La Sanità Italiana ha una spesa in cure e medicinali pari al 9% del PIL. È necessario avere una preparazione manageriale, anche tra i medici. Ne parliamo nella nostra rubrica “Non solo trentatré”, curata dai Prof. Claudio Loffreda Mancinelli ed Enrico Ferri, con tre esperti:
Prof. Laura Franceschetti: Direttrice Master in ‘Management e Innovazione nelle Aziende Sanitarie” Università La Sapienza, Roma
Prof. Giorgio Banchieri: Docente DISSE, Università La Sapienza; Docente Business School, LUISS, Roma. Segretario Nazionale ASIQUAS: Associazione Italiana per la Qualità della Assistenza Sanitaria e Sociale
Prof. Laura Synnott: Docente of Health Care Policy and Management at the Heinz College, Carnegie Mellon University, Pittsburgh.
Management e innovazione nelle aziende sanitarie
Professor Banchieri, qual’e’ la spesa della Sanità in Italia?
I dati dell’Istituto Superiore di Sanità e la documentazione, riportata sul sito web della Camera dei deputati, ci danno un quadro preciso e chiaro dell’ammontare delle spese sanitarie in Italia.
La legge di Bilancio 2022 (L.n. 234/2021) riporta una spesa di 124.061 milioni di euro per il 2022, 126.061 milioni per il 2023 e 128.061 per l’anno 2024.
Nel 2021 la spesa sanitaria equivale al 7,3% del Prodotto Interno Lordo (PIL), contro il 7,5% del 2020. Questi dati sono riportati nella Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NADEF), approvata dal Consiglio dei Ministri il 29 settembre. Considerando poi il totale per cure e medicinali si arriva a valori vicini al 9% del Pil, quindi poco sopra la media OCSE.
Riportiamo questi dati per comprendere meglio l’impatto che essi hanno sull’economia centrale.
Ritiene quindi importante la figura del medico-manager?
Certamente. In effetti, più che di Sanità, spesso e più propriamente si parla di Azienda Sanitaria, visti non solo i costi, ma anche il numero di lavoratori nel Sistema, con un personale dipendente di 617.466 persone, a cui va aggiunto il personale con contratti non da dipendente, il personale universitario e quello delle strutture equiparate alle pubbliche, che chiaramente non sono stipendiate dal SSN. Considerando tutta la filiera produttiva arriviamo a circa 1.000.000 di addetti.
Ma il concetto di azienda, industria, implica anche la diretta presenza non solo di lavoratori, ma anche di managers, di un consiglio di amministrazione, di standards di qualità per i servizi erogati, riproducibili a qualsiasi livello.
Professoressa Synnott dove e come vengono formati questi esperti? Qual’ è il loro impatto sul Sistema?
Gli Stati Uniti sono il paese dove la spesa sanitaria complessiva è più alta, con una crescita del 2,7% nel 2021, pari a $ 4,3 trilioni o $ 12.914 a persona. La spesa sanitaria USA si aggira tra il 18,3-20 % del PIL.
Negli USA uno dei programmi di formazione è il Master of Medical Management (MMM), offerto dalla Carnegie Mellon University di Pittsburgh. Esclusivamente per i medici, combina le conoscenze di finanza e amministrazione a conoscenze specifiche del settore della gestione dell’assistenza sanitaria. Negli Stati Uniti esiste un Sistema Sanitario essenzialmente privato, e la professione medica è generalmente esercitata in maniera autonoma. Le conoscenze apprese attraverso questi master manageriali diventano fondamentali nella gestione finanziaria e professionale.
Professoressa Franceschetti, qual’è la situazione in Italia?
Le tipologie di Masters in campo sanitario possono essere divise in tre categorie: Masters Clinici, espressione di Facoltà di Medicina, quindi focalizzano il proprio curriculum sull’aspetto della “Governance” dei percorsi di ottimizzazione dei processi di cura; vi sono poi Master di Management, che si occupano maggiormente dell’aspetto aziendale, di processi di gestione, di ottimizzazione dei processi di natura economico finanziaria; vi sono infine dei Masters ibridi che integrano gli insegnamenti Manageriali in un contesto clinico, con particolare attenzione anche verso processi interni di ottimalizzazione dei progetti clinici, public relations, interazione, problematiche sociali e conoscenze legali nel campo della Sanità.
Il fine è di fornire competenze distinte ma correlate: leadership, strategia e gestione delle informazioni, corsi in sistemi informativi, politica, economia, IT, sicurezza informatica, ricerca operativa.
Questi programmi rappresentano la soluzione ideale e necessaria per i medici che desiderano passare a ruoli esecutivi e di leadership. I Masters sono abilitanti e fondamentali per ruoli di direzione e coordinamento di unità operative complesse, reparti, dipartimenti, distretti sanitari.
Professor Banchieri, ritiene che questi aspetti amministrativi, manageriali, di leadership dovrebbero essere parte della formazione del medico moderno?
Spesso il medico arriva tardi a frequentare questi masters. Sarebbe auspicabile, vista l’evoluzione e le implicazioni economico/sociali/qualitative della Sanità, che molti dei contenuti ed insegnamenti dei masters fossero parte integrante del curriculum formativo dei medici ed operatori sanitari. In alcuni casi questo già avviene, come in alcuni programmi di Scienze Infermieristiche, che nel proprio programma includono insegnamenti di Management.
Purtroppo, gli studi di Medicina sono ancora molto tradizionali, questi insegnamenti mancano, come completamente assenti sono corsi di organizzazione, di programmazione sanitaria, di lavoro in team, di gestione dei processi interni. Attualmente si creano professionisti validi sotto il profilo clinico, ma con scarsa preparazione e abilità nelle relazioni interprofessionali e con vaghe conoscenze sull’importanza della programmazione ed implicazioni socio/economiche, o delle metodologie di miglioramento della qualità.
Gli investimenti e gli sprechi nella sanità italiana
Prof. Banchieri, la Professoressa Synnott faceva riferimento alla natura “privata” della Sanità Americana e all’uso diretto che il medico fa degli insegnamenti appresi nel Corso di un master. In Italia?
La Sanità in Italia è divisa in due blocchi: pubblico e privato. Il blocco privato si è sviluppato moltissimo in questi anni soprattutto dopo l’applicazione del Job Act, che, interessandosi del Welfare aziendale, direttamente va a coinvolgere anche il Sistema Sanitario, vista l’importanza “integrativa” di quest’ultimo nel Welfare aziendale. Anche la defiscalizzazione delle polizze assicurative mutualistiche, adottata dai vari governi negli ultimi 10 anni, spinge il Sistema verso un processo di privatizzazione della Sanità Pubblica Italiana. Inoltre, le regioni sono state investite della totalità del controllo e gestione della Sanità, che comporta un notevole peso della politica nella gestione della Sanità, con potenziali problemi immaginabili.
Fondamentale ed auspicabile che i bandi di gare pubbliche per l’affidamento di ruoli di direzione siano trasparenti e premino i candidati maggiormente qualificati e di alto profilo.
Professor Banchieri, a suo parere i problemi della Sanità possono migliorare con un investimento economico sempre maggiore?
Non si tratta di aumentare solo il volume della spesa, ma soprattutto la sua qualità.
In Italia, ma credo anche negli USA, ci sono aree di sprechi, inappropriatezza prescrittiva e clinica e non sufficiente valutazione degli investimenti da realizzare con metodiche tipo HTA (Health technology assessment: processo multidisciplinare per valutare le questioni sociali, economiche, organizzative ed etiche).
In Italia si stimano circa un 30% sprechi, ovvero 25 mld di Euro, di cui 2,97 mld per inadeguato coordinamento dell’assistenza, 7,42 mld per sovra utilizzo, 4,95 mld per frodi e abusi, 3,21 mld per acquisti e costi eccessivi, 3,46 mld per sottoutilizzo, 2,72 mld per complessità amministrative. Su ognuna di questa criticità c’è ampio spazio di recupero. Anche a livello di recupero della appropriatezza delle cure sono state censite 2.400 procedure assistenziali non evidence-based, comprovate, giustificabili.
Il cantiere è aperto.
Se sei interessato al tema, è attivo presso Unicusano il Master in Management sanitario