Già si inizia a parlare del prossimo halving Bitcoin, che secondo la maggior parte delle previsioni effettuate sinora dovrebbe avere luogo entro la metà del prossimo anno.
Il motivo per cui se ne parla è abbastanza intuibile: il suo scoccare comporta una serie di cambiamenti di non poco conto, tali da andare infine a incidere in maniera molto rilevante sulla quotazione stessa della creazione di Satoshi Nakamoto. Oltre a poter rivelarsi decisivo per una ripresa dell’intero settore. Andiamo quindi a provare a vedere più da vicino di cosa si tratti e perché l’halving sia destinato a fornire il propellente ideale per la lievitazione del prezzo di BTC.
Halving Bitcoin: come funziona?
Come è noto a chiunque si sia già interessato del Bitcoin, l’icona crypto attribuita a Satoshi Nakamoto prevede un tetto massimo di esemplari disponibili, posto a quota 21 milioni. Per coniare questi esemplari la blockchain di BTC fa ricorso al cosiddetto mining, ovvero il processo teso all’estrazione delle criptovalute cui sovrintende l’algoritmo di consenso Proof-of-Work.
In pratica, ognuno dei partecipanti a questo processo è chiamato a risolvere problemi matematici estremamente complessi, che obbligano a ricorrere a dispositivi molto potenti, con conseguente dispendio di energia. Chi arriva prima degli altri ed estrae un blocco da aggiungere alla catena, viene premiato con una ricompensa.
Proprio l’entità di questa ricompensa è stata affrontata dal White Paper di Bitcoin. Se inizialmente il quantitativo di Bitcoin previsti in tal senso era di 50, con il primo halving del 2012 si è ridotto a 25. Il secondo processo di dimezzamento, risalente al 2016, ha quindi portato la ricompensa a 12,5, mentre il terzo ha ulteriormente ridotto il totale a 6,25. Ora si attende il quarto halving, per effetto del quale i BTC spettanti ai minatori per l’aggiunta di un blocco scenderà a 3,125.
Spesso il Bitcoin viene paragonato all’oro fisico. Anzi, ormai da un paio di anni, in particolare dall’avvento del Covid, che ha spinto i governi a massicce iniezioni di liquidità per sostenere l’economia, l’icona crypto è stata indicata espressamente come oro digitale.
Un parallelo non proprio azzardato, non solo dal punto di vista finanziario, se si pensa che anche le criptovalute devono essere estratte. Se l’oro fisico viene estratto dai giacimenti dislocati lungo la crosta terrestre, quello digitale necessita invece di un procedimento molto particolare, in cui ad essere estratti sono i blocchi da aggiungere alla blockchain.
Proprio l’estrazione in questione vede i minatori dare vita ad una competizione globale per arrivare prima e assicurarsi la ricompensa. La ricompensa, però, è affrontata in modo molto preciso dal protocollo su cui si basa l’intero sistema messo in atto da Satoshi Nakamoto. È infatti previsto che essa sia dimezzata ogni 210mila blocchi estratti.
Un dimezzamento il quale è destinato ad incidere non poco sul valore del Bitcoin. Il motivo è molto semplice: se in effetti non è dato sapere se vi siano altri giacimenti d’oro sul nostro pianeta, una volta che sarà stato estratto l’esemplare numero 21 milioni di BTC, il quantitativo non vedrà altre aggiunte.
Ogni quanto avviene un halving Bitcoin?
Solitamente si afferma che ogni quattro anni si verifica un halving. Si tratta però di una affermazione errata, almeno in parte. Il protocollo su cui si fonda BTC prevede infatti non solo che occorrano 210mila blocchi prima di un dimezzamento, ma anche che aumenti la cosiddetta difficulty del processo di estrazione, in modo da mantenere il tempo tra l’aggiunta di un blocco e l’altro intorno ai dieci minuti di tempo.
Le modifiche del grado di difficoltà, però, devono anche tenere conto di un ulteriore dato, ovvero l’hashrate. Per tale si intende la capacità di una rete di risolvere i complessi problemi matematici necessari per l’aggiunta di un blocco. Una capacità che varia in continuazione, influendo sul cosiddetto block time.
Il risultato è che tale tempo si situa sempre intorno ai dieci minuti, mancandolo però spesso di qualche secondo, in più o in meno. Per effetto di tutto ciò, diventa impossibile stabilire preventivamente in maniera esatta il momento in cui si verificherà il successivo dimezzamento delle ricompense, anche se l’evento può essere collocato in un orizzonte temporale che difficilmente sarà mancato.
Cosa è successo nel corso dei precedenti halving
Perché il dimezzamento delle ricompense spettanti ai miner influisce in maniera evidente sulla quotazione di Bitcoin? Il motivo di fondo è abbastanza semplice: se la ricompensa è minore i minatori che guadagnano di meno possono decidere di lasciare l’attività, ritenendola non più redditizia, magari provvedendo a vendere i propri dispositivi.
In tal modo viene ad essere ritoccato anche il quantitativo di emissioni in criptovalute, che diventano meno frequenti. In pratica il tasso inflazionistico di BTC viene a calare in maniera estremamente sensibile: se nel 2011, ovvero in vista del primo halving, ammontava annualmente al 50%, dopo l’evento è calato al 12%, sino a posizionarsi all’1,77% attuale. Come è noto, la scarsità di un bene si riflette sempre in una crescita del suo prezzo e per l’icona crypto il discorso non muta.
A dimostrarlo sono proprio i dati relativi al prezzo di BTC subito dopo gli halving precedenti. Nel corso dei mesi successivi al primo, nel 2012, la quotazione del Bitcoin è lievitata nell’ordine del 12mila%, mentre in quelli successivi all’ultimo, nel 2020, la crescita è stata nell’ordine del 300%. Con questi precedenti non stupisce che l’attenzione dell’opinione pubblica si appunti su un evento che potrebbe avere un grande impatto anche sulla finanza tradizionale.