Alice Pignagnoli a Tag24 è stata interpellata riguardo il calcio femminile e il modo di concepirlo qui da noi in Italia.

E’ la giocatrice che ha ricoperto il ruolo di portiere tra i pali di squadre blasonate arrivando a vincere anche dei titoli nazionali quali scudetto e supercoppa italiana.

La sua storia inizia ad ottobre 2022 quando prima scopre e poi comunica alla sua società di appartenenza, la Lucchese che milita nel campionato di calcio della serie C, di essere incinta.

Invitata a lasciare nel giro di poco tempo la squadra ha dovuto anche combattere legalmente per farsi pagare dei compensi arretrati che le spettavano secondo il contratto stipulato al momento dell’ingaggio che ha avuto poi la sua fine il 30 giugno 2023.

Dopo aver ricevuto dei pagamenti fino al 31 gennaio dalla società che l’ha lasciata sola, il portiere attualmente senza squadra sta percependo dei soldi grazie al contributo maternità della FIGC.

Calcio femminile, Alice Pignagnoli a Tag24

La giocatrice che ha giocato in serie A con il Milan, nel Napoli, nel Genoa, ma anche nel Cesena, nell’Imolese e nel Riviera di Romagna nonché donna forte e coraggiosa che si batte per i diritti reali e morali di cui dovrebbero godere le ragazze nel mondo del calcio ha concesso a TAG24 gentilmente un’intervista alcune ore dopo essere stata all’evento Overtime di Macerata per presentare il suo libro “Volevo fare la calciatrice”.

La voglia di continuare a giocare

D: Hai trovato squadra, hai pensato di continuare a giocare?

R: “Sicuramente voglio continuare a giocare, io sono in maternità con la Federazione fino a dicembre e se in questo periodo una squadra dovesse farsi viva posso farmi tesserare ma andrei a perdere il contributo di maternità, lo posso fare solo se mi conviene a livello economico.

Voglio farmi trovare pronta per gennaio mi sto allenando duramente perché voglio farmi trovare pronta per fare un campionato importante. Oggi non sono arrivate offerte diciamo valutabili.

La Ternana per esempio era tra le squadre che aveva detto che avrebbe fatto un’offerta ma finita la questione mediatica ti dico sinceramente è sparita tant’è che quando il mio procuratore ha chiesto in estate se era ancora interessata ha risposto che non aveva più bisogno e questo mi ha fatto molto male “.

Il calcio pensato senza genere

D: “A livello culturale quando manca all’Italia arrivare a pensare che il calcio sia prima di tutto lo sport di tutti, che non abbia dunque un genere nel senso che non che non esista un calcio maschile e un calcio femminile ma che esista solo il calcio?

R: “Tantissimo purtroppo da quello che sento dire, che leggo nei post: cosa farebbero le giocatrici di questa squadra se giocassero contro una squadra maschile? Nessuno si è mai chiesto però perché la Pellegrini non faceva i tempi di un ragazzo, giustamente dico io, perché uomini e donne siamo diversi, abbiamo strumenti diversi ed ovvio che lo sport praticato al maschile e al femminile non va paragonato.

C’è una culturale che ci penalizza a noi, è come se noi ragazze avessimo pestato i piedi perché prima era solo di appartenenza agli uomini ed è come se volessero trovare un modo per mortificarci, come a dire state li al vostro posto perché il calcio è una cosa da uomini”.

Cultura sbagliata retrograda da sradicare il prima possibile

D: Perché una donna deve essere sempre costretta a scegliere tra lo sport e la vita privata? Prendiamo il tuo caso, perché una ragazza deve scegliere se diventare madre e non giocare o giocare senza cullare il sogno di diventare mai madre?

Io credo che è la cultura sbagliata retrograda del nostro paese che vede la donna inquadrata solo per certi lavori ovvero quelli di cura per esempio come quelli della sarta, dell’infermiera della maestra.

Tutti gli altri lavori compreso quello del calcio è come se non dovesse appartenerci. La stessa cultura porta a pensare che dal momento una diventa mamma da un lato non dovrebbe continuare a fare quello che faceva prima perché deve occuparsi della prole e dall’altro non è in grado più di fare la professionista. Prima sradichiamo questa mentalità e prima abbiamo un vantaggio come società.

Non a caso è dimostrato che nei paesi laddove c’è più uguaglianza tra i generi sono anche più avanti a livello economico come per esempio i paesi scandinavi”.

D: Secondo te da dove proviene questo retaggio culturale?

R: “In primis credo sia colpa anche di noi genitori perché la cultura si può cambiare solo educando, la cultura di un paese si può cambiare sicuramente con le leggi per esempio come l’arrivo del professionismo, l’ingresso del lavoratore sportivo anche se so che ci sono ancora tantissimi dubbi su questa nuova legge, come rappresentano un passaggio le leggi comunque danno un pò di forma, di concretezza.

Siamo comunque noi cittadini che abbiamo l’obbligo di educare le generazioni future. E’ tutto qui, se noi genitori oggi educassimo i nostri figli siano essi maschi siano essi femmine tra trent’anni avremmo una cultura diversa ed invece non è così”.

Il coraggio delle giocatrici spagnole

D: Quello che è accaduto in Spagna con le ragazze della nazionale iberica e non voglio soffermarmi tanto sugli episodi specifici quanto invece sulla presa di posizione in merito all’ammutinamento verso i vertici federali e al CT ovvero verso un modo di pensare potrebbe mai accadere qui da noi?

Secondo me no abbiamo dimostrato in questo mondiale di non essere compatte. Qui da noi c’è una cultura che ci ha sempre messo l’una contro le altre anziché di pensare a fare squadra come è accaduto con le ragazze spagnole. Squadra e fronte comune significa avere maggiore risultato”.