Entro i prossimi 250 milioni di anni, il volto della Terra potrebbe subire trasformazioni drammatiche, di cui noi, a meno che non esista la reincarnazione, non dovremmo preoccuparci più di tanto. I continenti, così come li conosciamo, si uniranno per formare un nuovo supercontinente, denominato Pangea Ultima, alterando significativamente le condizioni climatiche e mettendo a rischio la sopravvivenza dei mammiferi, tra cui l’essere umano. Se non dovesse accadere nulla prima, sarà quello il momento in cui il genere umano procederà all’estinzione.
Con l’arrivo del Supercontinente clima mortale e desertificazione
La configurazione di Pangea Ultima potrebbe comportare l’emergere di condizioni climatiche estreme. Le temperature potrebbero crescere vertiginosamente, superando i limiti di tolleranza di molte specie animali. Le vaste aree interne del nuovo supercontinente, lontane dall’influenza moderatrice degli oceani, potrebbero trasformarsi in aridi deserti, impedendo le migrazioni e isolando le specie. Questo scenario climatico potrebbe anche favorire la trasformazione delle foreste in enormi produttori di CO2, amplificando il fenomeno dell’effetto serra.
L’impatto sulla biodiversità mammifera
Lo scenario delineato dagli studiosi suggerisce che solo l’8% di Pangea Ultima offrirà condizioni favorevoli alla vita dei mammiferi. La biodiversità si troverebbe quindi confinata nelle regioni costiere del nord e del sud del supercontinente, dove il clima potrebbe ancora permettere la sopravvivenza delle specie. Un tale scenario metterebbe a dura prova la resilienza della vita mammifera, che fino ad ora ha resistito a diverse estinzioni di massa e a fluttuazioni climatiche significative.
Nel Supercontinente l’adattamento è possibile?
Di fronte a un futuro così ostile, è lecito chiedersi se un adattamento evolutivo sia possibile. Gli studi indicano che i limiti di termotolleranza dei mammiferi sono rimasti relativamente stabili nel corso del tempo geologico. Inoltre, il rapido cambiamento delle condizioni climatiche potrebbe non lasciare il tempo necessario per l’adattamento delle specie, portando potenzialmente a una drastica riduzione della biodiversità.
La formazione di Pangea Ultima potrebbe anche intensificare l’attività vulcanica, contribuendo ad aumentare i livelli di anidride carbonica nell’atmosfera. Questo fenomeno renderebbe ancora più difficile la vita sulla Terra, lasciando la maggior parte del territorio del supercontinente sterile e inospitale.
La Pangea “Prima”
Per comprendere meglio le implicazioni di Pangea Ultima, è utile guardare al passato. Il precedente supercontinente, Pangea, si separò circa 200 milioni di anni fa, dando forma ai continenti attuali. La prevista formazione di Pangea Ultima rappresenta un ritorno a una configurazione terrestre passata, ma con conseguenze potenzialmente devastanti per la vita sulla Terra.
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Lo studio di punta, condotto da esperti quali Hannah Davies del Centro di ricerca tedesco per le geoscienze Gfz e Alexander Farnsworth dell’Università di Bristol, getta quindi una luce inquietante sul futuro della vita terrestre. La loro ricerca, pubblicata su Nature Geoscience, sottolinea la sfida senza precedenti che la natura dovrà affrontare nei millenni a venire. Ma parliamo appunto di millenni e di una naturale evoluzione del pianeta Terra, di cui siamo solo ospiti.
Placche tettoniche e formazione di supercontinenti
La crosta terrestre è composta da un insieme di placche tettoniche, la cui dinamica è regolata dai flussi del mantello sottostante. Questo eterno ballo geologico, ogni 400-600 milioni di anni, vede i continenti riunirsi e separarsi, dando forma a nuovi supercontinenti.
L’emergere di un supercontinente non è un evento innocuo per il clima terrestre, come abbiamo visto. Tali formazioni causano alterazioni significative, tra cui temperature estreme e climi aridi, similmente a quanto osservato in regioni come la Siberia e il Sahara. Ma non solo, la fusione dei continenti intensifica l’attività vulcanica, contribuendo all’aumento delle emissioni di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera.
Le simulazioni indicano un incremento termico tale da portare le temperature medie oltre i 40 gradi, creando condizioni estreme per la vita dei mammiferi.
L’intensificarsi della radiazione solare, stimato intorno al 2,5%, e l’aumento dei livelli di CO2, potrebbero ridurre drammaticamente le aree abitabili del pianeta. Le previsioni più severe indicano che solo l’8% della superficie di Pangea Ultima potrebbe essere ospitale per la maggior parte dei mammiferi, a fronte del 66% attuale.
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Verso l’estinzione di massa
Di fronte a queste alterazioni climatiche, un’estinzione di massa appare come un esito plausibile. Non solo la fauna, ma anche la flora potrebbero essere gravemente colpite. La storia geologica della Terra ci ricorda eventi simili, come l’estinzione del Permiano-Triassico, che segnò la fine di circa il 90% delle specie terrestri, in seguito alla formazione della Pangea.