Associazione di tipo mafioso, traffico di droga, abuso d’ufficio e corruzione: sono i contorni della maxi operazione condotta dai carabinieri del Ros in Sardegna, con 31 persone finite in manette. Le ordinanze di custodia cautelare sono emesse dal tribunale di Cagliari su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia locale.
Un blitz che ha reso necessaria una sinergia tra i militari dei Comandi Provinciali di tutta l’isola: da Cagliari a Nuoro, fino a Oristano e Sassari. Forze fresche sono giunte anche da Milano e Torino. Richiesto anche l’intervento degli elicotteri.
Agli indagati sono contestati, a vario titolo, i reati di associazione di tipo mafioso, associazione segreta, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, abuso d’ufficio, rivelazione di segreto d’ufficio, corruzione aggravata dal metodo mafioso, peculato e procurata inosservanza di pena aggravata dal metodo mafioso.
Tra i nomi in questione compare anche quello dell’ex assessora all’Agricoltura della Regione Sardegna, Gabriella Murgia. Ha fatto parte della giunta Solinas per circa quattro anni, prima di essere sostituita in fase di rimpasto. In carcere è finito anche un primario del Reparto di Terapia del dolore dell’ospedale Marino di Cagliari, il dottor Tomaso Cocco.
Un altro arrestato di spicco è Tonino Crissantu, nipote del famoso criminale sardo Graziano Mesina.
Operazione dei carabinieri in Sardegna, ipotesi presunte interferenze durante le elezioni
Secondo gli inquirenti, l’organizzazione criminale sgominata dai carabinieri “avrebbe interferito nell’attività delle amministrazioni pubbliche e procurato voti in occasione delle elezioni“. Una banda considerata affine all’Anonima Sequestri sarda, della quale proprio Mesina era uno dei più noti esponenti.
Sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori “l’operatività di un presunto gruppo dedito alla commissione di reati di varia natura“. I malviventi presidiavano l’intero territorio sardo, comandati da “personaggi locali di spicco” coadiuvati da “alcuni esponenti del mondo delle professioni e delle istituzioni“.
I rapporti tra le diverse componenti, in comunanza di scopi, avrebbero garantito di attingere, in caso di necessità al sostegno del sodalizio per ottenere presunti vantaggi di varia natura.
Secondo la procura, le infiltrazioni del sodalizio criminale avrebbero interessato “vasti settori della vita sociale dell’isola”, compresa l’amministrazione regionale. L’organizzazione avrebbe interferito “nei procedimenti decisori” dell’amministrazione, in particolare “nei settori dell’agricoltura e della sanità“.
Nel mirino presunti “incarichi pubblici, favori o altri interessi”, inclusi i voti alle elezioni, da elargire a “parenti” o “persone gradite al gruppo”. Ma anche il possibile favoreggiamento della latitanza di Mesina, arrestato nel 2021, e la complicità indiretta nel traffico di sostanze stupefacenti.
Maxi sequestro dei militari del Ros: denaro, armi e oltre 130 kg di marijuana
Nel corso del raid dei militari del Ros sono finite sotto sequestro ingenti somme di denaro contante, munizioni e oltre 130 kg di marijuana, pronta per essere spacciata in tutta Italia. Oltre ai 31 indagati, le autorità hanno denunciato in stato di libertà altre quattro persone, accusate di detenzione abusiva di armi, munizioni e sostanze stupefacenti.
Il lavoro delle forze dell’ordine fa da coronamento ad un’inchiesta che va avanti da più di tre anni. Tutto era cominciato nel gennaio 2020, sulla scia dell’indagine “Dama”: un’operazione condotta dal Ros tra il novembre 2018 e il dicembre 2019. Sul tavolo due ipotesi di associazioni dedite al traffico di droga: già il 7 luglio 2020 i carabinieri avevano eseguito altre 33 misure cautelari.
La droga veniva stoccata in masserie e ovili
Il sodalizio criminale gestiva le importazioni di cocaina sull’isola e le esportazioni di marijuana e hashish verso il Piemonte e la Lombardia. Proprio il Milanese era uno dei territori che richiedeva più droga all’organizzazione. Tra i principali promotori del traffico c’era proprio il nipote di Mesina, Tonino Crissantu, e un altro degli arrestati, di nome Nicolò Cossu.
Per restare al di sopra di ogni sospetto, i trafficanti stoccavano lo stupefacente in masserie e ovili. I giusti contatti nelle sedi istituzionali facevano il resto, attraverso uno scambio reciproco di favori.
Chi indaga ipotizza che parte dei proventi del traffico di droga sia servita per il sostentamento di Mesina, poi catturato nel dicembre 2021. Del resto, nel momento della cattura nel covo dell’ex criminale c’erano anche seimila euro in contanti.