Il mondo delle criptovalute è stato letteralmente traumatizzato nel corso degli ultimi anni dalla catena di fallimenti che lo ha colpito. Eventi non soltanto legati al cosiddetto crypto winter, ma anche a una serie di pratiche poco trasparenti o apertamente truffaldine di alcune realtà, a partire da Terra (LUNA) e FTX.
La crisi di reputazione che ne è conseguita si è tramutata in una contrazione delle operazioni di trading e ha spinto molti a interrogarsi sul modo migliore di recuperare almeno una parte di essa agli occhi dell’opinione pubblica. Tra le possibili risposte in tal senso, si è rapidamente fatta largo la Proof of Reserves (PoR). Di cosa si tratta precisamente?
Proof of Reserves: cos’è?
Per Proof of Reserves si intende in pratica un audit condotto da società specializzate e indipendenti, con le quali viene appurato se la realtà esaminata detiene interamente i fondi che sono stati depositati dalla clientela.
Il motivo di un’analisi di questo genere è da ricercare nel fatto che proprio l’infedeltà di exchange come FTX e l’utilizzo improprio dei fondi depositati, una caratteristica che del resto non è limitata agli scambi di criptovalute, è stata alla base di molti fallimenti. Crac dai quali i clienti escono solitamente con le ossa rotte e la perdita dei soldi presenti sul conto.
Naturalmente, gli exchange si sono sempre profusi in rassicurazioni sotto questo punto di vista. La realtà, però, è molto diversa. Non di rado, infatti, sono stati utilizzati i fondi dei depositi per fare trading o altre operazioni finanziarie tali da prospettare una situazione abnorme. In pratica, queste aziende prelevavano i soldi dai conti e li investivano, incassando l’eventuale guadagno. Le eventuali perdite, naturalmente, sarebbero andate a carico degli utenti.
Una pratica non solo rischiosa, ma anche scorretta dal punto di vista etico, di cui è stato accusato ad esempio Coinbase di fronte al Congresso degli Stati Uniti. Un modus operandi la cui pericolosità è emersa con grande chiarezza quando il settore delle criptovalute è andato in crisi. Un gran numero di aziende è infatti fallito, inghiottendo nel crac miliardi di dollari depositati sui conti.
La Proof of Reserves è realmente utile?
Per cercare di rassicurare i clienti ed evitare una fuga dalle criptovalute, gli exchange hanno iniziato a pensare al modo migliore di rimediare. Lo strumento individuato, in particolare da Binance, è stato appunto la Proof of Reserves. La domanda che si sono posti in molti, a fronte di questa decisione, è stata la seguente: la PoR è realmente attendibile?
Una prima risposta viene proprio dal fatto che a condurre l’audit sono società indipendenti. Si tratta di aziende che vantano a loro volta una reputazione che devono preservare. Sono quindi obbligate a non fare sconti a nessuno, per non perdere a loro volta credibilità ed essere praticamente espulse dal mercato.
La conclusione logica di quanto detto, non può che essere la seguente: quanto riscontrato dalle aziende chiamate a monitorare i bilanci è assolutamente veritiero. Su questo non dovrebbero esserci eccessivi dubbi.
Al tempo stesso, però, va aggiunto che questo assunto vale solo nel momento in cui viene condotto l’audit. Si tratta semplicemente di una fotografia. Se successivamente un exchange decide di impiegare i soldi dei clienti a suo personale vantaggio, sperando che l’operazione intrapresa vada a buon fine, nessuno lo saprà, almeno sino all’audit successivo.
A questo punto, la palla passa nuovamente all’exchange, il quale può cercare di aumentare il suo grado di trasparenza e rassicurare i clienti accorciando i tempi tra un monitoraggio e l’altro. Al contempo, restano però zone d’ombra di non poco conto. Un dato da tenere presente quando si decide di aprire un conto presso uno scambio di criptovalute e versare soldi da impiegare nel trading di Bitcoin o Altcoin.