Non ha confessato il 35enne arrestato nelle scorse ore per l’omicidio del vicino di casa a Giaveno, in provincia di Torino: affetto da problemi psichiatrici, l’uomo, finito in carcere, è piantonato h24 dai carabinieri e si troverebbe in uno stato delirante. Ecco chi è e perché gli inquirenti sospettano di lui per la morte di Emilio Mazzoleni, il pensionato trovato con il cranio fracassato all’interno della sua abitazione in Borgata Maddalena lo scorso 30 settembre.

Chi è Marco Gilioli, arrestato per l’omicidio del vicino di casa a Giaveno (Torino)

Marco Gilioli ha 35 anni e da tempo è affetto da diversi problemi di natura psichiatrica: dopo un primo Tso nel 2015, per tempo, secondo fonti locali, avrebbe vissuto per strada a Giaveno, in provincia di Torino, lavorando a una serie di scritti e saggi, di cui uno autopubblicato a luglio. Tre anni fa si era stabilito in Borgata Maddalena: all’inizio con i genitori, che poi avrebbero deciso di lasciarlo da solo perché esausti dei suoi continui scoppi d’ira.

È lui stesso a parlarne, nel libro “La relatività perfetta”, rinvenuto nell’abitazione di Emilio Mazzoleni, il 71enne trovato morto, con il cranio fracassato, lo scorso 30 settembre. Sembra che i due fossero vicini di casa e che, per qualche tempo, si fossero anche frequentati: giocavano insieme a bocce; poi, a causa di un litigio si sarebbero allontanati. Fino alla tragedia di qualche giorno fa.

Gli inquirenti sono convinti che Gilioli sia coinvolto nell’omicidio: per motivi ancora da accertare, secondo loro il 35enne avrebbe ucciso Mazzoleni e poi il suo cagnolino, Pluto, diffondendo copie del suo manoscritto a destra e a manca, sia in casa che nel giardino. A trovare il corpo della vittima era stata la compagna. Stando alle testimonianze di alcuni vicini di casa, la donna si era recata sul posto per verificare che il 71enne stesse bene: avevano un appuntamento telefonico, ma lui non si era fatto sentire.

Quando era arrivata, varcando la porta d’ingresso dell’appartamento,

l’ho sentita urlare – ha raccontato un vicino di casa a Torino Cronaca -, l’ho raggiunta e ho trovato Emilio ai piedi del suo letto, con la testa fracassata e un lago di sangue intorno. La casa era sottosopra, con pure i vasi rotti.

La rabbia dei residenti

Ad arrivare a Gilioli gli inquirenti intervenuti sul posto dopo l’allarme ci avevano messo pochissimo. Quando l’avevano trovato, l’uomo era in uno stato delirante: lo stesso in cui ancora adesso verserebbe, in carcere, dove è piantonato h24 dai carabinieri. I residenti del piccolo comune torinese si aspettavano che prima o poi avrebbe fatto qualcosa di pericoloso: ne avevano paura, dicono.

E tuonano contro il Centro di salute mentale locale, che avrebbe dovuto prendersene cura. A giugno era stato ricoverato per l’ennesimo Tso; quando era uscito però era stato lasciato da solo.

Veniva controllato solo ogni tanto – spiega ancora qualcuno a TC -. Ci risulta che una volta non lo abbiano neanche trovato ma non abbiano fatto nulla. Avrebbero dovuto tenerlo in ospedale o almeno tenerlo maggiormente d’occhio, considerando che aveva già minacciato il padre e tutti avevamo paura di cosa potesse fare.

Anche il parroco, don Gianni Rege Gianas, ne era stato messo al corrente. Per questo, nel corso delle celebrazioni tenutesi ieri in chiesa, oltre a ricordare la vittima ci aveva tenuto a dedicare un pensiero anche al killer che, in quanto malato, avrebbe dovuto essere sostenuto e invece è stato abbandonato: prima dalla famiglia, poi dalle istituzioni e dalla società. Diventando una bomba ad orologeria.

Per ora, interrogato, l’uomo ha deciso di restare in silenzio: non ha ancora confessato il delitto, ma a suo carico ci sarebbero gravi indizi di colpevolezza. L’ipotesi è che si sia scagliato contro il pensionato al culmine di una discussione, ma niente può essere escluso, neanche che avesse premeditato tutto. Tra le cose da accertare, la sua capacità di intendere e di volere: è possibile che non fosse in sé, al momento dei fatti. Una questione su cui si è dibattuto molto, di recente, relativamente al caso di Alberto Scagni, condannato a 24 anni e 6 mesi di carcere per l’omicidio della sorella Alice, consumatosi nel 2022 a Quinto (Genova).