Sulla quota 103 del 2023 incombono i calcoli di quanto sia il taglio della pensione futura rinunciando ad andare in pensione fin dal momento in cui maturino i requisiti anagrafici e contributivi e continuando, pertanto, a lavorare. Contemporaneamente, rimanendo sul posto di lavoro si beneficia anche di un altro bonus, che è quello del taglio del cuneo fiscale del 6% e del 7% fino a dicembre 2023 (e atteso alla conferma anche nel 2024).

Sia il bonus per chi rimandi la pensione con quota 103 che il taglio del cuneo fiscale agiscono sui contributi previdenziali per la quota a carico del lavoratore, di norma del 9,19 per cento. Ma con le dovute differenze. Il bonus per la permanenza al lavoro, infatti, fa perdere contributi e quindi incide negativamente sulla pensione futura. 

Tuttavia, questo incentivo, è decurtato dal scontro contributivo sulle buste paga, motivo per il quale gli effetti negativi sono mitigati almeno fino alla fine del 2023

Quota 103, come si riduce la pensione con la rinuncia all’uscita subito e taglio del cuneo fiscale 2023 

Taglio del cuneo fiscale e bonus per rinuncia alle pensioni con quota 103 per chi raggiungesse i requisiti dell’età di 62 anni e di 41 anni di contribuenti a confronto in vista dell’assegno previdenziale futuro, ma anche dell’aumento immediato degli stipendi in busta paga. Lo sconto sui contributi a carico dei lavoratori alle dipendenze, in vigore per tutto il 2023 e da luglio a settembre con percentuali maggiorate dal 6% e del 7%, attenua gli effetti del bonus previsto per i lavoratori che maturino i requisiti di uscita con quota 103 ma che decidano di rimanere a lavoro, rimandando la pensione. 

Il bonus per chi rimanga al lavoro consente di ottenere uno stipendio netto in busta paga più alto per la quota di contributi a carico del lavoratore, ovvero per il 9,19 per cento. Ma i contributi non versati non risulteranno recuperati da incentivi statali come succede invece per il taglio del cuneo fiscale. Pertanto, chi si avvale del bonus per rimanere a lavoro, verserà meno contributi e ciò si rifletterà su una diminuzione della futura pensione, riduzione che non avviene con il taglio del cuneo fiscale i cui contributi dei lavoratori sono recuperati dalla risorse stanziate dallo Stato. 

Ne consegue che le due misure di incentivi devono essere integrate tra di loro, agendo entrambe sui contributi a carico del lavoratore alle dipendenze. 

Quota 103 pensione taglio contributi, a chi spetta e i calcoli da fare 

Nel caso del taglio del cuneo fiscale, come ricordato dall’Inps con la circolare numero 82 del 2023 di qualche giorno fa, il bonus per la ritardata uscita dal lavoro con quota 103 deve essere erogato al netto del taglio del cuneo fiscale, pari al 6% per i redditi da 25mila a 35mila euro all’anno lordi (pari a retribuzioni mensili da 1.923 a 2.692 euro lordi mensili), e al 7% per i redditi fino a 25mila euro all’anno lordi (o a retribuzioni mensili fino a 1.923 euro lordi).

Pertanto, rispetto all’aliquota di contributi a carico dei lavoratori alle dipendenze, l’incentivo sul rimando della pensione a quota 103 sarà pari al 3,19 per cento per i lavoratori con buste paga mensili fino a 1.923 euro e al 2,19 per cento per retribuzioni mensili lorde fino a 2.692 euro. 

Cosa succede alle pensioni se non si ha diritto agli sconti contributivi? 

I lavoratori che, invece, percepiscono redditi lordi superiori a 2.692 al mese, subiranno gli effetti pieni del bonus sulla permanenza a lavoro (in caso di attivazione), perdendo le quote dei contributi non versate e versate direttamente in busta paga. 

Il bonus sulla rinuncia all’uscita con quota 103 cessa nel momento in cui il contribuente diventi titolare di una pensione diretta oppure maturi i requisiti per la pensione di vecchiaia dei 67 anni di età.