il primo passo sarà individuare i giocatori di cui non posso fare a meno, dopo deciderò se metterci a quattro o a cinque. Ho una visione del calcio affine a questa società e punta alla praticità. Se sto vincendo inserisco un altro difensore e non un attaccante, a me interessa vincere le partite. So che l’attacco è il reparto più forte della squadra, cercherò di far coesistere più giocatori offensivi possibili ma deve esserci sempre collaborazione. Chi non corre per i compagni rimane in panchina”.
È più preoccupato per i tanti gol presi o per i pochi realizzati?
“Iniziamo a lavorare sul campo, i risultati arriveranno ma serve pazienza. In questo momento abbiamo bisogno di aiuto, in primis dai giornalisti perché tutti devono rendersi conto che società come questa bisogna tenersele strette. Qua c’è un presidente con un grande trasporto emotivo, mi ha trasmesso sofferenza nel parlare della classifica della squadra e per questo voglio renderlo orgoglioso. Nessuno mi ha mai regalato nulla e sono qui per chiedere alla squadra di sudare la maglia. Su Dia dico che è una prima punta che ha le capacità di giocare in tutti i moduli possibili. Devo recuperarlo ma può fare tranquillamente quindici gol, se non li fa non portiamo a casa le penne”.