Potrebbe esserci un movente di tipo economico, dietro la strage di famiglia consumatasi ad Alessandria per mano di Martino Benzi, l’ingegnere informatico di 66 anni morto suicida dopo aver ucciso la moglie, il figlio minorenne e la suocera. Gli inquirenti sono da ore al lavoro per capire cosa abbia spinto l’uomo a compiere un gesto così estremo. Secondo chi lo conosceva era una persona “tranquilla”. Su uno dei biglietti scritti a mano dopo aver agito, il 27 settembre scorso diceva:
Li ho uccisi io. Non c’è più scampo, sono rovinato. Ho distrutto la mia famiglia, che amavo più di ogni altra cosa.
Strage di famiglia ad Alessandria, si indaga sul movente di Martino Benzi
Secondo chi indaga, il mistero del triplice omicidio e del suicidio potrebbe essere risolto dall’analisi dei dispositivi elettronici sequestrati al 66enne. Per questo i carabinieri hanno chiesto alla Procura che si sta occupando del caso l’autorizzazione a forzarne l’accesso. L’ok dovrebbe arrivare a breve: a quel punto gli inquirenti passeranno al setaccio anche i conti e i movimenti bancari dell’uomo.
L’obiettivo è ricostruire il movente della strage. Specializzato in ingegneria informatica, Martino Benzi aveva aperto un’attività da progettista di siti web. Sembra però che gli affari gli andassero male e che, nell’ultimo periodo, facesse addirittura fatica a pagare l’affitto – complici le condizioni di salute della moglie che, guarita da una grave malattia, era da poco tornata a lavoro, con orari e stipendi ridotti -.
A confermarlo sarebbe stato il fratello, che vive insieme alla madre nella frazione di Spinetta Marengo, sempre ad Alessandria. Qualunque fossero i suoi problemi, una cosa è certa: nessuno si aspettava che l’uomo sarebbe arrivato a tanto. E chi conosceva lui e la sua famiglia ora si dice attonito e sconvolto.
Forse c’erano stati dei dissapori in famiglia,
ipotizza qualcuno. Altri rimarcano la pista economica, finora la più accreditata. Da una prima ricognizione di bollette e rendiconti sembra infatti che la situazione patrimoniale del 66enne fosse critica.
La ricostruzione del delitto
Stando a quanto ricostruito finora, Benzi avrebbe ucciso la suocera Carla Sciffo, 87 anni, nel giardino della casa di riposo di cui, da un po’, era ospite. Erano da poco passate le 10 del 27 settembre: quando aveva colpito l’anziana alla gola, rivolgendo contro sé stesso il coltello e uccidendo entrambi, i carabinieri intervenuti dopo la segnalazione degli operatori della struttura avevano trovato nella sua tasca un primo biglietto, che li invitava ad andare nella sua abitazione.
Lì, dopo aver sfondato il portone d’ingresso, l’amara scoperta: a terra, in due diverse stanze, giacevano, senza vita, anche la moglie Monica Berta, 55 anni e il figlio Matteo, 17 anni. Entrambi sarebbero stati uccisi a coltellate: prima il giovane, poi la donna, forse intervenuta per cercare di salvare il ragazzo. Sul tavolo della cucina era adagiato il secondo biglietto, quello in cui Benzi si assumeva la responsabilità dell’accaduto, spiegando di non aver avuto altra scelta.
Matteo avrebbe voluto seguire le sue orme: frequentava l’Istituto tecnico Alessandro Volta e, dopo la maturità, sognava di iscriversi alla facoltà di ingegneria. Il 66enne, del resto, lo seguiva dappertutto: a scuola, negli ultimi due anni, era stato perfino rappresentante di classe dei genitori. Cosa sia scoppiato dentro di lui non si sa e forse non si saprà mai. Oggi la Procura dovrà decidere se disporre l’autopsia sul suo corpo e su quello dei tre familiari che ha ucciso.
Il loro caso ne ha ricordato a molti un altro: quello di Alessandro Maja, l’uomo da poco condannato all’ergastolo per aver ucciso la moglie e la figlia, ferendo gravemente il figlio maggiore Nicolò, unico sopravvissuto alla strage.