Enrico Caruso è stato uno dei più grandi tenori della storia della musica. Andiamo a scoprire di più sulla causa della sua morte, sulla sua vita privata e la sua carriera.
Enrico Caruso: causa morte, malattia,
Enrico Caruso morì il 2 agosto 1921 al Grand Hotel Vesuvio di Napoli. Dopo un anno di disturbi e tosse persistente gli fu diagnosticata una pleurite. Caruso si recò a Sorrento per ricevere cure, ma la malattia era troppo avanzata, il cantante lirico peggiorò e fu trasportato a Napoli, dove morì all’età di 48 anni.
Gli ultimi giorni di Caruso furono una fonte di ispirazione per Lucio Dalla. Per un caso fortuito, il cantautore bolognese si trovò ospite nella stanza dell’hotel di Sorrento, all’Hotel Excelsior Vittoria dove Caruso aveva alloggiato prima di spostarsi a Napoli per gli ultimi giorni. Dalla, dai racconti dei proprietari e del personale dell’hotel, trasse l’ispirazione per comporre una delle sue canzoni più celebri, Caruso, che fu inclusa nell’album DallAmeriCaruso, ottenendo il disco di platino. L’album contribuì a ridare nuova popolarità al grande tenore, che era un po’ dimenticato.
Moglie, figli
Nel 1897, durante la rappresentazione de “La Bohème” al teatro Politeama di Livorno, Enrico Caruso incontrò il soprano Ada Giachetti Botti, già sposata e madre di un bambino. Per il tenore, Ada decise di abbandonare il marito. I due ebbero una relazione conflittuale che durò undici anni e generò due figli: Rodolfo, nato nel 1898 e così nominato in onore del personaggio interpretato dal padre nel musical, ed Enrico jr., nato nel 1904 presso la residenza di villa Le Panche a Sesto Fiorentino.
Durante l’estate del 1908, Ada Giachetti fuggì a Nizza insieme all’autista, lasciando Enrico e i loro due figli. Ada incolpò Caruso di sottrazione di corrispondenza, nella speranza di ottenere un regolare sostegno finanziario, ma il cantante fu assolto da tali accuse. Dopo la loro separazione, Ada decise di stabilirsi a Buenos Aires. Nell’agosto del 1918, Enrico Caruso sposò l’americana Dorothy Benjamin. La coppia ebbe una figlia: Gloria, nata nel 1919.
Biografia e canzoni famose
Enrico Caruso nacque a Napoli il 25 febbraio 1873, nel quartiere di San Carlo all’Arena, da una modesta famiglia di Piedimonte Matese.
Dopo aver concluso le scuole elementari, Caruso iniziò a lavorare come meccanico in diverse officine napoletane. Nel frattempo, frequentava l’oratorio di Giuseppe Bronzetti, dove si esibiva come cantante contraltino. Grazie ai corsi serali, continuò a studiare e a formarsi. La sua voce promettente e le lezioni di musica amatoriali gli permisero di calcare le scene del Don Bronzetti, recitando nel ruolo di un bidello comico nella farsa musicale “I briganti nel giardino di Don Raffaele” (scritta da A. Campanelli e A. Fasanaro).
La sua splendida voce e il suo timbro unico, che divennero poi la sua caratteristica distintiva, gli consentirono di intraprendere la carriera di cantante, esibendosi in case private, caffè e locali balneari. Il suo repertorio comprendeva principalmente canzoni napoletane, e si esibiva insieme ad altri cantanti come Ciccillo O’Tintore e Gerardo l’Olandese, noto anche come l’infermiere, considerando il suo lavoro presso l’Ospedale Ascalesi.
È proprio l’Olandese che portò Enrico Caruso a cantare al famoso Caffè Gambrinus e presso lo stabilimento balneare Risorgimento. È qui che fu notato dal baritono Eduardo Missiano, che gli offrì l’opportunità di seguire regolari lezioni di canto con il maestro Guglielmo Vergine nel 1891.
Enrico e il suo maestro stipularono un accordo, in cui il giovane si impegnava a pagare le lezioni di musica con i guadagni che avrebbe ottenuto in futuro grazie alla sua carriera. Grazie alla possibilità di far sostituire il fratello nei suoi obblighi militari, rimase nel reggimento di artiglieria di Rieti per soli 45 giorni. Durante questo periodo, ebbe l’opportunità di cantare nella casa del barone Costa, un appassionato di musica, che gli suggerì l’opera che meglio si adattava al suo stile di canto: “Cavalleria Rusticana” di Pietro Mascagni.
Il suo vero grande debutto avvenne al teatro Cimarosa di Caserta nell’aprile del 1895. Da qui iniziò la sua carriera musicale: venne confermato a Caserta e poi a Salerno e affrontò le sue prime tournée internazionali. Il suo vasto repertorio spaziava da Giacomo Puccini (Manon Lescaut) a Ruggero Leoncavallo (Pagliacci), da Ponchielli ai francesi Bizet (Carmen) e Gounod (Faust), includendo ovviamente Giuseppe Verdi (Traviata e Rigoletto) e Bellini.
La sua intraprendenza gli permise di entrare in contatto con il maestro Giacomo Puccini, con cui ripassò il ruolo di Rodolfo ne “La Bohème”, ottenendo addirittura che l’aria “Gelida manina” venisse abbassata di mezzo tono.
La svolta nella sua carriera avvenne con il trionfale successo nell’opera “L’Arlesiana” di Cilea. L’America Latina e la Russia gli aprirono le porte dei loro teatri, permettendogli di esibirsi a San Pietroburgo e Mosca, Buenos Aires e Montevideo, dove affrontò per la prima volta “Tosca” e “Manon Lescaut” nella versione di Massenet.
Il suo primo debutto alla Scala con “Tosca” non fu un successo. Tuttavia, ci furono delle scusanti dovute anche al rapporto conflittuale con il maestro Arturo Toscanini. Ma Enrico era una persona istintiva e sensibile, quindi l’insuccesso lo fece soffrire. Ebbe modo di rifarsi con un grande successo ne “L’Elisir d’Amore”.
Successivamente partì per la terza tournée a Buenos Aires proprio con il maestro Toscanini. Nel 1901, si trovò ad affrontare il debutto nella sua Napoli con l’ormai collaudato “L’Elisir d’Amore”. Tuttavia, il pubblico, guidato da un gruppo di snob che Enrico non si era dato la pena di corteggiare, rovinò la sua esibizione. Caruso giurò di non cantare mai più nella sua Napoli, promessa che mantenne fino alla fine dei suoi giorni, sigillandola con l’esecuzione della canzone “Addio mia bella Napoli”.
La sua carriera divenne trionfale: Caruso conquistò il pubblico anglosassone con la sua esecuzione di “Rigoletto”, incise dischi accompagnato al pianoforte da Ruggero Leoncavallo e debuttò al Metropolitan di New York, dove si esibì per ben 607 volte in diciassette stagioni.
Nell’estate successiva, si sottopose a Milano ad un intervento per una laringite nodulare, un disturbo che probabilmente aveva origini nervose. La crisi del tenore si acuì nel 1911, quando divenne vittima di tentativi di estorsione a causa della sua ricchezza da parte dell’ex moglie e di altri personaggi loschi.
La sua crisi personale e artistica si intensificò: voleva ritirarsi ma continuò a esibirsi in tournée e repliche, nonostante un disagio sempre più evidente causato da un empiema polmonare, diagnosticato solo più tardi. Fu operato nel dicembre del 1920; nel giugno dell’anno successivo tornò in Italia con sua moglie Dorothy, sua figlia e il fedele segretario Bruno Zirato, per poi morire due mesi dopo.
Tra le sue canzoni più famose ricordiamo:
- ‘O sole mio
- Tiempo antico
- Addio a Napoli
- Core ‘ngrato
- Fenesta ca lucive
- Guardanno ‘a luna