Molto spesso, nelle cronache relative all’universo delle criptovalute, compare il termine “trilemma”. Una frequenza derivante proprio dalla grande importanza che esso riveste all’interno dell’innovazione finanziaria. Si tratta infatti di una sorta di pietra filosofale di cui molti sono da tempo alla ricerca, senza che però nessuno sia in grado, al momento, di esserne in possesso.

Riuscire a risolvere il problema rappresentato dal trilemma della blockchain sarebbe in effetti di grande importanza per l’intero settore. Andrebbe infatti a porre le basi per una ulteriore avanzata degli asset virtuali verso la sospirata adozione di massa. Andiamo quindi a cercare di capire meglio il concetto e, soprattutto, perché sia così importante.

Cos’è il trilemma della blockchain

Trilemma è un termine coniato da Vitalik Buterin, il co-fondatore di Ethereum. Sta ad indicare i tre aspetti che gli sviluppatori di una blockchain devono curare al massimo, per poter conseguire un risultato di rilievo. I tre aspetti in questione sono i seguenti:

  • decentralizzazione, intendendosi come tale la distribuzione del controllo di rete non ad una singola entità (ad esempio la banca centrale quando si tratta di una valuta tradizionale), bensì al maggior numero possibile di nodi della stessa;
  • sicurezza, ovvero la capacità dell’infrastruttura digitale di resistere ad eventuali attacchi (noti come attacchi 51%) tesi ad ottenerne il controllo per propri particolari fini;
  • scalabilità, in pratica la capacità di processare un numero elevato di operazioni senza dover sottostare a rallentamenti o malfunzionamenti.

Sino ad oggi, nessuno dei progetti esistenti è stato capace di conseguire la soluzione al problema rappresentato dal trilemma. L’unico gruppo di lavoro che sostiene di averlo fatto è quello di Algorand, criptovaluta ideata dall’italiano Silvio Micali, la cui tesi sembra però tutta da verificare.

Perché è così importante il trilemma della blockchain

Sin qui abbiamo visto cos’è il trilemma della blockchain e i fattori che lo compongono. La domanda che si pongono coloro che guardano con curiosità al mondo crypto è però la seguente: perché è così importante?

Il motivo è in fondo molto semplice: le criptovalute si propongono di competere con il denaro tradizionale e di scalzarlo, in modo da creare un sistema monetario e finanziario più democratico, in cui tutti possano avere la possibilità di gestire il proprio patrimonio in maniera efficiente e sicura. Attualmente, infatti, miliardi di persone in ogni angolo del globo sono esclusi da questa possibilità. Il Bitcoin e le sue sorelle si propongono in particolare di risolvere questo problema e di distruggere la rendita di posizione dei grandi gruppi finanziari.

Per farlo, occorre però che lo strumento in questione, la criptovaluta, sia in grado di conseguire elevati standard in termini di decentralizzazione e sicurezza, per non essere nuovamente manovrabile da pochi, e di scalabilità, per poter servire al meglio un sistema finanziario complesso.
Il Bitcoin, ovvero il progetto più importante in assoluto in questa visione, non è però nato con il preciso intento di risolvere il trilemma.

Resta da capire perché Satoshi Nakamoto, il suo ideatore, non abbia contemplato questo problema. BTC, infatti, riserva la sua attenzione soprattutto all’aspetto legato alla sicurezza della sua rete e all’impossibilità, o quasi, di prenderne il controllo. Per quanto riguarda la scalabilità si limita a livelli che possono essere considerati risibili, ove raffrontati a quelli di strumenti finanziari come le carte di credito. Può infatti raggiungere un massimo di 7 transazioni al secondo, contro le 1700 di Visa e Mastercard.

Ethereum, a sua volta, almeno sino al Merge, l’aggiornamento della blockchain che ha comportato l’adozione dell’algoritmo di consenso Proof-of-Stake al posto del Proof-of-Work su cui gira ancora BTC, era in grado di processare 30 transazioni al secondo. Nel piano di modifica messo in campo da Buterin, però, si prevede che una volta condotti alcuni processi necessari tale capacità arrivi a 100mila transazioni al secondo. Se il problema della scalabilità verrebbe ad essere evidentemente risolto, si tratta però di un evento futuro. Al momento, quindi, neanche Ethereum ha risolto il problema rappresentato dal trilemma.

Algorand afferma di aver risolto il trilemma : cosa c’è di vero?

Come abbiamo ricordato in precedenza, c’è il gruppo di lavoro riunito intorno ad Algorand pronto a sostenere di essere riuscito a far quadrare il cerchio, per quanto concerne il trilemma della blockchain. Una affermazione che è però presa con il beneficio dell’inventario dagli esperti, per ovvie ragioni.

A favorire il risultato sarebbe in particolare l’adozione del protocollo di consenso PPoS, acronimo di Pure Proof-of-Stake , il quale provvede a scegliere in maniera democratica, ovvero casualmente, i validatori delle transazioni tra tutti coloro che detengono il token ALGO. Se nel caso di Ethereum e delle altre catene fondate sul Proof-of-Stake “normale” ci sono delle quantità minime di token da mettere in deposito, per Algorand questa necessità non sussiste: basta infatti un ALGO per partecipare all’estrazione casuale per i validatori.

Per quanto riguarda più strettamente il trilemma. Algorand riesce effettivamente ad assicurare ottimo rendimento in tema di scalabilità. È in grado di processare sino a 6mila transazioni al secondo, un dato in effetti molto rilevante, tale da superare largamente anche quelli collegati alle carte di credito. Potrebbe quindi rivelarsi un sistema di pagamenti molto concorrenziale, anche alla luce del fatto che non esistono le fee sul gas, con commissioni pari a 0,001 ALGO.

Resta invece da verificare il discorso relativo alla sicurezza, anche se non si hanno notizie di attacchi tesi ad impadronirsi della sua blockchain, e alla decentralizzazione. Sotto questo secondo punto di vista va rilevato come si tratti di un protocollo open source, quindi aperto a qualsiasi contributo. Un aspetto che sembra confermare quanto affermato dai sostenitori di Algorand.