Non merita l’ergastolo, Alberto Scagni: è ciò che ha ribadito oggi in aula il sostituto processuale del legale che lo difende (Mirko Bettoli), l’avvocato Alberto Caselli Lapeschi. Secondo lui al 42enne, finito a processo per l’omicidio della sorella Alice – consumatosi il primo maggio dello scorso anno a Quinto (Genova) – andrebbe riconosciuto un vizio parziale di mente e, di conseguenza, uno sconto di pena.

Omicidio Alice Scagni, la difesa di Alberto punta allo sconto di pena: l’accusa aveva chiesto una condanna all’ergastolo

I genitori lo ripetono in continuazione da mesi: Alberto Scagni è malato, se ha ucciso la sorella non è solo colpa sua e quindi non merita l’ergastolo. Ora a ribadirlo è stato anche il sostituto processuale del suo legale, l’avvocato Alberto Caselli Lapeschi che, in aula, prima della sentenza di domani, ha messo in evidenza due elementi.

Innanzitutto la necessità di riconoscere all’imputato un vizio parziale di mente – come aveva sostenuto anche l’esperto che si era occupato della perizia psichiatrica in sede di udienza preliminare -; poi, l’insussistenza delle aggravanti contestategli dal pm (che lo ha definito capace di intendere e di volere).

Non solo quelle del mezzo insidioso e della crudeltà, ma anche quella della premeditazione. Secondo Caselli, in pratica,

l’uso del sacchetto di plastica (in cui Alberto teneva il coltello che avrebbe usato per uccidere, ndr) non aveva l’intenzione di ingannare e la spontaneità dell’azione lo esclude.

Per quanto riguarda la crudeltà, che si configura qualora l’agente decida di infliggere alla vittima sofferenze aggiuntive a quelle che ne causano la morte,

non è sufficiente – secondo lui – il numero di coltellate (venti, ndr) per valutarla.

Sarebbe da considerare, piuttosto, il fatto che la vittima abbia perso subito conoscenza, e, di conseguenza, non si sia resa conto del dolore.

La questione della premeditazione

Quanto alla premeditazione, l’avvocato ha sostenuto che

le prove raccolte confermano la sua assenza. Dalle testimonianze emerge che l’imputato aveva una personalità difficile e non era mentalmente stabile. Ha avuto in passato rapporti conflittuali con i familiari, tranne che con Alice. Gli atti dell’agente di polizia giudiziaria Bozzo, che ha analizzato le comunicazioni telefoniche sequestrate, mostrano l’assenza di ostilità nei confronti della sorella. Gianluca Calzona, il marito di Alice, ha affermato di portare quasi sempre lui il cane fuori per passeggiare, circa 19 volte su 20 – ha spiegato -. Ciò indica che Scagni probabilmente non aveva previsto che Alice sarebbe scesa (al suo posto, ndr). Se c’è stata premeditazione, era probabilmente mirata a quest’ultimo.

Il rito abbreviato

Non è tutto. L’avvocato ci ha anche tenuto a ricordare che in fase di udienza preliminare la difesa di Alberto Scagni aveva chiesto l’accesso al rito abbreviato che, in caso di condanna, consente all’imputato di ottenere lo sconto di un terzo della pena. Si tratta di un istituto escluso per i casi che prevedono una possibile condanna all’ergastolo (per questo l’istanza era stata rifiutata).

Ora, qualora le aggravanti dovessero davvero cadere – facendo venire meno la possibilità di una condanna al massimo della pena – il 42enne avrebbe diritto anche ad una diminuzione. Si scoprirà nel corso dell’udienza in programma per domani. Udienza durante la quale Scagni potrebbe anche decidere di rilasciare delle dichiarazioni, come ha fatto intendere oggi.

È indiscussa e indiscutibile la responsabilità dell’imputato nella morte di Alice Scagni. Ma la pena non può essere l’ergastolo, bensì una pena temporanea, che consenta il recupero dell’imputato,

ha concluso l’avvocato Caselli. È ciò che pensano anche i genitori che, assistiti dall’avvocato Fabio Anselmi, avevano fatto sapere che

chiedere l’ergastolo fa eco e accontenta in un certo senso solo la ‘pancia’.