Il 1968 è un anno cruciale per la storia del mondo. Il Maggio francese, l’assassinio di Martin Luther King e la Primavera di Praga segnano gli animi. Parallelamente, in America Latina, movimenti rivoluzionari e correnti politiche emergono, tra cui il foquismo, la teologia della liberazione e il post-guevarismo. Uno degli episodi chiave in questo contesto è la tragedia che si svolge nella Plaza de las Tres Culturas a Città del Messico, quella che passò alla storia come il massacro di Tlatelolco.
Il massacro di Tlatelolco: cosa stava succedendo in Messico nel 1968
Nel 1968, Città del Messico si preparava ad accogliere i Giochi Olimpici. Questo evento, pianificato per il 12 ottobre, avrebbe portato gli occhi del mondo sulla nazione. Il Messico, sotto la lunga egida del Partido Revolucionario Institucional (PRI), si trovava in un momento delicato. A pochi mesi dalla cerimonia olimpica, una potente onda di proteste, capitanata dal Consejo Nacional de Huelga degli studenti dell’Universidad Autónoma de México (Unam), chiedeva riforme concrete e un dialogo aperto con il governo. Il loro grido di battaglia, “Non vogliamo le Olimpiadi”, era un rifiuto dell’uso propagandistico degli eventi sportivi da parte del governo.
Un’estate di protesta
Ispirati dai movimenti internazionali e dal desiderio di cambiamento, gli studenti messicani sfidarono l’ordine politico dominante. Tuttavia, il climax di queste tensioni arriva alla fine di luglio, quando scontri violenti tra manifestanti e forze dell’ordine causano numerose vittime tra i giovani. La risposta del governo è severa, con l’intervento dell’esercito per reprimere le proteste.
2 ottobre 1968, il massacro di Tlatelolco
La Plaza de las Tres Culturas è un luogo emblematico, che celebra le tre principali eredità culturali del Messico: azteca, spagnola e moderna. Proprio qui, il 2 ottobre, migliaia di manifestanti si radunano pacificamente. Il loro intento è chiaro: protestare pacificamente e chiedere riforme. Ma quello che doveva essere un raduno pacifico si trasforma in un bagno di sangue.
Al calar del sole, il numero dei manifestanti nella piazza era cresciuto notevolmente. Ma la risposta delle autorità fu brutale e spietata. Forze armate circondarono la piazza, iniziando a sparare indiscriminatamente contro la folla. Le forze dell’ordine, su ordine del presidente Gustavo Diaz Ortaz, aprono il fuoco, lasciando sul campo centinaia di vittime.
Le cifre sono sconcertanti: migliaia di proiettili, centinaia di morti e feriti, e 5.000 arresti. Il governo messicano, nel suo tentativo di presentarsi come una nazione moderna e progressista in vista delle Olimpiadi, tenta di insabbiare l’incidente.
Le fonti ufficiali indicano un numero di vittime intorno alle 40-50, ma le analisi più accurate suggeriscono che il bilancio superò le 300 vittime, prevalentemente manifestanti. Ricordiamo che questo tragico evento avvenne soltanto dieci giorni prima dell’inaugurazione della XIX Olimpiade, ospitata dalla Città del Messico tra il 12 e il 27 ottobre dello stesso anno.
Il massacro attraverso le testimonianze
Diverse voci emergono per raccontare gli eventi di quel giorno tragico. Tra queste, quella di Oriana Fallaci, presente sul campo e ferita durante gli scontri. Contrariamente alle prime notizie che la davano per morta, fu successivamente salvata e curata per le sue ferite. Il suo racconto, pervenutoci attraverso una registrazione di due ore e mezzo, ci offre una panoramica sconvolgente e dettagliata degli eventi, interrotta solo dal dolore e dalla stanchezza della giornalista.
Le sue parole hanno quindi dato voce alla brutalità e al terrore vissuti dai manifestanti, raccontando qualcosa di estremamente lontano (non c’erano internet e i social in quel periodo), ma al tempo stesso fortemente vicino. Inoltre, documenti rilasciati in seguito suggeriscono l’interferenza di potenze esterne, temendo l’influenza sovietica e cubana sul movimento studentesco.
Poi ci furono i Giochi Olimpici
A distanza di dieci giorni dal massacro, Città del Messico divenne l’epicentro mondiale delle Olimpiadi. Queste Olimpiadi sono ricordate non solo per le loro peculiarità sportive, come il salto in lungo di Bob Beamon o la prima donna, Norma Enriqueta Basilio de Sotela, a accendere la fiamma olimpica, ma anche per le manifestazioni di protesta, come quella di John Carlos e Tommie Smith, che sollevarono i pugni guantati sul podio in segno di protesta contro la discriminazione razziale.
Le reazioni dal mondo
Il mondo reagì con shock e orrore alle notizie e alle immagini che emergevano dalla Città del Messico. Mentre le autorità cercavano di minimizzare l’accaduto, le testimonianze e le immagini diffondevano la verità. Ci sono voluti molti anni prima che il governo messicano ammettesse ufficialmente le sue responsabilità in quella tragica giornata.