La situazione in Israele, dove imperversa la guerra dopo l’attacco di Hamas, è monitorata da vicino anche dal ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Il titolare della Farnesina, partito oggi alla volta di Firenze per gli Stati Generali della diplomazia culturale, è al lavoro “per cercare di aiutare i connazionali bloccati in Israele a rientrare in Italia”. Lo ha riferito lo stesso Tajani in un breve messaggio su X.
La loro sicurezza è la priorità più assoluta del governo.
Sono ore di superlavoro per il vicepremier, che è intervenuto ai microfoni di diversi media nazionali per fare il punto della situazione. Ad ospitarlo, oggi, gli studi di “24Mattino”, in onda su Radio 24. Durante la trasmissione radiofonica, Tajani ha sottolineato che l’ambasciata italiana a Tel Aviv, il consolato a Gerusalemme e l’unità di crisi “sono mobilitati dal primo momento”.
Stiamo cercando di assistere tutti i nostri concittadini, stiamo cercando di aiutare a rimpatriare coloro che lo vogliono. Siamo impegnati 24 ore su 24 ad aiutarli, a seguirli, a rispondere alle loro richieste. Non è facile, ma siamo impegnati al massimo.
Secondo un calcolo del ministero degli Esteri, gli italiani in Israele sono circa 18mila. Molti di loro, ha spiegato lo stesso Tajani, hanno la doppia doppia nazionalità. Un migliaio sono nell’esercito, una decina a Gaza, circa cinquecento in Israele, tra turisti e lavoratori non residenti.
Guerra in Israele, Tajani fa il punto della situazione: “Timori di un’escalation, stiamo lavorando per impedirlo”
Anche alla luce degli ultimi bombardamenti di artiglieria, il ministro degli Esteri non nasconde i suoi timori di un’escalation, ma la diplomazia italiana sta “lavorando per impedire che ciò avvenga”.
Stiamo sostenendo tutte le iniziative con l’obiettivo di evitare che ci sia un allargamento dello scontro al di là dei confini di Israele e Palestina. Guardiamo con preoccupazione anche quello che accade in Libano, però al momento non ci sono segnali di un imminente attacco.
A proposito del Libano, Tajani ha sottolineato la presenza di Unifil, già ribadita dal ministro Crosetto, con “1.300 militari italiani” che agiscono come “portatori di pace”.
Seguiamo minuto per minuto l’evolversi della situazione. C’è molta tensione, lavoriamo, insieme a Usa, Francia, Germania e Gran Bretagna, affinché non ci sia un’escalation, fermo restando il diritto di Israele sacrosanto a difendersi perché ha subito un attacco disumano contro la popolazione civile, non solo contro i militari.
Il quadro in Libano è “in totale evoluzione”: al momento, ribadisce il vicepremier, “c’è qualche preoccupazione, ma non ci sono segnali di attacchi di massa” come quelli lanciati da Hamas. Bisogna comunque “tenere sotto controllo i rischi” e “lavorare per disinnescare le micce”.
“Rischio di conseguenze incalcolabili per il mondo”
In un’intervista al Corriere della Sera, Tajani ha spiegato in maniera più approfondita le possibili conseguenze che una eventuale escalation in Medio Oriente avrebbe per il mondo. Conseguenze che “andrebbero a sommarsi a un quadro già difficilissimo in altre aree del mondo, a partire dal conflitto in Ucraina”.
La situazione richiama paradossalmente la necessità di riportare il processo di pace al centro dell’attenzione internazionale. Siamo pronti a lavorare per favorire il raffreddamento delle tensioni, come già ottenuto a inizio anno con le intese di Aqaba e Sharm el-Sheikh, e la successiva ripresa di una prospettiva politica.
Il titolare della Farnesina annuncia di aver parlato personalmente “sia con il ministro degli Esteri israeliano Cohen che con il mio omologo egiziano Shukri e il ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi”. Mercoledì Tajani sarà in visita ufficiale in Egitto ed incontrerà il presidente Al-Sisi.
Contiamo molto sull’Arabia Saudita, sulla Giordania e sull’Egitto, quest’ultimo ha canali di comunicazione efficaci con Hamas, affinché possano compiere un’opera di mediazione.