Denunciato per le minacce inviate al medico che, fino a pochi giorni fa, aveva in cura Matteo Messina Denaro prima della sua morte. Il protagonista è un 20enne originario di Salerno, finito nel mirino della polizia postale dell’Aquila.

Il medico in questione è il primario del reparto di Oncologia dell’ospedale aquilano. Ha assistito l’ex stragista nelle sue ultime ore di vita e ha cercato, per quanto possibile, di alleviare le sofferenze del suo tumore al colon in stadio avanzato. Per questo motivo era tenuto sotto stretta vigilanza da parte delle forze dell’ordine.

All’improvviso il dottore ha ricevuto tre messaggi sui social network, da parte di un profilo denominato “Micael D’Angelo”. L’invito intimidatorio era quello di prestare la massima attenzione alle cure dell’ex boss di Castelvetrano. Qualora non l’avesse fatto, sarebbe stato fatto “saltare in aria come Falcone e Borsellino“.

E così il primario ha deciso di denunciare subito l’episodio alla Questura, che ha subito messo in moto una macchina investigativa, coadiuvata dall’intervento degli uomini della polizia postale. Una vicenda che ha mobilitato anche la Procura Distrettuale antimafia dell’Aquila.

Minacce al medico di Messina Denaro, il responsabile rintracciato a Torino: si nascondeva da un amico

Gli inquirenti hanno anche stabilito concedere una vigilanza ancor più rigida al dottore, per questioni di sicurezza. Non si poteva certo sapere quali intenzioni potesse avere il mitomane. Che nel frattempo è stato identificato nel 20enne, resosi presto irreperibile.

Dopo qualche tempo le forze dell’ordine lo hanno rintracciato a Torino, ospite di un suo amico. Quest’ultimo era completamente all’oscuro della vicenda. Il ragazzo è stato sottoposto a perquisizione: gli investigatori gli hanno portato via il cellulare per sottoporlo ai controlli di rito.

Chi indaga ritiene difficile che il 20enne faccia parte del mondo mafioso: si pensa ad un semplice atto di mitomania. Ma non è detto che questo vada ad affievolire la pena nei suoi confronti. Non si esclude infatti che la contestazione di minacce non possa essere comunque inserita nell’ambito del reato a sfondo mafioso: il messaggio minatorio lanciato al professore parla chiaro.

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