I tre scenari della riforma delle pensioni 2024. È tempo di fare i conti con la realtà. Si intravede “a occhio nudo” una “bomba sociale” troppo legata alla legge Fornero e alla riforma Dini, che mina (ancora una volta) le prospettive previdenziali future degli italiani. Tra qualche giorno arriverà sul tavolo del Consiglio dei ministri la Nota di aggiornamento del Def, che segnerà il perimetro della legge di Bilancio 2024. Il mosaico previdenziale su Quota 103, Opzione donna, Ape sociale, pensione part time e altre ipotesi si sta per chiudere. Vediamo insieme i tre aspetti principali del pensionamento anticipato del 2024.

Riforma delle Pensioni 2024 scenari

La prossima manovra finanziaria dovrebbe raggiungere i 30 miliardi di euro, ma non si esclude fortemente che si possa arrivare a sfiorare i 20 miliardi. Sicuramente, saranno confermate diverse misure, come il taglio del cuneo fiscale, il taglio dell’IRPEF, il quadro delle pensioni, i fondi per il Ponte sullo Stretto e altri interventi minori.

Sul fronte previdenziale dovrebbero arrivare 1,5 miliardi, una somma esigua per garantire parte degli interventi previsti in campagna elettorale. La coperta è sempre troppo corta, e il governo punta a ottenere almeno un risultato soddisfacente. Di certo, sarà necessario smussare diversi vincoli imposti dall’Unione Europea.

Per comprendere esattamente l’andamento previdenziale futuro, è necessario fare un passo indietro fino all’istituzione della Quota 103 e considerare gli interventi che hanno rimodulato l’Ape sociale e l’Opzione donna fino al 31 dicembre 2023.

Il problema delle pensioni per il 2023 non è stato risolto; anzi, rimane tutt’ora una “bomba a orologeria” troppo legata alla legge Fornero, che limita diversi interventi. A rischio c’è il criterio di anticipo flessibile d’uscita a 62, 63 o 64 anni. L’impatto sui conti è elevato, e mancano misure strutturali.

Per i lavoratori, ciò significa veder svanire la flessibilità d’uscita necessaria a contrastare i vincoli della legge Fornero, la realizzazione di interventi per una pensione dignitosa per i giovani e la considerazione delle esigenze delle donne, a cui manca un percorso preferenziale di accesso alla pensione, e molti altri aspetti legati alla previdenza complementare.

Pensioni, così resta il caposaldo Fornero

 La riforma Dini del 1995 ha introdotto il sistema contributivo per il calcolo delle pensioni, in sostituzione del sistema retributivo in vigore negli anni ’60, molto più vantaggioso per i lavoratori.

Successivamente, sono state introdotte nuove misure e ulteriori aggiustamenti al sistema previdenziale, con una sequela tipica di cambiamenti come in una “fisarmonica”. Tanto che tutt’oggi, l’età di accesso alla pensione si alza o si abbassa in linea con l’aspettativa di vita.

Il punto principale resta quello di disinnescare la possibile “bomba a orologeria” legata alla riforma Dini e alla legge Fornero. Interventi decisivi per chi passa esclusivamente al sistema contributivo e trova come unica opzione l’uscita a 67 anni di età.

I lavoratori che si trovano completamente nel sistema contributivo, ovvero coloro che hanno un’anzianità contributiva dopo il 1996, rischiano di andare in pensione più tardi e con una pensione bassa e del tutto inadeguata all’aspettativa di vita.

Sicuramente, attivare i fondi per la pensione complementare potrebbe essere la soluzione ideale, così si otterrebbe la pensione e una rendita suppletiva. Tuttavia, carriere discontinue e stipendi bassi non permettono a tutti di sostenere gli oneri legati ai fondi complementari.

 Chi può andare in pensione prima dei 67 anni di età?

 Questo non è l’unico problema previdenziale, ma è indispensabile considerare anche altri fattori nuovi, tra cui: la natalità, l’occupazione e il rapporto tra occupati e pensionati.

Dopo gli effetti della pandemia, il PIL è ritornato a percentuali considerevoli, il che fa presumere un ridimensionamento del sistema che potrebbe impattare sull’occupazione.

Per questo motivo, si presenta l’urgenza di rivedere nuovamente gli effetti prodotti dalla curva demografica, la curva migratoria e molti altri fattori. Ed è questo il motivo principale per cui l’INPS ha consigliato di rivedere l’importo degli assegni “per chi vive di più”.

Nel corso degli anni non è mai stata superata la legge Fornero, nonostante l’introduzione delle misure Quota 100, 102 e 103.

I paletti della riforma “lacrime e sangue” sono ancora in vigore e portano l’età della pensione di vecchiaia a 67 anni. Le quote pensionistiche sono state introdotte per garantire un’uscita flessibile per i lavoratori con particolari condizioni.

Riforma pensioni 2024 gli scenari possibili per andare in pensione prima?

Esistono almeno tre distinti scenari possibili per la riforma delle pensioni del 2024 sulle misure da rinnovare. I fortunati che hanno una carriera lavorativa di almeno 41 anni possono ritirarsi dal lavoro a 62 anni con la Quota 103, entro il 31 dicembre 2023.

Per coloro che rientrano nelle categorie meritevoli di tutela, resta attiva l’Ape sociale con un’uscita a 63 anni di età e almeno 30 anni di contributi, entro il 31 dicembre 2023. Anche l’Opzione donna è stata ridimensionata a 60 anni con 35 anni di contributi ed è legata alla categoria di tutela.

Per superare la legge Fornero, ovvero l’uscita a 67 anni di età, la soluzione passa per l’introduzione di un’uscita flessibile per l’accesso alla pensione. Nelle ultime settimane, molte proposte sono circolate riguardo al ritiro a 62, 63 o 64 anni, o alla pensione part-time, con diverse previsioni sui costi.

È possibile che per le lavoratrici si attivi un meccanismo simile a quello dell’Ape sociale, la cui età di accesso all’anticipo potrebbe essere fissata a 60 anni.

Sicuramente, il pacchetto delle misure per il 2024 e per gli anni successivi dovrebbe rendere più appetibile l’accesso alla pensione, con un quadro previdenziale ampliato per i più giovani che rischiano di pagare a caro prezzo il passaggio al sistema contributivo in modo integrale.