Il video del pullman che a Mestre cade dal cavalcavia difficilmente potrà essere dimenticato. L’incidente, avvenuto martedì 3 ottobre 2023 che ha causato la morte di 21 passeggeri (15 sono i feriti) ha portato di nuovo l’opinione pubblica a interrogarsi e a sollevare dubbi sulle condizioni delle infrastrutture stradali in Italia. Com’era accaduto quando nel 2018, il 15 agosto, crollò il Ponte Morandi a Genova. Il tema è stato dibattuto nella trasmissione di Radio Cusano Campus “AAA – Cercasi stabilità“, condotta da Livia Ventimiglia e Simone Lijoi: ospite della puntata di oggi, giovedì 5 ottobre 2023, Paolo Leoni, ingegnere esperto internazionale tecnica, economia, politica dei trasporti e docente alla Sapienza di Roma.

Dinamica incidente Mestre, l’ingegnere Leoni: “L’autista ha cercato di far rallentare il mezzo appoggiandosi al guardrail, il peso delle batterie ha spinto l’autobus di sotto”

In queste ore le indagini sono volte a far luce sulla dinamica dell’incidente, mentre 5 dei 15 feriti si trovano in ospedale lottando fra la vita e la morte. L’ingegnere non entra nel merito delle indagini, ma offre un parere informato su cosa abbia potuto causare la tragedia.

“Contrariamente a quello che sento, ritengo che l’autista si sia trovato in condizioni di lucidità. Quanto accaduto è probabilmente dovuto all’uso dell’autobus elettrico. Nell’impianto frenante di questi autobus la parte debole è la manutenzione dei freni: a differenza dei motori a combustione interna, che quando si solleva il piede dall’acceleratore subiscono un rallentamento automatico del veicolo, nei motori elettrici questo non avviene. C’è allora una sollecitazione delle pasticche ai freni più rilevante. Per il peso delle batterie che sono sul tetto, la sollecitazione dei freni è molto elevata”.

La sollecitazione dei freni a causa del traffico potrebbe essere quindi un fattore dell’incidente. Anche il peso dell’autobus è importante a tal proposito:

“La marcia di questo autobus veniva da un tratto di strada caratterizzato da carreggiate ridotte, quindi l’attenzione dell’autista doveva essere elevata. Se l’autista si è accorto dello scricchiolamento delle pasticche, ha tentato di appoggiare il mezzo al guardrail, trovando poi l’interruzione. Trovando questa in corrispondenza di un giunto di dilatazione della pavimentazione e tenendo lo sterzo in modo tale da aderire al guardrail, in qualche modo si è infilato in questo buco: a questo punto, avendo le batterie sopra e pesando molto, è chiaro che c’è stato il ribaltamento del mezzo”.

Non ci sono segni di frenata sull’asfalto e le cause dell’incidente, come detto, sono ancora avvolte nel mistero. Dopo essere caduto dal cavalcavia Vempa poco prima delle 20, l’autobus coinvolto nell’incidente è atterrato sul proprio tetto. L’area dell’incidente, compreso il punto in cui il guardrail è stato sfondato dall’impatto con l’autobus, è stata posta sotto sequestro.

Proprio lo stato del guardrail, visibilmente arrugginito e con un buco di circa due metri che lo divide a metà, è al centro delle polemiche: la carreggiata era protetta da una rete di metallo alta meno di quanto prescritto. Renato Boraso, assessore alla viabilità del Comune di Venezia, aveva affermato dopo la tragedia che quei guardrail sarebbero stati tolti dopo alcuni lavori di ammodernamento programmati per l’inizio del 2024.

Rispetto a chi pensa che un guardrail continuo sarebbe stato utile ad evitare la tragedia, l’ingegnere Leoni risponde:

“Negli ultimi documenti per la Programmazione, la cifra dedicata alla manutenzione è stata recentemente aumentata, perché fino al 2020 la quota destinata alla manutenzione era infima rispetto a quella destinata alle nuove costruzioni. L’Anas ha fatto controlli su tutte le strutture, più dal punto di vista delle pile e delle solette, che non dal punto di vista dell’arredo e delle carreggiate, degli strumenti di protezione. Quella dei guardrail è molto trascurata fino ad oggi, soprattutto per la competenza. Molte di queste strade che abbiamo in Italia sono o delle Regioni o dei Comuni, perciò c’è molta confusione su chi deve fare cosa”.

Diversamente da chi, come il Ministro Matteo Salvini, ha subito addebitato alle batterie la causa dell’incidente, il professor Leoni ha indicato che eventuali mancanze nella manutenzione stradale non sono di semplice risoluzione:

“Ci sono certamente delle mancanze dal punto di vista normativo: non ci sono delle norme prescrittive, ci sono solo delle indicazioni“.

L’ingegner Leoni a Radio Cusano: “Bisogna capire com’è stata fatta la manutenzione sull’autobus”

Il sindaco Luigi Brugnaro ha emanato un’ordinanza con la quale il Comune di Venezia osserverà tre giorni di lutto cittadino. C’è commozione sia nella città veneta che nelle città dove vivevano o lavoravano le vittime, con i parenti che chiedono di sapere come effettivamente siano andate le cose. Ventimiglia e Lijoi hanno chiesto al professor Leoni una sua ipotesi sulla dinamica dell’incidente:

“Io sono convinto che questo autista abbia cercato di far rallentare il mezzo, accortosi da qualche cigolio che aveva problemi di frenatura. Superati i lavori, ha cercato di far rallentare il mezzo appoggiandosi al guardrail ed essendo in una circolazione molto intensa non sapeva dove fermarsi. Ha cercato di rallentare la velocità senza causare incidenti con altri veicoli: non sapeva come togliersi di mezzo”.

L’autobus non procedeva a velocità sostenuta e, da alcuni filmati, sembra “appoggiarsi” al guardrail per diversi metri prima di precipitare giù. La conclusione dell’ingegner Leoni è chiara:

“Siccome l’autobus era in funzione da un anno, le pasticche non durano così tanto: bisogna vedere com’era stata fatta la manutenzione del mezzo“.

La procura di Venezia ha iniziato le indagini con l’ipotesi di omicidio stradale plurimo, senza che ad oggi ci siano iscritti sul registro degli indagati. L’analisi della scatola nera dell’autobus e dei filmati disponibili potranno fornire elementi utili a chiarire la dinamica dell’incidente.