Sarebbe stato incastrato dallo smartwatch, Giampaolo Amato, l’ex medico della Virtus Bologna accusato degli omicidi della moglie Isabella Linsalata e della suocera Giulia Tateo, morte a tre settimane di distanza nell’ottobre del 2021. Il dispositivo avrebbe infatti registrato gli spostamenti dell’uomo, smentendo la sua versione dei fatti. Presto sarà rinviato a giudizio. Ma dal carcere continua a dichiararsi innocente.
Giampaolo Amato incastrato dal suo smartwatch: ecco perché secondo gli inquirenti avrebbe ucciso la moglie e la suocera
Nell’atto che annuncia la chiusura delle indagini e precede il rinvio a giudizio, al 62enne vengono contestati quattro reati: oltre agli omicidi delle due donne, la moglie e la suocera, anche il peculato e la detenzione illecita dei farmaci usati per ucciderle, rubati all’azienda ospedaliera in cui l’uomo, all’epoca dei fatti, lavorava come oculista a Bologna.
Ad incastrarlo sarebbero state le informazioni ricavate dagli inquirenti dal suo smartwatch. Finito in manette dopo la morte della moglie – avvenuta a circa tre settimane di distanza da quella della madre di 87 anni -, Amato si è sempre dichiarato innocente. La sera del decesso della suocera, sentito dagli inquirenti, aveva raccontato, ad esempio, di essere rimasto solo nell’appartamento al piano ammezzato della palazzina di via Bianconi 6, dove viveva da quando si era separato dalla moglie, rimasta nell’abitazione al primo piano, comunicante con quella della madre anziana.
Una versione dei fatti smentita dall’app connessa al suo orologio, secondo cui l’uomo sarebbe salito dalla suocera percorrendo la rampa di scale che divideva i due alloggi. Uno spostamento su cui, interrogato, non ha saputo fare chiarezza. Ma non è tutto: fin dall’inizio aveva sostenuto di non aver mai usato per lavoro i farmaci con cui, secondo l’autopsia effettuata dai medici legali incaricati, avrebbe avvelenato le due donne, il midazolam e il sevoflurano.
Dai messaggi salvati sullo smartwatch però emerge altro. In una chat con alcuni colleghi avrebbe discusso dell’uso dei medicinali e dei loro effetti. E all’amante, la donna per la quale avrebbe progettato i delitti, avrebbe confessato di aver usato almeno uno dei due per sedare un paziente particolarmente “agitato”.
Verso il rinvio a giudizio dell’ex medico
Insomma, l’analisi dei dispositivi avrebbe smascherato il 64enne. Confermando i gravi indizi di colpevolezza a suo carico, sempre smentiti dalla difesa. Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, l’uomo avrebbe agito per motivi economici e passionali: voleva entrare in possesso dell’eredità della moglie – e, indirettamente, di quella della suocera – per costruirsi una nuova vita insieme alla donna con cui, da un po’, si frequentava.
I suoi difensori, gli avvocati Gianluigi Lebro e Cesarina Mitaritonna, avevano chiesto di scarcerarlo, in attesa del processo: il giudice però lo aveva definito “socialmente pericoloso”, rigettando l’istanza presentata dai legali perché convinto che, una volta fuori, “potrebbe uccidere ancora”. Scagliandosi, ad esempio, contro l’ex amante, che, dopo l’arresto, si sarebbe allontanata da lui per paura.
Sembra che prima di morire la moglie si fosse resa conto che qualcosa non andava: dopo aver accusato dei colpi di sonno improvvisi mentre era alla guida, aveva deciso di sottoporsi a delle analisi del sangue, scoprendo di essere stata drogata e iniziando a sospettare dell’uomo. Pur non denunciando Amato, aveva parlato dell’accaduto con la sorella e con alcune amiche. Grazie alle prove che queste ultime avevano raccolto contro l’uomo – tra cui una bottiglia di vino che aveva offerto a Linsalata, risultata avvelenata – i carabinieri avevano potuto metterlo in manette. I successivi accertamenti hanno fatto il resto.
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