Sulle pensioni anticipate delle lavoratrici, il ricalcolo dell’assegno futuro con il sistema contributivo tenderà ad annullare la penalizzazione nei prossimi anni. Ragione per la quale, uno dei maggiori dubbi delle lavoratrici nella scelta dello strumento per anticipare la pensione, non comporterà tagli del mensile tali da far decidere di continuare a lavorare in attesa di una formula di pensionamento più conveniente.
L’andamento delle pensioni con opzione donna arrivano dall’Inps che ha certificato come la riduzione dell’assegno di pensione con opzione donna sia sempre più irrilevante ai fini della scelta perché la percentuale di taglio tende ad annullarsi.
Tra il 2013 e il 2023, infatti, si è passati da una penalizzazione del 23 per cento all’8 per cento. Una riduzione che emerge da vari fattori e che, in attesa di novità sulla misura, potrebbe indirizzare sempre più le scelte delle lavoratrici verso l’uscita alla prima data utile. Nel caso dell’opzione donna, l’uscita sarebbe possibile già dai 60 anni di età.
Pensioni, ecco perché il ricalcolo dell’assegno di opzione donna tenderà ad annullarsi
Sulle pensioni con opzione donna, l’Istituto di previdenza, calcola che la penalizzazione del ricalcolo contributivo tende allo zero. Il calcolo arriva dal Rapporto annuale dell’Inps che ha sì certificato che le pensioni delle lavoratrici uscite con opzione donna siano del 40 per cento circa più basse rispetto agli assegni mensili maturati con altri sistemi di pensionamento (essenzialmente, pensione di vecchiaia e anticipata di soli contributi), ma che questa di differenza solo in minima parte sia attribuibile al ricalcolo contributivo.
Il ricalcolo della pensione delle lavoratrici in uscita con opzione donna è uno dei parametri richiesti dalla misura fin dai primi anni di sperimentazione. Insieme all’età (che inizialmente partiva dai 57 anni) e ai 35 anni di contributi, i criteri della misura consentono di uscire ben prima di altri strumenti, in particolare dopo che la riforma Fornero ha innalzato i requisiti della pensione di vecchiaia da 62 a 67 anni di età.
Tuttavia, mentre nei primi anni di sperimentazione il ricalcolo dei contributi costituiva un ostacolo nella scelta, adesso la quota di pensione calcolata con il contributivo pesa sempre di più. Di conseguenza, i contributi che le lavoratrici hanno versato durante il periodo del sistema retributivo o misto (anni ante 1° gennaio 1996) hanno un peso specifico sempre minore, andando sempre più a restringersi rispetto al maggior numero di anni di lavoro rientranti nel sistema contributivo.
Pensioni ricalcolo assegno, quale scegliere tra opzione donna, vecchiaia e anticipata?
Il risultato è che mentre fino a qualche anno fa le lavoratrici che andavano in pensione con l’opzione donna dovevano mettere in conto un taglio dell’assegno del 23%, adesso questo taglio pesa per il solo 8%. Tuttavia, gli assegni delle lavoratrici rimangono più bassi e anche di una percentuale consistente.
Confrontando la pensione dell’opzione donna con quella della pensione anticipata o di quella di vecchiaia, si ha una perdita del 40% circa. Le lavoratrici dipendenti private percepiscono un importo medio di 1.800 euro lordi per pensionamenti con vecchiaia e anticipata, rispetto ai circa 1.200 euro delle pensioni con opzione donna. La differenza tra i due importi è del 33,50%.
Quanto si perde di pensione?
Va meglio alle dipendenti del pubblico impiego la cui pensione è di 2.400 euro circa di media se con vecchiaia o anticipata, mentre con opzione donna è di poco più di 1.400 euro, pari al -41,3%. A perderci sono anche le autonome che, a fronte di circa 1.200 euro di pensione (con vecchiaia o anticipata), percepiscono 858 euro con l’opzione donna, e un perdita del 28%. Complessivamente, le pensioni delle donne sono di 1.946 euro se maturate con la vecchiaia o con l’anzianità contributiva, e di 1.171 euro se con l’opzione donna, una riduzione del 39,8%.
A determinare questa riduzione tra le due formule di pensionamento è, senza dubbio, il minor numero di anni di contributi versati con l’opzione donna e l’età più bassa (soprattutto in rapporto alla vecchiaia) di uscita dal lavoro.