Narges Mohammadi è la vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2023, e la famiglia dell’attivista iraniana ha voluto celebrare il prestigioso riconoscimento attraverso un post sulla sua pagina Instagram.
Narges Mohammadi, la famiglia dedica il Nobel per la Pace 2023 al “popolo iraniano, che ha lottato per la libertà”
Il Premio Nobel per la Pace 2023 assegnato a Narges Mohammadi è un riconoscimento storico. Il Comitato norvegese per il Nobel ha attribuito il premio all’attivista iraniana “per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e la sua lotta per promuovere i diritti umani e la libertà per tutti“.
Il premio, che va ad aggiungersi a quello per la Letteratura assegnato a Jon Fosse e a quello per la Fisica a Pierre Agostini, Ferenc Krausz e Anne L’Huillier, ha suscitato la reazione entusiasta della famiglia di Mohammadi, che ha voluto celebrare la notizia sulla pagina Instagram ufficiale della donna.
Per i familiari dell’attivista, attualmente detenuta nelle carceri iraniane, il premio certifica la lotta portata avanti dalla donna in Iran e, proprio per questo, va condiviso con coloro che si sono battuti al suo fianco in tutti questi anni.
“È una testimonianza duratura dell’instancabile lavoro civico e pacifico di Narges Mohammadi nel portare il cambiamento e la libertà in Iran. Vogliamo anche estendere le nostre sincere congratulazioni a tutti gli iraniani, in particolare alle coraggiose donne e ragazze dell’Iran che hanno affascinato il mondo con il loro coraggio nel lottare per la libertà e l’uguaglianza”.
Tuttavia, è forte anche il rammarico per non poter condividere la gioia di questo “momento straordinario” con l’attivista, attualmente prigioniera nelle carceri iraniane.
“Non possiamo assistere alla sua gioiosa reazione a questa notevole e splendida notizia a causa della sua ingiusta detenzione”.
“Le diremo domani del premio”
In un altro post sul social network, la famiglia ha ringraziato nuovamente tutti coloro che hanno espresso la loro gioia per il premio. Una gioia di cui l’attivista non è consapevole, dal momento che la prigione in cui è rinchiusa non permette contatti con l’esterno nella giornata di oggi.
“Nella prigione di Evin è impossibile telefonare ai prigionieri politici del reparto femminile il venerdì e il giovedì, quindi dobbiamo aspettare fino a domani per sentire Narges e darle la buona notizia“.
Narges Mohammadi, l’intervista del 2021 in cui auspicava “un Me Too dentro l’Iran” e parlava dei figli che non vede dal 2015
L’auspicio della famiglia e di chi saluta con favore la vittoria di Narges Mohammadi del Nobel per la Pace è che il premio rappresenti un segnale sia per la difesa di quei diritti per i quali la donna si è sempre battuta, sia per i riflettori puntati sulla sua condizione di detenuta.
Mohammadi, infatti, è stata arrestata ben 13 volte dal regime iraniano, condannandola in cinque occasioni, per un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate.
Nel 2021, l’attivista sottolineava i motivi della sua lotta, denunciando la corruzione e le violenze del regime iraniano, e l’insofferenza crescente della popolazione, fiaccata da una crisi economica implacabile. Tutti motivi che, second Mohammadi, avrebbero portato a un incremento della tensione sociale e delle proteste.
“La gente in Iran tornerà a protestare. La crisi economica è molto dura, gli iraniani sono frustrati, non può continuare così. Se non fosse stato per la pandemia che ha chiuso le università (centri nevralgici del dissenso) e vietato i raduni, le proteste del novembre-dicembre 2019 sarebbero continuate”.
Mohammadi vedeva al centro del suo impegno la lotta per i diritti delle donne, sottoposte a privazioni e violenze di ogni tipo da parte delle istituzioni, un fenomeno simbolicamente rappresentato dagli stupri frequenti ai danni delle detenute nelle carceri del paese. Contro tutto questo, l’attivista arrivava a ipotizzare un “#metoo dentro l’Iran“, che parta dalla denuncia per arrivare a un cambiamento delle leggi.
“Dagli Anni ’80 sono numerose le donne stuprate o molestate dai propri carcerieri, ma la maggior parte di loro ne parla solo una volta uscite dall’Iran; il primo passo, però, è proprio condividere le proprie esperienze e renderle un tema nell’opinione pubblica, poi si deve denunciare e infine creare istituzioni civiche in grado di fare pressione sul governo, affinché cambi le leggi“.
Narges Mohammadi concludeva la sua intervista confessando la mancanza dei suoi due figli, Ali e Kiana, dai quali è separata dal 2015, per il divieto a lasciare il paese che le è stato imposto dalla autorità iraniane.
“Mi manca tutto della mia vita passata, soprattutto i miei due figli. Nonostante il prezzo che ho pagato, spero e credo che i nostri sforzi porteranno frutti, anche se non nell’immediato”.