In vista dell’arrivo nelle Aule di Palazzo Madama e di Montecitorio della Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Nadef), sono cominciate le audizioni nelle commissioni Bilancio del Senato e della Camera: oggi rappresentanti di Cnel, Corte dei Conti, Banca d’Italia; domani Ufficio parlamentare di Bilancio e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. L’ultimo aggiornamento dell’Istat oggi con il report consegnato in Parlamento, in particolare, non delinea un quadro troppo positivo, affermando che “gli indicatori congiunturali più recenti suggeriscono per i prossimi mesi il permanere della fase di debolezza dell’economia italiana“.
Aggiornamento Istat oggi, i dati ancora difficoltosi sull’economia italiana
Gli elementi di freno alla crescita identificati dall’Istat sono in parte legati “a condizioni di accesso al credito più rigide per famiglie e imprese e al lento recupero del potere d’acquisto delle famiglie“. Dunque, non si vedono ancora gli effetti del Pnrr, le cui risorse stimoleranno gli investimenti a partire dal 2024, stando a quanto previsto dall’Istat:
La realizzazione di investimenti pubblici e riforme previste dal Pnrr sarà oltremodo rilevante per il raggiungimento degli obiettivi di crescita previsti dal Governo.
Nel trimestre in corso, si conferma inoltre “la debolezza della spesa delle famiglie, seppure ancora in crescita (+0,2% la variazione congiunturale, dopo +0,6% del primo)“. Una debolezza che deve fare fronte con una inflazione che continua ad aumentare. A settembre, infatti, degli oltre 400 beni aggregati utilizzati dall’Istat per calcolare l’inflazione “oltre il 58% evidenzia un incremento dei prezzi, sulla media del 2019, uguale o superiore al 10% Di questi, oltre la metà è rappresentato da generi alimentari”:
Aumenti non inferiori al 25% si registrano per oltre il 17% degli aggregati, il 13% nel solo settore alimentare Inoltre, per il 5,2% dei casi, gli aumenti di prezzi, nel periodo considerato, risultano superiori o pari al 40%. Il calo solo il 6,7% degli aggregati.
Retribuzioni reali sotto i livelli del 2009
Per quanto riguarda, più nel dettaglio, le retribuzioni contrattuali nell’anno corrente si è registrata una crescita delle retribuzioni contrattuali (+2,7%), così ripartita nei diversi settori: +2,7% in agricoltura, +3,2% nell’industria, +1,3 nei servizi e +3,8% nella PA. Si aggiunga, poi, “un’ulteriore diminuzione del potere d’acquisto delle retribuzioni contrattuali alla luce dell’inflazione acquisita (IPCA), pari ad agosto al +5,4%“. Le retribuzioni reali sono così tornate sotto i livelli del 2009.
Mettendo in relazione l’aumento dell’inflazione e quello delle retribuzioni contrattuali nel periodo che va dal 2009 al 2023, la differenza tra prezzi e salari è pari a 12 punti percentuali. Tale differenza di crescita non è omogenea nei diversi settori: passa dai 4,1 punti per l’agricoltura e 4,7 punti per l’industria, dai 13,6 punti per i servizi privati ai 19,5 punti per la pubblica amministrazione.