Continua senza sosta l’esodo di massa dalla regione del Karabakh in Azerbaigian verso la confinante Armenia, dove si sono rifugiati circa 100mila profughi, stando ai dati ufficiali. Tra questi, Save the Children rende noto che ci sono almeno 26.400 sono bambine e bambini (30% degli sfollati). Prima dell’offensiva lampo che ha avuto avvio il 19 settembre, nell’enclave a maggioranza armena in territorio azero vivevano da anni circa 120mila armeni. In seguito all’offensiva e agli scontri con la polizia azera, durante i quali sono morte 200 persone e che non hanno risparmiato civili e minori, la maggior parte della comunità armena di religione cristiana ha lasciato la regione.

Esodo di massa: oltre 100mila armeni lasciano il Karabakh

La popolazione del Nagorno-Karabakh, nonostante l’accordo trilaterale mediato dalla Russia nel 2020, preferisce lasciarsi alle spalle il confine dell’Azerbaigian, non nutrendo più alcuna fiducia nel Paese, accusato di essere intenzionato a intraprendere una “pulizia etnica della comunità armena. Il presidente Samvel Shakhramanián dell’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh ha dato l’annuncio del futuro scioglimento della repubblica separatista: “La nostra repubblica non esiste più, entro il 1° gennaio 2024 saranno sciolte tutte le istituzioni pubbliche e le organizzazioni ad esse subordinate“.

UNHCR: “È urgentemente necessario l’aiuto internazionale”

Per far fronte a questa situazione delicata, è stato istituito un centro umanitario nel villaggio di Kornidzor, nei pressi del corridoio Lachin che collega l’Armenia e il Karabakh. Molti volontari, in gran parte giovani di origine armena, forniscono a chi fugge, spesso affamato e stremato, generi di prima necessità come acqua e pane. Anche l’UNHCR, al fianco di numerosi altri partner umanitari, è intervenuto e sta “intensificando il loro sostegno alle autorità armene, ma è urgentemente necessario l’aiuto internazionale“. Da Palazzo Chigi arrivano notizie sull’impegno dell‘Italia la quale, in coordinamento con la Commissione Europea, “è al lavoro per favorire la stabilizzazione della regione, favorendo il dialogo tra Armenia e Azerbaigian” e “ha immediatamente attivato il sistema di protezione civile, avviando una ricognizione dei beni di assistenza alla popolazione”.