Ieri c’è stato il verdetto della Procura Federale della Federginnastica sul caso Emanuela Maccarani: ripercorriamo la vicenda dalle prime denunce

Dalle prime denunce delle ginnaste al verdetto della Procura Federale: la storia del Caso Maccarani

Il caso Maccarani inizia nell’ottobre del 2022, quando alcune ex allieve della Nazionale di ginnastica ritmica – all’interno della selezione azzurra in momenti diversi – hanno affermato di aver subito abusi dalla Commissaria Tecnica Emanuela Maccarani, una delle allenatrici più titolate nella storia dello sport tricolore. Ripercorrendo le tappe basilari della vicenda, tutto inizia quando Nina Corradini, e successivamente Anna Basta ed Giulia Galtarossa e Sara Branciamore dichiararono i disturbi alimentari, le pressioni relative al peso e le umiliazioni vissute in passato all’interno della Nazionale di ginnastica ritmica. A seguito del susseguirsi di queste denunce alcune Procure italiane iniziarono le indagini, mentre tutta Italia iniziava a fare i conti e discutere di questa vicenda, con la polemica che imperversava ovunque. Basti ricordare il ruolo dell’associazione ChangetheGame impegnata a raccogliere le altre testimonianze. La Federginnastica prese subito provvedimenti commissariando il Centro federale di Desio, ovvero il luogo degli allenamenti della nazionale di ginnastica ritmica. La professoressa Marcella Bounous venne incaricata di controllare i rapporti tra atleti e staff. Il 4 gennaio 2023 Emanuela Maccarani, insieme alla collaboratrice Olga Tishina, venne deferita dalla Procura federale. Il processo sportivo alla Maccarani e Tishina è iniziato il 23 marzo 2023. Nel libro-memoir uscito quest’anno a luglio, “Sorridendo sempre. Ero una farfalla e mi hanno strappato le ali”, Nina Corradini ha raccontato la sua storia, la sua vita prima e dopo quel 2021, anno in cui decise di lasciare quelle che fino a poco prima era stato il suo mondo, ovvero la ginnastica ritmica, e denunciare ciò che aveva subito. Ieri, abbiamo assistito invece ad un aggiornamento importante: il Tribunale Federale della Federginnastica, guidato da Michele Rossetti e composto dai procuratori aggiunti Lorenza Mel e Giorgio Papotti, con il procuratore Livia Rossi per la Procura Generale dello Sport del Coni ha espresso l’assenza di una “prova di un comportamento intenzionalmente o eccessivamente vessatorio”: di conseguenza “un’ammonizione“, una “nota di sollecito scritto a non incorrere, in futuro, in errori così come sono avvenuti”. In conclusione: un’ammonizione a Emanuela Maccarani e assoluzione per Olga Tishina “per non aver commesso il fatto”. Adesso, il collegio può usufruire di dieci giorni di tempo per poter depositare le motivazioni. Una decisione che ha subito suscitato la reazione di due delle dirette interessate, ovvero Nina Corradini e Anna Basta.

Caso Maccarani: le repliche di Nina Corradini e Anna Basta sulla sentenza

La replica di Nina Corradini si riferisce a questo passaggio esplicitato nelle conclusioni del processo:

Riteniamo invece ci sia prova negli atti di un profilo di colpa a carico della Maccarani, quello di eccesso di affetto nei confronti della Basta, cercando di recuperarla, rendendola performante con l’obiettivo di portarla alle Olimpiadi, determinando invece un disagio che non mettiamo in dubbio.

L’ex ginnasta ha infatti dichiarato all’ANSA che:

“Prendo atto della decisione del Tribunale sportivo, che purtroppo non mi sorprende. Scoprire che gli abusi subìti da me, Anna Basta e le altre vengono giustificati come “eccesso d’affetto”, mostra in maniera inequivocabile la distanza tra le atlete e l’organo che dovrebbe garantire la loro tutela”

Anna Basta invece in un lungo e sentito post condiviso su Instagram ha condiviso, riguardo gli sviluppi di ieri, quanto segue:

Ieri ho avuto modo di terminare la mia giornata lavorativa e di realizzare ciò che è avvenuto.
Vorrei partire sempre dallo stesso concetto: il mio obiettivo non è condannare qualcuno, bensì cambiare un sistema ormai troppo malato e distruttivo per i propri atleti, infondendo coraggio a chi subisce e non sa come parlarne.
Certo è che durante questi mesi si è sperato di ottenere una giustizia che si potesse chiamare tale… quello che posso dire oggi è semplicemente che condivido le perplessità del ministro dello sport Abodi.
Come si può giustificare un abuso dietro “l’eccessivo affetto”?
È come se in un rapporto violento di coppia si potesse ancora giustificare il partner aggressivo per l’eccessivo amore.

Credo che siano riflessioni da fare e da non dimenticare, perché tutto questo è solo l’inizio di una rinascita da parte di tutte le persone che non hanno avuto modo di vivere serenamente la propria passione.

Continuerò ad essere presente ed a espormi per dare speranza a tutti quei ragazzi e ragazze che coltivano dei sogni, perché cambiare si può. Si deve.

Le “perplessità del ministro dello sport Abodi” a cui si riferisce la Basta si collegano a quanto dichiarato da Abodi all’ANSA riguardo il Caso Maccarani:

“Ho sempre rispettato ogni pronunciamento degli organi di giustizia, naturalmente compresa quella sportiva, tanto più nel ruolo di Governo che mi è stato affidato. Confermo questa mia impostazione anche in relazione al pronunciamento del procuratore federale della Federginnastica relativo alle denunce fatte da alcune ex atlete azzurre nei confronti della allenatrice Maccarani”

Ha esordito il Ministro dello Sport, per poi proseguire:

“Nel rispetto dovuto, non posso non rilevare una mia perplessità su alcuni passaggi del dispositivo nel quale si giustifica quanto accaduto e denunciato, per quanto ritenuto non provato, collegando eventuali abusi con il troppo amore nei confronti delle ragazze. Non c’è amore che possa spiegare e giustificare un abuso, anche verbale, nella vita come nello sport”.