Il 23 novembre 1980, una potente scossa di terremoto con un grado di magnitudo pari a 6.9 coinvolse ampie zone della Campania, dall’Irpinia a Napoli, toccando anche Basilicata e Puglia, e provocando la morte di 2734 persone.
Magnitudo terremoto Irpinia 1980
Questo evento sismico, apparentemente breve con una durata di soli 90 secondi, sembrò un’eternità per coloro che vissero quella tragedia.
Le conseguenze furono devastanti: 2734 vite perse, 9000 feriti e circa 280.000 persone sfollate. Nonostante l’epicentro fosse situato tra Basilicata e Campania, l’impatto si fece sentire in tutto il paese, dalla Sicilia orientale alla Pianura Padana.
Il terremoto dell’Irpinia si caratterizzò per la sua magnitudo di 6.9 e un livello di 9 sulla scala Mercalli. Non fu un singolo evento sismico; entro quaranta secondi dalla prima scossa, se ne verificarono altre due, con magnitudo intorno al 6.4-6.6. È come se tre terremoti, tutti più forti di quello dell’Aquila, avessero colpito l’area in meno di un minuto.
La localizzazione dell’ipocentro avvenne a una profondità di circa 10 km, con l’epicentro tra le province di Salerno e Potenza. Comuni come Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Laviano, Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi e Santomenna subirono danni significativi. È risultato che dei 679 comuni che costituiscono le otto aree interessate globalmente dal sisma (Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Napoli, Potenza, Salerno e Foggia), 506 (il 74%) sono stati danneggiati. Dei 1.843.304 edifici censiti in Campania e Basilicata all’epoca, 77.342 furono distrutti, 275.263 gravemente danneggiati e 479.973 lievemente lesionati.
La localizzazione del terremoto fu complessa. All’epoca, la stazione sismica più vicina, situata all’Osservatorio Vesuviano a circa 77 km dall’epicentro, rese difficile il calcolo immediato dell’ipocentro e della magnitudo. La mancanza di sismometri collegati in tempo reale peggiorò la situazione, contribuendo alla confusione mediatica sull’ubicazione esatta del terremoto. Questa incertezza spinse all’implementazione di una moderna rete sismica capace di fornire dati in tempo reale.
La causa del terremoto
La causa del terremoto risiede nell’attivazione di faglie locali. Inizialmente, si pensò che fosse causato dallo scontro tra due placche tettoniche nell’Appennino. Tuttavia, i dati raccolti smentirono questa ipotesi, rivelando che il terremoto era di origine estensionale. L’Appennino, pur essendo il risultato dello scontro tettonico, può presentare localmente faglie con comportamento estensionale, responsabili dei grandi terremoti come quello dell’Irpinia nel 1980, dell’Aquila nel 2009 e di Amatrice nel 2016.
Nel periodo successivo al terremoto, l’intervento iniziale fu affidato a volontari e autorità locali poiché la Protezione Civile non era all’epoca strutturata come oggi. Successivamente, l’intervento dello Stato portò 22.000 militari sul luogo, aumentati a 27.000 nelle ventiquattro ore successive. Tende e vagoni ferroviari furono predisposti per ospitare i senzatetto, mentre le persone che poterono tornare a casa lo fecero dopo perizie strutturali adeguate. Nel corso del tempo, i senzatetto furono trasferiti in strutture più adatte come roulottes, scuole o edifici pubblici.
Nonostante gli sforzi di ricostruzione e gli stanziamenti di fondi, a vent’anni dal terremoto la ricostruzione non era ancora completa. Alcune migliaia di persone continuavano a vivere in alloggi provvisori, evidenziando l’arduo percorso di recupero da una tragedia così devastante.