Ha da poco cambiato cognome in Cotoia, Alex Pompa, il 22enne finito a processo per aver ucciso il padre violento nel tentativo di salvare la madre e il fratello a Collegno (Torino). Domani, 10 ottobre, sul suo caso si esprimerà la Consulta, chiamata a decidere sulla giusta pena da infliggergli: in Appello, infatti, il giovane è stato riconosciuto colpevole. Ecco la sua storia.

La storia di Alex (Cotoia) Pompa, che a Torino uccise il padre per salvare la madre

Era il 30 aprile del 2020. Esasperato dai comportamenti violenti del padre, Alex Pompa, 20 anni, afferrò con furia un coltello, colpendo l’uomo, 52 anni, per ben 34 volte, fino a togliergli la vita. Prima aveva tentato di calmarlo, frapponendosi tra lui e la madre, vittima dell’ennesima aggressione. Agli inquirenti avrebbe subito detto la verità, ammettendo di aver ucciso il padre per “istinto di soppravvivenza” e per tentare di salvare la mamma.

Tutto era iniziato anni prima: fin da piccolo Alex avrebbe assistito, insieme al fratello, alle ripetute aggressioni della madre da parte del padre Giuseppe. L’uomo, che si arrabbiava per un nonnulla, riversando la sua ira sui familiari, quel pomeriggio si era recato nel supermercato in cui lavorava la moglie Maria per spiarla. Non era la prima volta che lo faceva: nel tempo si era fatto sempre più sospettoso e ossessivo. Vide un collega della donna metterle una mano sulla spalla e lei ricambiarlo con un sorriso.

Un gesto banale, bastato a farlo scoppiare. Tornato a casa, stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, avrebbe aspettato il rientro della moglie per aggredirla, prima verbalmente, urlando:

Vi ammazzo, venite sotto, vi faccio a pezzettini,

e poi anche fisicamente. A quel punto Alex sarebbe intervenuto. In aula avrebbe raccontato:

Ho visto mio padre andare verso la cucina. E l’ho anticipato, ho preso un coltello. Poi non ricordo più nulla.

Avrebbe inferto alla vittima una prima coltellata alla schiena, per poi cambiare sei volte coltello e continuare a colpirlo. Un gesto spontaneo, nato dalla paura che l’uomo potesse scagliarsi non solo contro la madre – come più volte aveva minacciato di fare -, ma anche contro lui e il fratello.

Era un uomo possessivo, geloso e violento. Ci odiava,

avrebbe spiegato.

Le indagini, le sentenze, la decisione della Consulta

Finito a processo, il giovane in primo grado venne assolto. Nelle motivazioni della sentenza i giudici della Corte d’Assise del Tribunale di Torino scrissero, infatti, che

quando è scattato per difendere sé stesso e i suoi cari, Alex Pompa ha compiuto la scelta tra vivere e morire.

Si ipotizzò che il padre Giuseppe non si sarebbe fermato: se Alex non avesse avuto il coraggio di intervenire, avrebbe potuto anche uccidere la moglie. Si parlò di una “strage” annunciata, sventata dal ragazzo. Ma il pm Alessandro Aghemo fece ricorso in secondo grado, sostenendo che il 22enne non agì con la legittima difesa e chiese di condannarlo a 14 anni di carcere.

La Corte d’Appello l’ha riconosciuto colpevole di omicidio volontario ma, indecisa sulla giusta pena da infleggergli, ha deciso di recente di investire la Consulta, che domani, 10 ottobre, dovrà pronunciarsi sul caso, stabilendo se sia possibile o meno superare la norma del Codice rosso, che vieta il bilanciamento tra l’aggravante di aver ucciso una persona a sé legata da rapporto affettivo (in questo caso il padre) e l’attenuante della provocazione, derivata dal fatto che il giovane sarebbe cresciuto in un clima di violenza. La pena finale potrebbe essere tra i 6 e i 9 anni.

Alex Pompa oggi: la vita dopo l’omicidio

Dopo il delitto Alex ha provato a ricostruirsi una vita: da poco ha portato a termine un Erasmus in Spagna e presto discuterà la tesi finale alla facoltà di Scienze della Comunicazione. La madre e il fratello l’hanno sempre sostenuto.

Non è un assassino, basta guardarlo negli occhi per capirlo. Se non fosse stato per lui io non sarei viva, non sarei qui. Forse è questo che non sono riuscita a far capire alla Corte,

aveva detto la donna. Dopo la sentenza di condanna, che inevitabilmente arriverà, è probabile che i suoi avvocati decidano di ricorrere in Cassazione.