La pensione di Giorgio Napolitano passa ai figli? E’ quello che si chiedono in molti in questi giorni, in seguito alla scomparsa dell’ex Presidente della Repubblica. Andiamo a scoprire cosa dice la legge relativamente alla pensione ai superstiti di un ex parlamentare.
La pensione di Napolitano passa ai figli?
Per quanto riguarda il caso specifico di Giorgio Napolitano, va segnalato quanto dichiarato nel 2015 dall’ufficio stampa del Quirinale:
“Al momento della cessazione dell’incarico di presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano non riceverà alcuna indennità di fine mandato. Napolitano ha maturato 38 anni di contributi, ma non ha mai beneficiato né beneficerà del vitalizio previsto per gli ex parlamentari in quanto incompatibile dapprima con l’assegno percepito in qualità di eurodeputato (Napolitano lo è stato dal 1999 al 2004, ndr), poi con quello di presidente della Repubblica e, infine, anche con quello di senatore a vita, carica che tornerà a rivestire una volta lasciato il Quirinale”.
Cos’è il vitalizio
Il termine “vitalizio” si riferisce a una forma di prestazione economica erogata a individui che hanno precedentemente svolto incarichi in assemblee di natura elettiva e che ora hanno terminato tali incarichi. Sebbene spesso associato a Deputati e Senatori, il concetto di “vitalizio” si applica anche agli ex-parlamentari del Parlamento Europeo e agli ex-consiglieri delle Assemblee Regionali.
Va notato che il vitalizio è un tipo di prestazione economica piuttosto unico nel suo genere. È finanziato direttamente dalle rispettive assemblee elettive, a differenza delle pensioni dei lavoratori “ordinari” che sono gestite dall’INPS o da altre entità simili. Ogni assemblea elettiva (ad esempio, la Camera dei Deputati, il Senato, il Parlamento Europeo o le Assemblee Regionali) ha il completo controllo sulla regolamentazione delle prestazioni e delle modalità di calcolo del vitalizio, senza essere soggetta alle norme stabilite per i sistemi di previdenza pubblica obbligatoria.
Inoltre, è importante notare che i beneficiari di vitalizi hanno la possibilità di accumulare più di un vitalizio tra loro, e possono anche percepire contemporaneamente un vitalizio insieme a una pensione normale. Ad esempio, un ex-deputato che ha servito anche in un’assemblea regionale potrebbe ricevere più di una pensione: una dalla Camera dei Deputati, un’altra dall’Assemblea regionale e, se applicabile, una terza dalla previdenza pubblica obbligatoria in base alla sua normale attività lavorativa, che sia dipendente, autonoma o professionale.
Vitalizio agli ex parlamentari
Per quanto riguarda i Deputati e i Senatori, le prestazioni pensionistiche disponibili includono una pensione di vecchiaia, mentre non esiste una pensione di anzianità, né una prestazione di invalidità. Il vitalizio di vecchiaia è ottenibile a partire dai 65 anni di età, a condizione che siano stati effettivamente serviti cinque anni di mandato parlamentare, con una riduzione di un anno per ogni ulteriore anno di mandato svolto (ad esempio, con due mandati, l’assegno può essere ottenuto a 60 anni).
Tuttavia, fino alla XIII legislatura, le regole erano più favorevoli, richiedendo solo 60 anni di età e almeno un mandato parlamentare, ma se si erano serviti più di 15 anni di mandato, l’assegno poteva essere ottenuto indipendentemente dall’età. È importante notare che per la maggior parte degli altri lavoratori la pensione si ottiene a 67 anni.
A partire dalla XVI legislatura, è stata eliminata definitivamente la possibilità di riscattare, mediante contributi volontari, gli anni di mandato non esercitati in caso di legislature incomplete. In origine, era possibile farlo senza restrizioni, ma dalla XV legislatura è stato introdotto il requisito di almeno 2 anni e sei mesi di mandato per effettuare il riscatto. A seguito di questa eliminazione, i periodi di versamento dei contributi devono ora coincidere necessariamente con gli anni effettivi di mandato, che non devono essere inferiori a 5 anni (o, in termini più precisi, 4 anni, 6 mesi e un giorno), altrimenti non sarà possibile ottenere il vitalizio.
Vitalizio ai superstiti
La prestazione a favore dei superstiti è destinata al coniuge e/o ai figli fino a 26 anni d’età (o a quelli inabili, indipendentemente dall’età), ed equivale al 60% dell’importo della pensione spettante al defunto.
Per avere diritto a questa prestazione, i parlamentari in carica al 31 dicembre 2011 o coloro che hanno cessato dal loro incarico prima di questa data dovevano versare in modo facoltativo un contributo aggiuntivo del 25% per almeno cinque anni. Dal 2012, è stata abolita la possibilità di riscattare i contributi in favore degli eredi nel caso in cui non fosse stato raggiunto il diritto alla pensione.
A partire dal 1° gennaio 2012, le delibere degli uffici di presidenza di Camera e Senato hanno stabilito un criterio di calcolo contributivo basato sul principio del pro-rata. Di conseguenza, la pensione è stata calcolata come il 33% dell’indennità parlamentare lorda, pari a circa 10.435 euro al mese, di cui l’8,8% a carico del parlamentare e il restante 24,2% a carico dell’Assemblea Elettiva. A partire dal 1° gennaio 2019, due delibere congiunte di Camera e Senato hanno disposto il ricalcolo retroattivo con il sistema contributivo anche per gli anni di mandato fino al 31 dicembre 2011, il che ha scatenato un ampio contenzioso legale ancora in corso.
Sospensione del vitalizio
Nel corso degli anni, sono state introdotte disposizioni più rigorose riguardo alla sospensione del pagamento del vitalizio per i deputati. Questa sospensione avviene quando un deputato viene rieletto al Parlamento nazionale, eletto al Parlamento europeo o a un Consiglio regionale, o nominato come membro del Governo nazionale, assessore regionale o detentore di un incarico istituzionale che è incompatibile con il mandato parlamentare, come previsto dalla Costituzione o altre leggi costituzionali.
La sospensione si applica anche a tutti gli incarichi incompatibili con lo status di parlamentare, compresi quelli nei organi costituzionali, nelle Giunte regionali e le cariche elettive negli enti territoriali, a condizione che comportino un’indennità almeno pari al 50% dell’indennità parlamentare lorda.
Dal 2015, è stata stabilita la cessazione del pagamento degli assegni vitalizi e delle pensioni agli ex senatori che sono stati condannati in via definitiva per reati particolarmente gravi.
Consiglieri regionali
Anche le assemblee regionali sono state coinvolte nel processo di revisione degli assegni vitalizi a partire dal 2011, con una disciplina più restrittiva. Questo processo si è completato con la legge di bilancio del 2019, che ha stabilito che a partire dal 2019 le regioni e le province autonome devono ridefinire i trattamenti previdenziali e i vitalizi per coloro che hanno ricoperto incarichi come presidenti di regione, consiglieri regionali o assessori regionali.
Questi trattamenti previdenziali devono essere ricalcolati utilizzando criteri e parametri definiti in sede di Conferenza Stato-regioni o, in mancanza di tale accordo, utilizzando il metodo di calcolo contributivo. Nel 2019, è stata raggiunta un’intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome per definire le modalità di rideterminazione dei trattamenti previdenziali. In seguito a questa intesa, tutte le regioni hanno progressivamente adottato i nuovi criteri.