Sono arrivate oggi, giovedì 28 settembre 2023, in merito alla strage del bus di Avellino alcune rilevanti condanne. A stabilirle sono stati i membri della Corte di Appello di Napoli (seconda sezione). La prima e più importante è quella a sei anni di reclusione per l’ex amministratore delegato di Aspi Giovanni Castellucci. Ricordiamo che egli, nel processo di primo grado, era stato assolto.
Strage bus Avellino, le condanne di oggi: quali sono
Per la strage del bus di Avellino, sono arrivate oggi altre condanne. Per Castellucci è stata stabilita una pena di 6 anni. Uguale pena è arrivata poi anche per il direttore generale dell’epoca Riccardo Mollo e per i dipendenti di Aspi Massimo Giulio Fornaci e Marco Perna.
Invece per il dirigente di Autostrade per l’Italia Nicola Spadavecchia e per il direttore di tronco di Aspi Paolo Berti, il giudice ha ridotto la pena a 5 anni di reclusione. Sono inoltre state rideterminate a tre anni le pene per Gianluca De Franceschi, dirigente di Aspi e per i due dipendenti Gianni Marrone e Bruno Gerardi.
Queste condanne arrivano in merito all’incidente avvenuto sulla A16 la sera del 28 luglio 2013, all’altezza di Monteforte Irpino, località in provincia di Avellino. Quel fatidico giorno è tristemente ricordato in Italia perché un autobus, anche a causa di un problema ai freni, precipitò nel viadotto Acqualonga. I morti furono quaranta.
Castellucci condannato: ecco perché
La Corte di Appello oggi ha ritenuto colpevole Giovanni Castellucci di omicidio colposo e di disastro colposo. All’uomo, nello specifico, viene contestata
la violazione delle norme che garantiscono la circolazione autostradale in condizioni di sicurezza, di avere omesso di provvedere alla riqualificazione dell’intero viadotto Acqualonga dell’A16 con la necessaria sostituzione delle barriere di sicurezza con quelle marcate CE, in ragione della intervenuta non conformità normativa di quelle esistenti al momento del sinistro non adeguate ad una infrastruttura autostradale.
Il processo di secondo grado si è concluso nella giornata di giovedì 28 settembre 2023. Aveva preso il via il 7 gennaio del 2021. Alla sentenza di oggi ha assistito anche una piccola rappresentanza dei parenti delle 40 vittime che su quell’autobus hanno perso la vita ormai più di 10 anni fa.
La vicenda giudiziaria
A gennaio 2019 il giudice del tribunale di Avellino aveva condannato il titolare della ditta di trasporti e proprietario del bus a 12 anni di reclusione, come richiesta della Procura. Egli era stato ritenuto responsabile delle condizioni in cui il mezzo viaggiava. Era immatricolato nel 1985, presentava circa 800mila km percorsi e non era stato sottoposto a revisione.
In quella occasione l’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia Giovanni Castellucci era stato assolto, così come l’ex direttore generale e alcuni dirigenti. Per Castellucci la Procura inizialmente aveva chiesto 10 anni di reclusione.
Oggi però le sorti di questi uomini sono cambiate. Come abbiamo evidenziato prima, essi sono stati condannati in Corte d’Appello. L’accusa aveva sempre sostenuto che le barriere contro le quali il bus aveva impattato avrebbero potuto reggere il corpo se i perni non fossero stati corrosi.
La reazioni
I familiari delle 40 vittime morte il 28 luglio del 2013 dopo che il bus a bordo del quale viaggiavano precipitò in un viadotto ad Avellino non hanno mai smesso di chiedere giustizia. Oggi, alla notizia della condanna di questi uomini ritenuti responsabili a vario titolo per la strage, hanno tirato un – seppur piccolo – sospiro di sollievo.
Dall’altro lato invece i legali di Giovanni Castellucci, si sono detti increduli per quella che hanno definito una “sentenza incomprensibile”. L’avvocato difensore Alfonso Furgiuele ha detto:
In oltre 50 anni di esercizio della professione non ricordo che una sentenza di assoluzione, sorretta da una motivazione solida, approfondita e giuridicamente ineccepibile, sia stata ribaltata in appello nonostante gli argomenti in essa sostenuti fossero stati tutti confermati ed anzi rafforzati a seguito di una articolata e completa rinnovazione dell’istruzione dibattimentale; come invece è avvenuto in questo caso. Pertanto, non riesco proprio a immaginare come sarà possibile per la Corte di Appello di Napoli redigere a sostegno della condanna una motivazione ragionevole, tale da poter ‘reggere’ nel giudizio di cassazione che sarà celebrato a seguito del ricorso che proporremo.