Il maresciallo jugoslavo Josip Broz Tito non sarà più riconosciuto come Cavaliere di gran croce dell’Ordine al Merito della Repubblica. Questo è, infatti, l’obiettivo della proposta di legge presentata dall’onorevole Walter Rizzetto, deputato di Fratelli d’Italia.
La volontà di revocare al maresciallo Tito l’onorificenza concessa dall’allora presidente della Repubblica Giuseppe Saragat intende superare quello che appare, a tutti gli effetti, come un vero e proprio paradosso.
Con l’assegnazione del titolo di Cavaliere di gran croce nel 1969, la Repubblica italiana ha infatti concesso al maresciallo Tito un riconoscimento che mal si concilia con quanto accaduto ai confini orientali del Paese durante e dopo la seconda guerra mondiale con i massacri delle foibe e l’esodo giuliano dalmata provocato dalle forze partigiane jugoslave.
L’incongruenza, peraltro, è ancor più intollerabile ora che l’Italia ricorda le vittime di quella tragedia il 10 febbraio di ogni anno con le celebrazioni del Giorno del ricordo.
Foibe, arriva in Parlamento una proposta di legge per revocare l’onorificenza di Cavaliere al maresciallo Tito
La proposta di legge – che arriverà in aula a novembre – mira a revocare l’onorificenza di Cavaliere di gran croce non solo al maresciallo jugoslavo Josip Broz Tito, responsabile dei massacri delle foibe, ma a chiunque si sia macchiato di «crimini crudeli e contro l’umanità».
Obiettivo principale della legge è superare quel cavillo che in Italia permette di revocare l’alto riconoscimento conferito dalla Presidenza Repubblica solo se l’interessato o l’interessata sono in vita.
Regime, questo, che non può essere applicato per Tito, morto oramai quarantatré anni fa. La pdl presentata dall’onorevole Walter Rizzetto vuole però a superare questa stortura una volta per tutte, come racconta lo stesso deputato in questa intervista esclusiva per TAG24.
Onorevole Rizzetto, ci spiega il perché della sua proposta di legge che mira a revocare il titolo di Cavaliere di Gran Croce al maresciallo Tito?
«Voglio innanzitutto fare due premesse. La prima è che finalmente si è riusciti a calendarizzare l’arrivo in aula di questa proposta di legge per novembre. La seconda è che si tratta di una proposta che, una volta votata, chiaramente non risolverà i problemi dell’economia o del lavoro di Paese.
Quello che sanerà, tuttavia, è una ferita esistente dal dopoguerra, quando nel confine orientale dell’Italia fu perpetrato un massacro nei confronti del popolo italiano. Quanto fatto dagli jugoslavi provocò l’esodo di oltre 350mila persone, ma soprattutto la morte di tanti innocenti che hanno pagato il solo fatto di essere italiani.
Credo che togliere uno dei più alti titoli onorifici esistenti oggi nel nostro Paese al maresciallo Josip Broz Tito sia qualcosa di dovuto. Mantenere questo riconoscimento significherebbe vivere in un paradosso e vanificare il Giorno del ricordo dedicato alle vittime delle foibe.
La mia proposta non è peraltro nuova: più volte la revoca dell’onorificenza è stata richiesta alla Presidenza della Repubblica anche da associazioni giuliano dalmate. L’esistenza del cavillo politico burocratico che impedisce la revoca se la persona è deceduta ha tuttavia sempre impedito di andare oltre.
Per questo motivo la mia proposta di legge dedica un articolo specifico a rimuovere questo ostacolo prevedendo la possibilità di cancellare il titolo se chi è stato insignito si è macchiato di gravi crimini contro l’umanità».
Rizzetto (FdI): “La mia proposta di legge restituisce giustizia alle vittime della violenza dei partigiani di Tito”
Dunque l’esistenza in vita del soggetto, come condizione per poter levare l’onorificenza, viene a cadere?
«Sì, la bypassiamo. Ma pensiamo a quello che è accaduto qualche mese fa. Dopo lo scoppio della guerra, la Presidenza della Repubblica ha giustamente tolto molti titoli onorifici precedentemente concessi a persone russe legate al presidente Putin. Queste persone sono ancora in vita, ma io credo non sia dirimente questo parametro. Specialmente se parliamo di una persona come Tito che ha ordinato il massacro di migliaia di italiani».
Ragionando in astratto, come evitare che in futuro che si inizi a revocare le onorificenze magari in base all’appartenenza di parte?
«Studiando in modo approfondito la storia. Ci sono dei crimini che sono più pesanti, più evidenti rispetto agli altri. Il massacri ordinato da Tito è troppo pesante per poter essere digerito. Ho fiducia nel fatto che chi prenderà queste decisioni farà scelte consapevoli. Nel caso specifico i crimini compiuti dai partigiani jugoslavi sono una verità storica.
Purtroppo qualche smemorato negazionista di quei fatti esiste ancora, ma voglio ricordare come tre Presidenti della Repubblica abbiano ricordato i massacri delle foibe. Lo stesso presidente Mattarella si è voluto incontrare in quei territori con il Presidente sloveno Pahor per continuare il processo – non scontato – di pacificazione».
Lei è del Friuli Venezia Giulia. Questa legge ha un indubbio significato per il Paese, ma cosa significa per la sua regione? La revoca del riconoscimento a Tito può sanare, almeno in parte, le dolorose ferite esistenti?
«Simbolicamente si. Se guardo alla mia storia personale, le posso dire che io ho dei parenti acquisiti che hanno dovuto abbandonare i loro territori poi ceduti ad altri. Revocare l’onorificenza a Tito è doveroso nei confronti delle persone che sono state torturate e sono morte nelle foibe, ma anche delle loro famiglie che da anni lottano per cancellare questo riconoscimento».