Il giudice Alfonso Sabella chiude la porta all’ipotesi di un erede di Matteo Messina Denaro all’interno di Cosa nostra. Il pm, oggi di stanza al tribunale di Napoli, è stato sostituto procuratore di Gian Carlo Caselli al pool antimafia di Palermo.
Durante i suoi anni all’ufficio giudiziario palermitano, le forze dell’ordine arrestarono decine di mafiosi. Tra loro spiccano i nomi dei latitanti Leoluca Bagarella, Giovanni ed Enzo Brusca, Pietro Aglieri. Il magistrato, dall’alto della sua esperienza, non ha dubbi: Messina Denaro aveva “allentato un po’ le difese”.
Lo hanno tradito il tumore e la bravura degli investigatori.
In un’intervista a La Stampa, Sabella allontana tuttavia l’ipotesi che il superlatitante si sia consegnato sua sponte.
Cazzate, non mi vergogno a dirlo. Nella storia di Cosa nostra mi sono capitati pochissimi che si siano fatti trovare. Tendenzialmente erano coloro che sapevano che Cosa nostra li avrebbe ammazzati. E non sono certo quelli, come lui, che venendo arrestati consegnano di fatto allo Stato la rete di più stretta di chi lo ha protetto: la sua famiglia per capirci.
Erede Messina Denaro, Sabella: “Qualcuno occuperà il suo posto solo nominalmente”
Scomparso lo stragista di Castelvetrano, sottolinea il giudice, “muore uno degli ultimi tre soggetti in grado di rivelare a questo Paese che cosa sia realmente accaduto dalla strage di Capaci a quelle continentali di Firenze, Milano e Roma”.
Una posizione più nell’ombra, nel momento in cui, come “Capo dei capi”, sarebbe stato “iper-esposto con tutte le conseguenze del caso”. Una chiosa finale sul possibile erede del superboss. Esiste qualcuno alla sua altezza? Su questo punto Sabella a le idee molto chiare.
Al momento credo che nessuno possa replicare il suo livello criminale. Qualcuno nominalmente occuperà il suo posto, ma non a lui paragonabile. E poi l’asse centrale dell’organizzazione non è da tempo riconducibile al gruppo corleonese. È di nuovo a Palermo.
Parole che giustificano anche l’idea di Sabella in merito al fatto che Messina Denaro non si possa considerare “il capo di Cosa nostra”:
Da questo punto di vista mi permetta di dire che forse è stato un po’ mitizzato. Peraltro è stata una sua scelta non diventare il numero uno dei Corleonesi. Ha ritenuto di mettersi in attesa, si è rintanato nel mandamento di Trapani, suo territorio di elezione dove si sentiva, ed era, realmente protetto, ha stretto un rapporto di non belligeranza con Bernardo Provenzano e allo stesso tempo un’opera di sommersione criminale.
Una visione che è stata poi ripresa in giornata da Rita Della Chiesa che ha voluto opporsi fermamente contro l’idea di una mitizzazione del defunto latitante di Cosa Nostra, sottolineandone gli aspetti più macabri. Nel ricordare il dolore per la scomparsa di suo padre definito come “un uomo di Stato che credeva nelle istituzioni”, l’attuale vicepresidente dei deputati di Forza Italia ha affermato:
Vorrei non sentire più parlare di Messina Denaro come una leggenda. È una profonda mancanza di rispetto nei confronti di quelli che hanno sofferto a causa sua e delle persone come lui. Purtroppo ci sono registi, scrittori, fiction che hanno creato i miti dell’uomo di mafia e di camorra, che ha belle macchine, belle donne.