Don Giusto Della Valle, parroco della chiesa nel quartiere di Rebbio di Como ha, in tema di diritti e di aiuto agli ultimi, idee ben chiare che però non convincono tutti. A dimostrarlo il caso sollevatosi a seguito dell’ultima riflessione diffusa dallo stesso sulle pagine del «Focolare», il periodico della comunità pastorale di Rebbio e Camerlata.

Al centro dell’intervento del Don, infatti, c’è il diritto all’abitare da conquistare se necessario con l’occupazione degli immobili popolari sfitti del Comune. Secondo don Giusto, infatti, la gestione delle case popolari di Como è talmente insoddisfacente da richiedere azioni forti che «restituiscano al popolo un bene di cui è stato privato». L’idee del prete, come è evidente, stanno facendo discutere.

Como, Don Giusto: “Abbiamo tre livelli di azione per garantire il diritto all’abitare. Occupare è l’estrema ratio, ma non è da escludere”

Cerchiamo di andare a fondo, però, all’idea di don Giusto di occupare le case popolari sfitte presenti a Como. Secondo il parroco a Como il principale problema è che «gli emarginati, soprattutto se di pelle nera» non riescono a trovare casa, neanche se in possesso di un contratto a tempo indeterminato.

Come lui stesso scrive, dunque, questa situazione necessita una risposta, uno «sforzo comune». In particolare, la mancata distribuzione degli spazi comunali disponibili – ma non distribuibili perché non a norma – impone per il parroco di Rebbio tre livelli di azione.

Il primo riguarda i sindacati, chiamati a lottare e a non adeguarsi al sistema capitalistico. Il secondo riguarda gli amministratori di Como, invitati ad affidare gli appartamenti non a norma non all’Aler (Azienda Lombarda Edilizia Residenziale) ma alle associazioni locali o alla parrocchia stessa, così da consentirne la rapida ristrutturazione.

Il terzo livello, in mancanza dei precedenti, è invece quello più drastico: Don Giusto si propone infatti di aiutare le famiglie trovatesi in mezzo a una strada ad occupare gli appartamenti comunali vuoti, promettendo di farsi carico in prima persona del loro ingresso.

Per comprendere meglio, la redazione di TAG24 ha allora raggiunto don Giusto Della Valle che ha chiarito in questa intervista esclusiva i suoi obiettivi e le sue ragioni.

Don Giusto, lei invita chiaramente a occupare le case e i sindacati a lottare contro il sistema capitalistico. Perché questi appelli e come sono accolti dalla sua comunità?

«La mia parrocchia è in un quartiere popolare di 10.000 abitanti, con un buon 30% di persone che vengono da ogni parte del mondo. In chiesa lavoriamo a tutti i livelli: abbiamo la società sportiva, l’oratorio, i laboratori musicali. Qui ci sono diverse comunità di migranti e tra l’altro abbiamo un ottimo rapporto con i centri islamici del quartiere. Facciamo un discorso a 360°, tra cui anche quello del diritto della casa.

Io ho fatto una proposta estrema che però arriva dopo gli altri punti. Ho chiesto di mettere a norma e rendere fruibili gli appartamenti comunali. Se questo non avviene e gli immobili restano vuoti, allora c’è la strada dell’occupazione intesa come appropriazione e restituzione al popolo di un bene di cui è stato privato. Ma questa è l’estrema ratio, noi stiamo lavorando sugli altri passaggi».

Il parroco di Como, Don Giusto: “La verità è che assegnare le case popolari ai migranti non porta voti”

Il suo forte e drastico appello al diritto all’abitazione arriva da una delle città più ricche d’Italia. A Como c’è indifferenza rispetto al dislivello sociale?

«Il dislivello sociale è la questione su cui ho tentato di portare attenzione. Nonostante tante famiglie abbiano bisogno di una casa decente a Como ci sono tanti alloggi di edilizia popolare vuoti perché non sono a norma. Parlo di 250 unità. Il punto è come fare per far sì che il Comune si muova e metta a norma gli appartamenti che oggi sono affidati all’Aler».

Cosa non funziona del meccanismo per cui il Comune affida gli immobili all’Aler?

«Poniamo il caso di un anziano che muore e lascia la casa popolare. L’impianto elettrico o del gas, come spesso accade, non sono però a norma. Il Comune così non può riaffidare l’appartamento e lascia l’immobile chiuso per anni con la scusa che non ci sono i soldi per la ristrutturazione. Il punto è vedere che parametri adottano, ma ciò che conta è rispondere alle necessità dei cittadini.

Noi abbiamo offerto al Comune, insieme ad altre associazioni, la nostra disponibilità a farci carico delle ristrutturazioni. Però la macchina burocratica è lenta. I bandi sono in ritardo, di solito ci mettono mesi ad uscire, con il risultato che si impiegano anni a dare gli appartamenti. C’è una lentezza allucinante, che io spero sia solo burocratica, ma spesso ho il dubbio sia ideologica».

Lei dice che l’assegnazione delle case popolari non porta voti. Perché?

«Non porta voti perché le case popolari non vengano date alle famiglie abbienti, ma a quelle in difficoltà come quelle dei migranti. Riempire le case del comune con persone migranti porterebbe voti? Di sicuro no, ovunque è la stessa cosa»

Il parroco di Rebbio: “La politica italiana sui migranti è assolutamente perdente”

A proposito di migranti, oggi ricorrono 10 anni dalla strage di Lampedusa. Come vengono accolte queste persone in Italia, a suo giudizio?

«Dal mio punto di vista il modello italiano di accoglienza è assistenziale, ma non educativo e formativo. Si vuole far capire al popolo italiano che non si spendono energie nella formazione dei migranti. Questo è l‘esatto opposto di quello che cerchiamo di fare noi in parrocchia, dove non solo ospitiamo i migranti ma organizziamo corsi di italiano, li assistiamo nella ricerca del lavoro e della loro casa.

La politica migratoria italiana è una politica perdente, perché nessuno guarda all’Italia fra dieci anni. Tutti guardano ai risultati elettorali del momento. In Italia andare contro i migranti porta voti e allora si continua con queste politiche assistenziali, irrazionali, senza alcuna prospettiva».