23 anni d’età e una condanna a 24 per omicidio volontario aggravato: chi è Giovanni Limata, il ragazzo di cui si è tornati improvvisamente a parlare? Nel 2021 uccise insieme alla fidanzata Elena Gioia il padre di lei, Aldo. Ora in carcere avrebbe tentato il suicidio, ferendosi le braccia. Non è la prima volta che succede. Secondo gli psichiatri che lo visitarono avrebbe problemi di tipo neurologico.
Chi è Giovanni Limata? Nel 2021 partecipò all’omicidio di Aldo Gioia ad Avellino
Originario di Cervinara, Giovanni Limata è salito alla ribalta delle cronache per aver ucciso, insieme alla fidanzata Elena Gioia, il padre di lei. I fatti risalgono al 23 aprile del 2021. Aldo Gioia, 53 anni, fu trovato senza vita nell’abitazione in cui viveva insieme alla famiglia, in Corso Vittorio Emanuele, ad Avellino, con numerose ferite da arma bianca sul corpo. Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, sarebbe stato accoltellato per 13 volte, nel sonno.
Un omicidio efferato e premeditato nei minimi dettagli dai due assassini, che avrebbero voluto scagliarsi anche contro il resto della famiglia: la moglie di Aldo e sua figlia, la sorella di Elena. Che però erano state svegliate dalle urla dell’uomo, mettendo in fuga Limata. Insieme alla compagna il 23enne è stato rinviato a giudizio e processato. Lo scorso maggio la Corte d’Assise del Tribunale di Avellino li ha condannati entrambi a 24 anni per omicidio volontario aggravato.
Avrebbero agito per “vendicarsi”, visto che l’uomo, dall’inizio, aveva ostacolato la loro relazione sentimentale. Limata però aveva sempre avuto problemi: da adolescente, dopo aver abbandonato la scuola (era iscritto all’Istituto professionale del suo paese d’origine), si era fatto sempre più irrequieto, fino ad arrivare a minacciare il suicidio. Più volte gli psichiatri che lo hanno visitato dopo l’arresto hanno evidenziato la sua instabilità mentale, ipotizzando che sia affetto da disturbi di tipo neurologico anche gravi.
Perché si è tornati a parlare del 23enne
Ieri sera Limata sarebbe stato trasportato d’urgenza all’Ospedale Moscati di Avellino dopo aver tentato il suicidio, rifiutando il ricovero. Stando a quanto riportano fonti locali, avrebbe provato a tagliarsi le vene delle braccia. Non è la prima volta che succede. Dopo un tentativo di suicidio nel 2019 il giovane aveva già provato ad uccidersi una volta, in carcere: all’inizio del 2022 si ferì alla gola e ai polsi con il coperchio di una scatoletta di tonno, riuscendo a salvarsi grazie al tempestivo intervento da parte degli agenti della polizia penitenziaria.
Preoccupano, dopo l’ennesimo tentativo, le sue condizioni psichiche. Si torna così a parlare di lui e della sua storia. Una storia che a molti, all’epoca dei fatti, aveva ricordato quella di Mauro Favaro, detto “Omar”, il 17enne condannato insieme alla fidanzata Erika Di Nardo, 16 anni, per un caso di duplice omicidio consumatosi a Novi Ligure, in provincia di Alessandria, il 21 febbraio 2001. A morire furono la madre e il fratello di lei: Susanna Cassini, 42 anni, e Gianluca De Nardo, 11 anni.
Un caso che sconvolse l’opinione pubblica italiana per la sua efferatezza e ancora vivo nella mente di tanti. Condannato a 14 anni di carcere perché minorenne, Favaro da tempo è tornato in libertà, costruendosi una nuova vita. L’ex moglie lo ha denunciato per maltrattamenti e violenza sessuale. Ma per i giudici, in attesa del processo, può restare a piede libero: non sarebbe più socialmente pericoloso, perché da tempo, ormai, avrebbe cambiato vita.
Se ne parlava in questo articolo dello scorso giugno: Omar Favaro resta libero nonostante le nuove accuse, il Riesame di Torino: “Non può pagare in eterno per i fatti di Novi Ligure”.