L’Unicusano esplora il mondo del lavoro in Italia, analizzando la situazione psico-professionale dei giovani. Ben 9 lavoratori su 10 si ritengono ad oggi insoddisfatti della loro vita professionale e il 97% lascia il posto senza avere un secondo piano a cui potersi agganciare.

Inoltre, il 77% degli occupati Under 35 rinuncia ad avere una carriera e lo stesso vale per le donne.
In continuo aumento sono le situazioni di burnout o di Great Resignation.

E si arriva quindi all’esplosione del fenomeno che vede come protagonisti i nomadi digitali che adesso sono 35 milioni in tutto il mondo. Per loro, si arriva praticamente ad un valore di 787 miliardi di euro. Secondo questi studi, la maggior parte dei giovani con meno di 27 anni preferisce rinunciare al contratto e avere più libertà personale.

Nomadi digitali, chi sono?

I ragazzi trovano al momento rifugio nel nomadismo digitale e vengono comunemente identificati come “figli della crisi del 2008”. Cercano maggiore libertà tra spazio e tempo gestito secondo i loro schemi, le loro passioni e i loro talenti.

In tutto il mondo, se ne rilevano circa 25 milioni: un valore economico di 787 miliardi di dollari.

I loro lavoro si svolge per lo più da remoto, e in uno stato di maggior benessere e serenità. Lo studio Unicusano rileva un 85% di situazioni in cui il sorriso è tra le assolute priorità di questa categoria di lavoratori.

Risponde così il mondo dei giovani ad una precarietà sempre più frequente e ad un universo lavorativo che ancora non mostra la premura di tutelare il valore dell’identità e dell’emotività non soltanto degli occupati ma, in primo luogo, delle persone.

“Great resignation” cos’è e perché tanti giovani si dimettono?

Lo studio dell’Unicusano ha approfondito i fenomeni di Job-creep e quiet quitting , studiando quella che negli USA viene chiamata Great Resignation.

Se dalle statistiche Istat del 2022 si registravano 25 milioni di occupati, tra lavoratori autonomi e indipendenti, pare che solo l’11% di questi sia riuscito a raggiungere una situazione di equilibrio psico-fisico. Si tratta circa di meno di tre milioni di persone in tutto.

A colpire profondamente sulla base dei dati di questa indagine, è l’ambito psicologico in cui vivono i lavoratori: la condizione di burnout. L’esaurimento fisico e nervoso in cui si rilevano tante difficoltà emotive e mentali, che nasce e cresce proprio sul posto di lavoro. Questa condizione di profondo malessere ha colpito la salute di circa cinque italiani su dieci.

Moltissimi italiani danno le loro dimissioni e il fenomeno vede coinvolti soprattutto gli Under 35 con una stima del 43%.

Ma quali sono le motivazioni più diffuse che portano i lavoratori a lasciare il posto? Si parla per lo più, anche qui, di stato psicologico ed economico. Si cercano nel complesso delle situazioni che possano portare ad un risultato più soddisfacente.

Un altro degli evidenti desideri rilevati dallo studio è senza dubbio la flessibilità dell’orario e la possibilità di rompere i rapporti con i colleghi, che alle volte possono rivelarsi troppo soffocanti.

Gli occupati necessitano di equilibri diversi tra vita privata e professionale, stanchi di una routine iper competitiva, veloce, digitalizzata al massimo.

Quiet quitting

Con il termine “Quiet quitting” si fa riferimento ad una sorta di “abbandono silenzioso” della sfera lavorativa.

Più di due milioni di occupati fanno il minimo indispensabile in ambito professionale. Non si sentono riconosciuti a livello di meritocrazia, valorizzati, entusiasti o coinvolti emotivamente sul posto di lavoro. Inoltre, non portano avanti gli ideali o i valori promossi dalla loro azienda.

Job creep

Altro fenomeno ben approfondito da questo studio di Unicusano è il “Job creep“. Il 6% delle persone in Italia si sente completamente schiacciato dal mondo del lavoro, tanto che non si riconosce più un confine tra la sfera della vita pubblica e quella privata.

I giovani tra i 24 e i 35 anni (chiamati dagli economisti la flow generation) sono i protagonisti assoluti delle Grandi Dimissioni. Si tratta di una categoria ormai lontana dall’idea del lavoro a tempo determinato.

Una generazione di lavoratori che si prepara al futuro digitale, alla sfida mutevole di un futuro incerto e all’adattamento di fronte ad esigenze che si rivelano essere sempre in continuo cambiamento.