Con Matteo Messina Denaro muore l’ultimo boss della mafia – o come si definiva lui – l’ultimo dei corleonesi. Quando si pensa alla mafia l’associazione che sorge più spontanea è sicuramente quella legata a libri, film, canzoni, storie. Corleone in questo meccanismo di brainstorming è la città che viene subito alla mente. Il clan dei corleonesi è nato lì. Tag24 ha intervistato Nicolò Nicolosi, il sindaco di Corleone, per sapere qual è stata la reazione a caldo dei siciliani in merito alla morte del boss. Corleone è ancora legata alla mafia? Castelvetrano – terra di origine di Messina Denaro – rischia di diventare un nuovo simbolo?
Il sindaco di Corleone Nicolosi sulla morte di Matteo Messina Denaro
La notizia della morte dell‘ultimo dei boss della mafia, Matteo Messina Denaro, in questi giorni ha catturato l’attenzione di tutte le principali testate giornalistiche italiane e internazionali. Cosa ne pensa il popolo siciliano? Tag24 ha intervistato Nicolò Nicolosi, il sindaco di Corleone, per scoprire qual è davvero l’aria che tira.
D: Qual è la situazione a Corleone a proposito della scomparsa di Matteo Messina Denaro?
R: Qui sembra come se non sia successo niente. E’ vero che c’è un’appartenenza storica di questo personaggio alla mafia di Corleone, associato a Riina e Provenzano, però localmente – aldilà degli ambienti legati alla mafia – la vicenda non è mai stata accolta dai corleonesi come qualcosa che la riguardasse, tranne per il collegamento con gli altri malavitosi.
D: Lei in precedenza ha dipinto Messina Denaro come un uomo che “ha fatto molto male alla Sicilia”, la pensa ancora così?
R: Questo sicuramente. E’ una di quelle figure ignobili che ha danneggiato moltissimo la Sicilia, insieme agli altri di Corleone con i quali ha costruito la loro associazione, il loro potere. Da questo punto di vista devo dire che la sua scomparsa è una liberazione. Finalmente la nostra terra – a maggior ragione del fatto che lui si descriveva come l’ultimo dei corleonesi – si libera da questo elemento. Deceduti o in galera, per fortuna ce ne siamo liberati. Noi abbiamo bisogno di lasciarci alle spalle queste vicende: sono state un tormento. Hanno inciso tristemente sullo sviluppo delle nostre comunità. Qui abbiamo sofferto tantissimo la presenza della mafia, che ha impedito la crescita e lo sviluppo della nostra società.
Corleone contro i gadget sui traghetti: “Siamo stanchi, via la mafia dalla Sicilia”
Corleone nell’immaginario collettivo rappresenta la patria della mafia. Cinema, libri, serie tv sulla criminalità organizzata, tutto parte da Corleone, la città che ha dato i natali alla famiglia originaria. Il clan di Cosa Nostra è radicato in quel territorio: Luciano Liggio, Totò Riina, Bernardo Provenzano e Leoluca Bagarella sono stati i boss più potenti di sempre e tutti avevano in comune il fatto che provenivano da lì. Come può un passato così forte essere cancellato? E’ possibile fare un salto verso un futuro libero dalla mafia? Lo abbiamo chiesto al sindaco Nicolò Nicolosi.
D: Qual è secondo lei il valore aggiunto che una terra come Corleone può dare nella lotta alla mafia?
R: Il nostro contributo è il modo in cui riusciamo a drenare questo fenomeno. A Corleone stiamo preparando un convegno per la fine di ottobre, “Via la mafia dalla Sicilia”, dove parleremo proprio della voglia di allontanare questo fenomeno, della gestione dei beni confiscati. La mafia deve diventare solo un fenomeno di folklore.
D: A proposito di folklore sulla vicenda dei gadget venduti nei traghetti da Messina a Villa San Giovanni, è un fenomeno che macchia la reputazione della Sicilia? Chi si batte per cancellare la memoria mafiosa come vive questa situazione?
R: Se i territori si interessano al fenomeno mafioso bisogna che tutti si impegnino a contrastarlo. La decisione di impedire la vendita di quei gadget sui traghetti è una svolta importante. Noi dobbiamo arrivare al punto che il fenomeno mafioso diventi qualcosa a cui guardare da lontano. Noi, la Sicilia, con la mafia non ci vogliamo avere più niente a che fare. Via la mafia dalla Sicilia ora e per sempre. Ma ci serve l’aiuto dello Stato, deve esserci una dislocazione attenta ed efficiente in tutti i territori. Bisogna far dimenticare alla gente i tempi in cui quelli comandavano, pensando che fossero meglio dello stato. I problemi vanno risolti dallo Stato e dalle pubbliche amministrazioni, anche e soprattutto qui in Sicilia. La mia è una chiamata alla responsabilità dello Stato, non dobbiamo essere dimenticati.
Castelvetrano rischia di diventare la nuova Corleone nell’immaginario collettivo?
Cosa Nostra ha ispirato “Il Padrino” di Mario Puzo, il celebre romanzo pubblicato nel 1969 negli USA, che narra proprio le vicende di una famiglia mafiosa di origine siciliana emigrata in America.
La trilogia de “il Padrino” di Francis Ford Coppola, grazie allo stesso spunto, è diventata la serie di film che per antonomasia parla di criminalità organizzata. Il personaggio di don Vito Corleone, interpretato dalla star del cinema Marlon Brando, ha contribuito a scavare nella testa delle persone quello che è lo stereotipo tradizionale del mafioso per eccellenza: il contadino, l’emigrante che – con tanto di coppola e all’occasione vestiti eleganti – è riuscito a barcamenarsi tra le difficoltà della vita, grazie al crimine e all’astuzia, rendendo l’illegalità motivo di vanto e di derisione delle regole dello stato.
Il rischio oggi, dopo la morte di Messina Denaro, è che anche la patria dell’ultimo boss, Castelvetrano, si trasformi in un simbolo, una sorta di luogo di culto per chi subisce il fascino storico-narrativo delle vicende legate al fenomeno mafioso.
Il sindaco di Corleone Nicolò Nicolosi a proposito di questo stereotipo, del legame apparentemente indissolubile tra la Sicilia e la mafia ha dichiarato:
“Siamo stanchi, non vogliamo più che si riproponga in futuro. Lo lasciamo alle spalle, lo vogliamo rilegare al passato e guardare avanti. Noi siciliani vogliamo dare speranza alle nuove generazioni, ponendoci come un esempio di lotta alla mafia, per abbatterla e lasciarcela alla spalle per sempre. E’ un fenomeno che va dimenticato, va riposto nella memoria, al punto che quando qualcuno un giorno si chiederà cosa c’entra la Sicilia con la mafia saremo liberi di sorridere rispondendo con un niente”.