Dopo lo sciopero del trasporto locale di oggi, domani 10 ottobre sarà il turno dello sciopero dei taxi indetto da Or.s.a.-taxi, Usb-taxi e Fast Confsal-taxi. L’agitazione, indetta dalle sigle sindacali per protestare contro il Dl Asset, durerà per 24 ore e coinvolgerà tutte le principali città italiane. I disagi maggiori, tuttavia, sono previsti a Roma, Milano Napoli e in tutte le città aeroportuali.
Quali sono i motivi dello sciopero dei taxi di domani 10 ottobre 2023
La causa scatenante dello sciopero dei taxi previsto per domani martedì 10 ottobre è, per il sindacato OR.S.A Taxi, il dl Asset recentemente approvato dal Parlamento.
Per sopperire ai disservizi ormai evidente in diverse città italiane – Roma l’esempio più eclatante – il Governo ha deciso infatti di intervenire permettendo ai Comuni di aumentare le licenze disponibili del 20%. Il Dl asset interviene inoltre sul fronte delle licenze temporanee – previste per i momenti di alta affluenza turistica – e sul sistema delle doppie guide per il quali due autisti potranno, su diversi turni, guidare lo stesso veicolo.
Le novità introdotte, tuttavia, non sono per nulla gradite da OR.S.A Taxi che insieme ad altri sindacati ha deciso di scioperare contro un decreto ritenuto sbagliato e, soprattutto, frettoloso, come spiega in questa intervista esclusiva per TAG24 Rosario Gallucci, segretario nazionale di Or.s.a. Taxi.
Gallucci, per quale motivo è stato indetto lo sciopero dei taxi di domani?
«Lo sciopero di domani si è reso necessario per una serie di ragioni. Il primo è che è iniziata, a nostro giudizio, una disputa tra governo centrale e amministrazioni comunali di sinistra nel cui mezzo non vogliamo stare.
I taxi sono un servizio non di linea integrativo e complementare al servizio pubblico che ha subito negli anni tremendi tagli ai bilanci. Noi non vogliamo pagare il prezzo di questi errori fatti tanto dai governi centrali quanto dalle amministrazioni locali.
Se nelle città non ci sono mezzi pubblici adeguati non è che possiamo sopperire noi. Nel decreto Asset, oramai diventato legge, si dà ai sindaci il potere di immettere il 20% in più di licenze. Per noi è un potere spropositato che non calcola tecnicamente – come si faceva con l’abolito articolo 37 – il fabbisogno di nuove vetture in circolazione.
Le faccio l’esempio di Napoli, dove la velocità commerciale a causa del traffico è di un metro al minuto. Mi sembra ovvio che se un tassista rimane intasato, soprattutto se – e parlo della terza città di Italia – nel tempo le amministrazioni hanno cancellato 27 kilometri di corsie preferenziali.
Mi sembra chiaro perché i clienti non trovino i taxi nelle città, specialmente nei punti di partenza e di arrivo come stazioni, porti e aeroporti».
Gallucci: “Sciopero di domani necessario, noi tassisti stanchi di pagare il prezzo di errori non nostri”
Il ragionamento è chiaro, ma perché opporsi a nuove licenze che potrebbero aiutare?
«Se noi seguiamo quello che dice il decreto Asset in alcuni periodi dell’anno, quando il flusso turistico è maggiore, ci vorrebbero nuove licenze. Bene, chi è in grado di stabilire il fabbisogno di questo flusso turistico? E cosa succede quando le presenze in città calano e noi ci troviamo con più taxi e meno clientela? Che facciamo, ci guardiamo in faccia?
Il tema deve essere affrontato in modo strutturale. Gli amministratori, prima di intervenire con il decreto Asset dovrebbero andare a sistemare tutto quello che non funziona e che viene scaricato su di noi».
Neanche il sistema delle doppie guide può essere utile?
«Le doppie guide già esistono dal decreto Bersani ma parliamo di ditte individuali, non di chi lavora in cooperativa. Ripeto, questo decreto del governo ha delle criticità che dovrebbero essere riviste. Si sono prese decisioni importanti in fretta e furia.
Voglio sottolineare poi come questo decreto Asset sia un decreto omnibus che contiene al suo interno un po’ di tutto, nonostante il Presidente Mattarella abbia più volte invitato a non legiferare in questo modo.
Da quattro anni e mezzo noi stiamo cercando di avere i decreti attuativi per la regolamentazione delle app, per il foglio elettronico per gli NCC e per il Registro elettronico nazionale. Perché su questi temi non si interviene? Con l’implementazione del Registro elettronico nazionale si potrebbe finalmente vedere i fabbisogni delle città. Invece si continua a stare nel caos e a subire la spinta delle multinazionali che approfittano dei vuoti legislativi, come per il tema delle app».
Se ci fosse una maggiore concertazione con i sindacati si arriverebbe a un accordo con la vostra categoria per l’aumento delle licenze?
«Noi vogliamo un trasporto pubblico non si linea che rispetti le esigenza di ogni città. Io sono pronto a scommettere che, con amministratori locali capaci, si potrebbe finalmente mettere mano a una regolamentazione del nostro settore, dando quella velocità commerciale di cui abbiamo bisogno.
Le cose però non possono essere fatte a caso: le amministrazioni non possono aumentare così, del 20%, tirando fuori numeri come se giocassero a tombola.
Una riforma del settore deve essere fatta in modo serio e professionale perché impatta il destino di tante persone che una licenza l’hanno pagata con tanti sacrifici»