I ricercatori dell’Università Monash, sita in Australia, hanno identificato un rischio notevolmente più elevato di mortalità tra le persone colpite da inondazioni.

Alluvioni e tasso di mortalità

Questo rischio persiste per un periodo critico che si estende dalle tre alle sei settimane successive all’evento e si protrae anche dopo che le acque dell’alluvione si sono ritirate. La ricerca, pubblicata sul BMJ, ha rilevato che tale rischio rimane significativamente elevato fino a 60 giorni dopo l’inondazione. In particolare, si è osservato un aumento del 2,1% nella mortalità complessiva, del 2,6% nella mortalità cardiovascolare e del 4,9% nella mortalità respiratoria 50 giorni dopo l’inizio dell’alluvione.

Dopo che New York ha dichiarato lo stato di emergenza a causa di un’improvvisa alluvione, cresce la preoccupazione che tali eventi possano diventare sempre più comuni in tutto il mondo. Le inondazioni costituiscono ormai quasi la metà, ossia il 43%, di tutti i disastri naturali, e ci si aspetta che aumentino in termini di gravità, durata e frequenza a causa dei cambiamenti climatici. Attualmente, il 23% della popolazione è direttamente esposta a inondazioni con una profondità superiore a 0,15 metri ogni decennio.

I dati dello studio

Lo studio, condotto da Shanshan Li e Yuming Guo dell’Università Monash, in collaborazione con la London School of Hygiene and Tropical Medicine, fornisce la prima cronologia degli impatti delle inondazioni sulla salute umana. Queste scoperte sono preziose per le autorità sanitarie locali e i responsabili politici, in quanto forniscono indicazioni su quando monitorare attentamente le comunità colpite dalle inondazioni. I ricercatori hanno esaminato 761 comunità in 34 paesi che avevano subito almeno un’alluvione tra il 2000 e il 2019, analizzando un totale di 47,6 milioni di decessi per tutte le cause, tra cui 11,1 milioni di decessi cardiovascolari e 4,9 milioni di decessi respiratori nel periodo di studio.

Secondo Guo, queste associazioni tra alluvioni e mortalità sono influenzate dal tipo di clima locale e risultano più accentuate nelle popolazioni con uno status socioeconomico basso o con una percentuale elevata di anziani. Queste scoperte sottolineano l’importanza di considerare gli impatti delle inondazioni nella formulazione delle politiche di risposta a tali eventi.

Li ha aggiunto che il picco di rischio di mortalità per tutte le cause, cardiovascolare e respiratoria si verifica circa 25 giorni dopo l’esposizione alle inondazioni e persiste fino a 60 giorni. Dopo un’alluvione, le morti naturali possono essere causate da:

  • contaminazioni alimentari e idriche,
  • dall’esposizione a patogeni come funghi, batteri e virus,
  • dall’accesso limitato ai servizi sanitari e dal deterioramento psicologico.

Pertanto, gli operatori sanitari devono essere consapevoli dei crescenti rischi per la salute nelle comunità vulnerabili, specialmente in caso di inondazioni prolungate, poiché gli effetti sulla salute possono accumularsi.

Guo ha sottolineato la necessità per gli operatori sanitari di incorporare queste conoscenze nella loro pratica al fine di prepararsi ad affrontare un aumento della domanda di servizi sanitari e ridurre le morti evitabili causate da cause naturali. Inoltre, ha suggerito che le istituzioni sanitarie pubbliche dovrebbero monitorare le variazioni del tasso di mortalità nei 25 giorni successivi alle inondazioni per sviluppare interventi adeguati. I politici, infine, dovrebbero accordare priorità alla preparazione per i disastri, adottando sistemi di allarme e rilevazione precoce e sviluppando protocolli di risposta efficienti per mitigare il numero di decessi associati alle inondazioni, tenendo conto del previsto aumento globale di questi eventi a causa dei cambiamenti climatici.


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