Pensioni, salta la rivalutazione delle pensioni nel 2024? Dopo l’approvazione della Nadef avvenuta ieri, ci si sta dirigendo verso una legge di bilancio con un ammontare di circa 20 miliardi di euro, distante dai 35 miliardi dell’anno precedente, e con due terzi del bilancio coperti da deficit. Meloni e Giorgetti stanno quindi varando una manovra basata sull’indebitamento.

Pensioni, salta la rivalutazione delle pensioni nel 2024?

Per quanto riguarda il settore delle pensioni, la situazione è ormai piuttosto chiara e definita. Saranno confermati i sistemi di pensionamento anticipato come l’Ape Sociale, la Quota 103 e forse l’Opzione Donna, che potrebbe essere incorporata nell’Ape. La novità potrebbe riguardare gli individui sotto i 35 anni: verranno introdotte norme per consentire l’accumulo della pensione pubblica con quella privata (con incentivi), al fine di agevolare il raggiungimento dei requisiti per il pensionamento anticipato (a 64 anni) o per il pensionamento di vecchiaia (a 67 anni).

È possibile che venga nuovamente ridotta l’indicizzazione delle pensioni esistenti all’inflazione. Forza Italia sta chiedendo ulteriori misure oltre alla conferma degli assegni minimi di 600 euro per i pensionati oltre i 75 anni. In pratica, la riforma Fornero rimane in vigore, nonostante la sua abolizione fosse uno degli obiettivi principali del programma elettorale del centrodestra.

Nel 2024, le controversie più intense probabilmente ruoteranno attorno all’indicizzazione più o meno completa delle pensioni. La manovra vera e propria prenderà forma solo a novembre, ma secondo le indiscrezioni attuali, sembra che le pensioni potrebbero essere leggermente inferiori alle previsioni più ottimistiche.

L’indicizzazione completa all’inflazione sarà applicata solo alle pensioni fino a quattro volte l’importo minimo (circa 2.200 euro lordi). Non si tratta di un cambiamento radicale, poiché da circa 20 anni è in vigore un meccanismo che prevede un’indicizzazione completa solo per le pensioni più basse e una rivalutazione parziale per quelle più elevate.

Il governo cerca di evitare di toccare l’indicizzazione all’85% per le pensioni tra 4 e 5 volte l’importo minimo (intorno ai 2.600 euro) per non penalizzare i redditi medi e bassi. Tuttavia, potrebbero essere applicati tagli del recupero Istat in altre fasce, come il 53% per le pensioni tra 5 e 6 volte l’importo minimo, il 47% tra 6 e 8 volte, il 37% tra 8 e 10 volte e il 32% per le pensioni superiori a dieci volte l’importo minimo.

Anche per il 2024, è probabile che le rivalutazioni delle pensioni siano minori per chi riceve assegni superiori a quattro volte l’importo minimo. Si sta anche considerando la possibilità di tagliare la rivalutazione al 85% per le pensioni tra 4 e 5 volte l’importo minimo, come avvenuto nella manovra dell’anno precedente, quando inizialmente era stata fissata all’80%. Questa decisione fu poi modificata dopo un acceso dibattito parlamentare.

Sistema penalizzante per le pensioni più elevate

Attualmente, il sistema prevede un taglio delle pensioni in base a sei fasce. Se il governo non apporterà modifiche, le regole attuali rimarranno in vigore. Tuttavia, qualsiasi intervento da parte del governo, come l’aggiunta di nuove fasce o una riduzione delle percentuali di rivalutazione, potrebbe generare entrate che verranno utilizzate per coprire il bilancio.

Si tratta però di un terreno minato, poiché impedire a una vasta fascia di pensionati di reddito medio e medio-alto di recuperare parte dell’inflazione li penalizzerebbe a lungo termine, poiché il taglio di un anno influirebbe sull’importo della pensione l’anno successivo, creando un circolo vizioso inevitabile.

Questo tema sarà al centro delle discussioni nei prossimi mesi. Con la manovra del 2023, è stata prevista l’introduzione di sei fasce di rivalutazione in base all’importo totale del trattamento, invece di scaglioni. Anche questo aspetto rende il sistema più penalizzante per le pensioni più elevate.