Pensioni a 64 anni, le ultime notizie sulla prossima Manovra riguardano le riflessioni del governo su Opzione Donna, che è in procinto di essere cancellata per essere sostituita da Quota 84.

Pensioni a 64 anni, ultime notizie su Quota 84

Per risolvere la situazione derivante dalla modifica della formula dell’opzione donna, introdotta nell’anno precedente con criteri più restrittivi, il governo sta considerando l’inclusione della “quota 84” nella prossima legge di Bilancio. Tale disposizione consisterebbe in un regime di pensionamento anticipato accessibile a coloro che raggiungono i 64 anni di età e accumulano 20 anni di contributi previdenziali.

Oltre ai requisiti sopra menzionati, per qualificarsi per la “quota 84” sarebbe necessario anche aver accumulato un importo minimo di assegno previdenziale, presumibilmente pari a 2,5 volte l’assegno sociale, che equivale a poco più di 1000 euro.

La possibilità di beneficiare della pensione anticipata tramite la “quota 84” sarebbe estesa anche alle lavoratrici che hanno versato contributi prima del 1996, a condizione che si sottopongano a un ricalcolo interamente basato sui contributi versati (comportando la rinuncia al sistema misto che considera la valorizzazione con il sistema retributivo dei contributi versati fino al 31 dicembre 1995).

In sostanza, si tratterebbe di una forma di pre-pensionamento simile alla cosiddetta pensione anticipata contributiva, che richiederebbe l’età di 64 anni e 20 anni di contributi, escludendo i crediti figurativi, ma garantendo un assegno maturato pari a almeno 2,8 volte l’assegno sociale. Di conseguenza, per le lavoratrici ci sarebbe una riduzione dell’importo dell’assegno previdenziale accumulato.

Che fine farà Opzione Donna?

Rimane ancora da capire se la “quota 84” prenderebbe il posto o coesisterebbe con l’opzione donna. Attualmente, l’opzione donna consente alle donne con 35 anni di contributi e 60 anni di età (entro il 31 dicembre 2022) di accedervi, con la possibilità di ottenere uno sconto di un anno per ogni figlio, fino a un massimo di due, e a condizione che rientrino in una delle seguenti tre categorie: caregiver, con una disabilità almeno al 75%, o occupate in aziende con tavoli di crisi aperti.

Da tempo si discute di apportare modifiche a questa formula, con le organizzazioni sindacali che richiedono il ripristino delle condizioni originali: 35 anni di contributi e un’età di 58 o 59 anni, a seconda che si tratti di lavoratrici dipendenti o autonome.

Tuttavia, il Ministero dell’Economia è sempre stato contrario alla reintroduzione di questo sistema, preoccupato per gli oneri finanziari che comporterebbe. È proprio per questa ragione che, nelle scorse settimane, si è iniziato a esaminare l’idea di introdurre un altro meccanismo, una sorta di “Ape donna”.

Ape donna

L’idea è quella di estendere l’“Ape sociale” alle donne. Se le regole dovessero essere paragonabili, questa iniziativa rappresenterebbe una forma di prepensionamento a partire dai 63 anni, ma con una particolare caratteristica: al momento del pensionamento anticipato, non si riceverebbe direttamente una pensione, ma piuttosto un assegno fisso per 12 mensilità, con un limite massimo di 1.500 euro, senza possibilità di rivalutazione. Successivamente, al raggiungimento dell’età pensionabile, si passerebbe senza interruzioni dall’Ape all’assegno pensionistico.

Per le donne, potrebbe essere prevista una variazione in modo che il requisito d’età sia di 60 anni invece che 63. Tuttavia, l’Ape sociale condividerà le stesse restrizioni attualmente valide per l'”Opzione donna”, quindi sarebbe accessibile solo a coloro che sono “caregiver” (coloro che si prendono cura di familiari) o che hanno un alto grado di invalidità.

D’altra parte, la soluzione “Quota 84” per le donne potrebbe avere un’applicazione più ampia. Nella pianificazione delle pensioni nell’ambito della legge di bilancio, bisogna tener conto delle risorse limitate disponibili. È confermato che ci sarà l’introduzione della “Quota 103”, che permette il pensionamento anticipato a 62 anni con 41 anni di contributi. Questo meccanismo, tuttavia, non favorisce le donne, poiché, come ha sottolineato il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, a 62 anni in media le donne hanno accumulato solo 28 anni di contributi, molto al di sotto dei requisiti richiesti dalla “Quota 103”. Per questo motivo, si sta cercando una soluzione specifica e adatta alle esigenze delle donne.