Riforma fiscale 2024, il governo guidato da Giorgia Meloni è al lavoro per l’abolizione dell’acconto del 30 novembre, già a partire dal 2023, e per introdurre un nuovo sistema di rateizzazione delle imposte. Si tratterà, dunque, di importi verso il Fisco pagati a rate per i lavoratori autonomi e le partite Iva, rendendo mensili anche gli acconti, con pagamenti mese per mese.

Le misure sono contenute nella legge delega di riforma fiscale, approvata dal Parlamento nello scorso mese di agosto, e attese per l’adozione di decreti attuativi che dovranno definire nei dettagli le norme di efficienza fiscale, oltre che gli sconti spettanti a seconda del reddito prodotto. I dossier sulla riforma fiscale si trovano sul tavolo del ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, e del viceministro, Maurizio Leo.

Riforma fiscale 2024, forse si anticipa l’abolizione dell’acconto del 30 novembre già dal 2023 e la rateizzazione delle imposte

In arrivo novità importanti sul pagamento delle tasse e sulla riforma fiscale del 2024. Alcune misure, in particolare quelle relative ai lavoratori autonomi, ai liberi professionisti e alle partite Iva, potrebbero trovare attuazione in tempi rapidi, addirittura già entro la fine del 2024. Ciò in considerazione dell’avvicinarsi della scadenza del 30 novembre 2023, giorno fissato per il versamento degli acconti dei lavoratori con partita Iva.

In particolare, il governo sarebbe tentato di anticipare già al 2023 la misura che consente l’abolizione degli acconti e alla mensilizzazione degli stessi. Ad oggi, la novità potrebbe riguardare i soggetti Isa, ma non è escluso l’allargamento ad altri soggetti.

Riforma Fisco, acconto 30 novembre 2023: chi riguarda l’eliminazione e la possibile rateizzazione?

In particolare, l’acconto annuale del 30 novembre grava su varie categorie di lavoratori autonomi, dai commercianti agli artigiani, dai liberi professionisti agli altri lavoratori autonomi, ma potrebbe allargarsi anche ai lavoratori alle dipendenze e ai pensionati che abbiano altri redditi. La modifica, nel complesso, andrebbe a riguardare tutte queste categorie di lavoratori con un solo limite di reddito, ovvero quello di 500mila euro.

Ciò comporterebbe che più di tre milioni di lavoratori autonomi, con varie attività o studi professionali, potrebbero evitare di dover versare l’acconto entro il 30 novembre prossimo (e così per tutti gli anni prossimi), rateizzando il pagamento di quanto spettante nel semestre da gennaio a giugno (nello specifico del 2024, nel caso in cui la misura dovesse andare subito a regime).

Più liquidità per partite Iva, lavoratori autonomi e liberi professionisti

Tra i pro della misura, le partite Iva non dovrebbero più procurarsi prestiti bancari per pagare gli acconti all’Agenzia delle entrate. Sparirebbero, di conseguenza, anche gli interessi dovuti per il ritardo e le eventuali sanzioni.

Ma, allo stesso tempo, non si avrebbero più situazioni di credito nei confronti del Fisco. Conti alla mano, i lavoratori autonomi e le partite Iva avrebbero sicuramente l’opportunità di disporre di maggiore liquidità, evitando situazioni di scarsità finanziaria che si riflettono anche sulla stessa attività svolta.

Risparmio imposte redditi Irpef accorpamento aliquote e scaglioni

Nella legge di Bilanci del 2024 non dovrebbe entrare, invece, la parte di riforma fiscale relativa alla diminuzione delle aliquote Irpef e all’accorpamento degli scaglioni fino a 28mila euro di reddito. Questa misura sarà adottata mediante un altro provvedimento, probabilmente ad hoc, mediante il quale i primi due scaglioni di reddito fino a 28mila euro all’anno, dovrebbero essere accorpati alla percentuale unica del 23 per cento.

I redditi da 8mila a 28mila euro (escludendo, quindi, i redditi della no tax area), verrebbero assoggettati alla stessa percentuale del 23 per cento, con benefici, in particolare, per i redditi oltre i 15mila euro che avrebbero due punti di sconto nell’aliquota Irpef. Varie simulazioni spiegherebbero che i contribuenti risparmierebbero 40 euro ogni 2.000 euro in più di reddito, arrivando a 260 euro in corrispondenza di rediti di per 28mila euro e oltre.