La blockchain rappresenta un aspetto fondamentale per il mondo delle criptovalute. Si tratta infatti dell’infrastruttura digitale su cui avvengono tutte le operazioni relative ad un determinato ecosistema, a partire da quello di Bitcoin.
In questa guida andremo quindi a vedere non solo di cosa si tratti nella realtà, ma anche una serie di aspetti non meno importanti. A partire dalle tante ricadute che può avere nella nostra vita di tutti i giorni, che non riguardano soltanto il denaro virtuale, anzi.
Blockchain: cos’è e come funziona
Per blockchain, tradotto letteralmente nella nostra lingua “catena di blocchi”, si intende un registro online che viene condiviso all’interno di un gruppo di nodi, detti anche validatori, cui è riservato il compito di condividere un insieme di informazioni. i dati in questione sono a loro volta suddivisi nei blocchi, che collegati l’uno all’altro vanno appunto a formare la catena. A rendere possibile tale collegamento sono gli hash crittografici, algoritmi matematici in grado di trasformare ogni blocco di dati in una stringa di nuovi caratteri di dimensione fissa.
Il processo che abbiamo descritto, culmina in un registro caratterizzato da una caratteristica preziosissima: è infatti in grado di impedire che i dati contenuti al suo interno possano essere alterati oppure duplicati. Per riuscirci è necessario che tali operazioni siano suffragate dalla maggioranza assoluta all’interno del gruppo dei validatori.
Quando avviene un tentativo di controllare tale maggioranza assoluta nel settore crypto, si parla di attacco 51%, ritenuto un vero spauracchio per qualsiasi blockchain. Il motivo di questo timore deriva dal fatto che un raid di questo genere può culminare nella cosiddetta “double spending”, ovvero la spesa dello stesso token per due o più transazioni. Quando ciò avviene è un fiero colpo alla credibilità e alla reputazione di un progetto.
Blockchain: la nascita risale al 2009
Molto spesso, parlando di blockchain si tende a identificarne la nascita con il lancio di Bitcoin, avvenuto nel 2009. In realtà, questa tecnologia è stata lanciata nel 1982 da un dottorando dell’ateneo di Berkeley, David Chaum, in California. Fu proprio lui a scrivere, sotto forma di tesi di laurea, il documento fondamentale sulla materia, “Computer Systems Established, Maintened and Trusted by Mutually Suspicoius Groups”.
Se in origine la blockchain non era progettata per fungere da base per le criptovalute, già nel 1995 lo stesso Chaum fondò DigiCash, azienda che si fece notare per il lancio di una moneta virtuale in grado di esibire notevoli livelli di privacy. Un progetto il quale, però, non trovo la giusta attenzione da parte di quel mondo bancario cui si rivolgeva.
Quello che era stato un sogno per Chaum si sarebbe realizzato soltanto 14 anni più tardi. A renderlo possibile furono la nascita degli exchange e la nascita dell’infrastruttura digitale su cui far correre le transazioni peer-to-peer. Ma, soprattutto, la pubblicazione del White paper, “Bitcoin: A Peer-To-Peer Electronic Cash System. Per la blockchain era arrivato il momento del sospirato decollo.
Blockchain: non solo criptovalute
Come abbiamo ricordato, la blockchain è in questo momento all’attenzione generale per il fatto di fungere da binario preferenziale per le transazioni in denaro virtuale. Questa tecnologia, però, nel futuro promette di fare da base per una serie di casi d’uso, tali da renderla in definitiva molto più importante di Bitcoin e Altcoin.
A renderla tale potrebbe essere proprio la capacità di comporre un registro in cui i dati sono immutabili e non possono essere contraffatti. Una necessità, quella dell’immutabilità dei dati, che sta diventando impellente in un gran numero di settori, a partire da quello commerciale. Si pensi ad esempio al problema rappresentato dalla tracciabilità dei prodotti lungo tutti gli anelli della filiera produttiva. Non a caso Carrefour ha pensato di affidarsi alla catena di blocchi per seguire il percorso della carne dal luogo di partenza alla rivendita commerciale.
Così come stanno facendo molti marchi del Made in Italy, a partire da quelli della moda, colpiti al cuore dalla contraffazione dei propri prodotti. Un vero e proprio attacco alla genuinità del marchio che si traduce ogni anno in perdite per centinaia di milioni di euro.
Anche nel settore educativo, però, sono in molti ad adottarla. In particolare in Africa, ove molti Paesi si trovano in difficoltà di fronte alla falsificazione dei titoli di studio. Per avere sicurezza in tal senso, molte istituzioni universitarie hanno deciso di rivolgersi perciò alla blockchain, che ne rende impossibile la contraffazione.
Ma il settore in cui la blockchain promette sviluppi ancora più rimarchevoli è quello istituzionale. Come è noto, infatti, la falsificazione dei voti sta diventando un problema sempre più grave. Basterà ricordare quanto accaduto nel corso delle elezioni presidenziali statunitensi del 2000, quando il Paese rimase per giorni interi senza sapere chi avesse effettivamente vinto tra George Bush Jr. e Al Gore.
Se questo è stato l’episodio più clamoroso in tal senso, occorre comunque ricordare che secondo una ricerca pubblicata il 15 maggio 2019 sull’Australian Strategic Policy Institute (ASPI), avente come base i risultati di 97 elezioni nazionali in altrettanti Paesi, svoltesi tra il 8 novembre 2016 e il 30 aprile 2019, in almeno 20 di essi sarebbero da registrare interferenze straniere.
Per ovviare, nel 2017 l’associazione Follow My Vote ha depositato un brevetto, “Blockchain Electronic Voting System And Method”, inventato da Adam Ernest, Nathan Hourt e Daniel Larimer. Grazie al sistema escogitato, una serie di server consentirebbero la separazione del nome del votante dal suo voto, garantendo non solo l’integrità dello stesso, ma anche l’anonimato dell’elettore.