L’episodio dell’aggressione avvenuto a Roma ai danni dell’immunologo Francesco Le Foche rappresenta un campanello d’allarme sulla situazione che riguarda i medici di base in Italia. La carenza di personale e il sovraccarico di richieste generano stress, malcontento, fino a sfociare in episodi di violenza fisica e verbale. Tag24 ha intervistato Pier Luigi Bartoletti, il vicesegretario Fimmg, la Federazione italiana medici di medicina generale, per capire come stanno davvero le cose.

L’aggressione all’immunologo Francesco Le Foche e la carenza dei medici di base a Roma

In alcuni quartieri di Roma come la Pisana, Ponte Galeria, Torre Angela sta diventando sempre più difficile per le persone rivolgersi al medico di base. I numeri negli ultimi anni sono in drastica diminuzione e il fenomeno non sembra migliorare. I disagi portati dal Covid e dalla pandemia, la condizione di reperibilità con l’arrivo di whatsapp o le altre applicazioni di messaggi istantanei contribuisce ad incentivare lo stress.

Tutto influisce nel creare realtà che a volte sfociano in fatti gravissimi, come l’aggressione avvenuta ai danni dell’immunologo Francesco Le Foche nel suo studio, proprio a Roma lo scorso 5 ottobre.

Per parlare dell’aggressione e fare luce sulla situazione in cui versano i medici di base negli ultimi anni, Tag24 ha intervistato Pier Luigi Bartoletti, il vicesegretario Fimmg, la Federazione italiana medici di medicina generale.

D: Qual è la situazione a Roma per i medici di base?

R: Adesso dovrebbero entrare in servizio nuovi medici, ne abbiamo bisogno. Il vero problema però va al di là delle zone. Posti come Ponte Galeria, Pisana e Torre Angela sono centri densamente popolati. Il disagio più grave si avverte maggiormente fuori da Roma, nei piccoli paesi della provincia, nei comuni più piccoli che sembrano abbandonati. Su Roma già sappiamo che l’incremento del numero dei nuovi medici purtroppo non sarà comunque sufficiente per arginare la situazione. Le carenze non verranno colmate, bisognerà promuovere un altro bando per mettere in servizio altro personale. Il fatto è che i pensionati sono tanti, quello è il problema principale.

D: Cosa pensa dell’aggressione all’immunologo Francesco Le Foche avvenuta qualche giorno fa a Roma?

R: L’aggressione al mio collega Le Foche è un fatto gravissimo. Colgo l’occasione per esprimere tutta la mia solidarietà. Rappresenta uno di quegli episodi che purtroppo siamo abituati a vedere ormai da troppo tempo. I medici ormai sono diventati un bersaglio. E’ come se i dottori fossero diventati i responsabili di tutto. La violenza è un fenomeno che accade spesso nei nostri studi, capita sia a colleghi più giovani che non, e non c’entra l’esperienza. Le colleghe donne di frequente – quasi tutti i giorni – ci segnalano episodi non violenti come questo per fortuna ma lo stesso abbastanza preoccupanti, soprattutto di violenza verbale. Aggressioni fisiche e non ormai sono diventati eventi comuni. Ciò accade perché da un lato c’è un problema di servizi, le persone sono arrabbiate. La rabbia in questo caso non è un sentimento ma la risposta ad un bisogno reale ed inespresso. La gente che si ritrova in queste condizioni generalmente non sa con chi prendersela e alla fine si sfoga con chi gli sta davanti. E chi sta lì davanti è il medico si solito, oppure le segretarie che sono in prima linea accanto a noi. Le persone negli ultimi tempi sembra come se si siano un po’ incattivite. Gestire tutto in queste condizioni ovviamente diventa più complicato.

L’impatto psicologico sui medici e la necessità di cambiare le normative

D: C’è quindi anche un impatto psicologico dovuto a questi episodi in chi sceglie di intraprendere la professione?

R: Io personalmente faccio questo mestiere da tanti anni e ormai situazioni del genere ho imparato a gestirle. Si impara con il tempo, non è facile. Per i giovani che si affacciano adesso al servizio è più complesso. Noi medici con più anni di lavoro alle spalle stiamo cercando di fare squadra con i nuovi arrivati per aiutarli e per riuscire a gestire al meglio gli episodi maggiormente problematici.

D: Ci sono troppi pazienti per troppi pochi medici quindi? Lo Stato non interviene, non vi aiuta?

R: Il problema, oltre al numero, è proprio l’organizzazione che deve essere incrementata e migliorata. Non di rado accade che le problematiche che si riscontrano nella realtà quotidiana non derivano dall’inattività dello stato o delle Regioni, ma da lacune nelle normative. Le leggi rispondono ancora a bisogni di tanti anni fa, che sono cambiati. A livello nazionale stiamo cercando di arrivare ad un contratto nuovo, con l’obiettivo di semplificare alcuni aspetti della burocrazia. Proprio questa di solito è una delle cause di maggior stress per noi medici ma anche per le persone, come per esempio il problema dei certificati. Molte conflittualità nascono da qui: vengono richiesti certificati a volte strampalati, e il medico non può di certo certificare situazioni che non esistono; altre volte capita che i pazienti faccino richiesta senza nemmeno farsi vedere. Queste sono in genere dinamiche che poi comportano l’insorgere di scontri. Questi certificati a volte sono richiesti dalle imprese o da enti pubblici che alla fine scaricano la responsabilità sui medici.