L’uomo in questione, Bruno Modenese, era entrato volontariamente all’interno del reparto di Psichiatria dell’Ospedale Civile di Venezia. Il 45enne, però, non è più uscito: sono diversi i dubbi attorno alla sua morte, arrivata lo scorso lunedì 18 settembre per un arresto cardiaco. Le prime contestazioni sono arrivate dai familiari della vittima e i numerosi punti oscuri legati alla vicenda hanno spinto la pm ad aprire un’indagine, per ora rivolta a due infermieri del reparto.

Venezia, la versione ufficiale del decesso dell’uomo: morte per arresto cardiaco

La versione ufficiale diramata dall’Ospedale Civile di Venezia è morte per arresto cardiaco, tuttavia i familiari hanno trovato Modenese in condizioni critiche prima del decesso: naso e zigomo erano fratturati e l’uomo aveva un edema cerebrale, tanto da essere già stato trasferito nel reparto di rianimazione. Le prime dichiarazioni sono arrivate poi dal fratello della vittima, Emanuele:

“Ci hanno detto che poteva essere caduto in bagno, ma come può una persona inciampare, rompersi tutta la faccia e avere la testa piena di sangue? Bruno era una persona buona e socievole, però a volte era pieno di pensieri. Lui stesso aveva deciso di farsi ricoverare perché non dormiva da giorni, ma è salito in ambulanza con le sue gambe”

Il fratello prosegue nella testimonianza affermando che in passato era già stato ricoverato una volta, ma dal quel momento erano trascorsi 19 anni:

“Sabato sera Bruno aveva detto ai miei che si sentiva molto confuso e siccome non dormiva da tanti giorni mio padre si è preoccupato e ha pensato che era meglio se veniva ricoverato. A quel punto si era tranquillizzato e lui stesso aveva deciso che era meglio se si faceva ricoverare. Quindi è andato con le sue gambe e con il suo consenso”.

È da quel momento, però, che si perdono le tracce dell’uomo. Il giorno seguente è il padre a recarsi al reparto per lasciare una borsa con i vestiti di ricambio ma comunicano subito che il paziente non può ricevere visite. Considerando la situazione del figlio, privo di sonno da giorni, il padre torna a casa e nelle ore successive tutta la famiglia prova a contattare il reparto.

A questo punto però arrivano le prime notizie poco rassicuranti: inizialmente viene comunicata l’intubazione del figlio per problemi respiratori e in seguito il suo trasporto in rianimazione. Le insistenze telefoniche dei famigliari divengono una visita diretta al reparto per chiedere informazioni riguardo al fratello. Dopo parecchia insistenza, viene concessa la visita ma Modenesi è irriconoscibile:

“È entrato con le sue gambe e di sua spontanea volontà, senza un graffio ed è morto con la testa spaccata. Vogliamo sapere la verità”.

Venezia, sono due gli indagati per la morte di Modenesi

L’ospedale veneziano ha subito espresso le proprie condoglianze ai parenti della vittima e aperto a sua volta un’indagine interna per capire le dinamiche del caso. Un atto dovuto anche a seguito dell’azione intrapresa dalla pm Daniela Moroni, che ha iscritto tra gli indagati due infermieri in servizio in quel frangente (un 19enne e un 45enne). L’ipotesi portata avanti è quella di omicidio preterintenzionale: non è escluso, infatti, che Modenese sia stato picchiato fino a causargli danni irreparabili.

Vicende come questa non sono una novità per la realtà italiana, dove sono tristemente noti altre violenze commesse anche da parte delle forze dell’ordine, ragion per cui è stato introdotto il discusso reato di tortura, ancora oggi divisivo nel paese. La violenza che si esercita sistematicamente mette in luce un problema sistemico che sembra però non essere solo delle forze dell’ordine ma anche di infermieri all’interno di ospedali o RSA. Per poter chiarire meglio la vicenda è stata disposta un’autopsia al corpo di Modenesi, anche se ora sarà necessario attendere almeno 60 giorni prima di ricevere le prime conclusioni.