È attesa nella giornata odierna la nave di Emergency nel porto di Ravenna: a bordo 28 naufraghi, soccorsi nelle acque maltesi giovedì scorso. Emanuele Nannini, a bordo della Life Support, ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito all’assegnazione di un porto così distante:

“Al momento del soccorso i 28 naufraghi si trovavano molto lontano da ogni costa e il loro motore non funzionava. Il gommone era in condizioni molto precarie di navigabilità, non sarebbero mai riusciti ad arrivare in un porto sicuro da soli. Purtroppo abbiamo ricevuto l’informazione che l’Mrcc italiano ci aveva assegnato il porto di Ravenna e che non potevamo effettuare ulteriori soccorsi nonostante la nostra nave avesse ancora capacità per accogliere altri naufraghi a bordo”.

Migranti, nuovi arrivi: in 28 pronti a sbarcare a Ravenna

Al momento la situazione a Lampedusa sembra essere gestibile: dopo i trasferimenti degli ultimi giorni negli altri hotspot italiani, sull’isola sono rimasti 152 migranti, di cui 128 minori non accompagnati. Ragion per cui, probabilmente, il capomissione della Life Support, Nannini, rincara la dose, definendo inaccettabile l’assegnazione di porti così lontani e costringere i migranti a nuovi giorni di navigazione.

“Ravenna è a più di quattro giorni di navigazione dal punto in cui è stato effettuato il soccorso. Inoltre, sono quattro ulteriori giorni per le 28 persone soccorso che erano già in acqua da 48 ore. È inspiegabile che ci vengano assegnati porti così lontani, soprattutto quando non ci sono altre navi di soccorso nella zona operativa. La scusa del governo per assegnarci questo posto è di non mettere in difficoltà i porti italiani, ma ci sembra difficile che 28 persone possano mettere in difficoltà qualsiasi porto, dalla Sicilia all’Italia all’Italia settentrionale”.

Migranti, nuovi arrivi da Libia e Siria

Tra le persone soccorse in mare dalla nave di Emergency ci sono 9 donne e 8 bambini, di cui uno senza accompagnamento. I paesi da cui provengono sono Siria e Libia, situazioni attraversate da conflitti endemici e in cui si commettono abusi dei diritti umani. Oltre a questo, in Libia, la situazione si è ancor più aggravata a causa delle recenti alluvioni che hanno messo in ginocchio il paese, con diverse migliaia di morti e una quantità difficilmente calcolabile di dispersi e di danni materiali.

Alcune dichiarazioni sono arrivate dagli stessi migranti, in particolare M.F., un 34enne siriano che ora è a bordo della Life Support:

“Ci sono molti gruppi criminali in Libia che imprigionano le persone e chiedono riscatti per liberarle, non ci considerano come esseri umani ma come merci. Conoscono solo il valore del denaro. Circa due ore dopo la partenza, la chiglia ha iniziato a creparsi. Abbiamo tutti temuto per la nostra vita, ma non potevamo tornare indietro. Saremmo stati arrestati dalle milizie libiche. Ci avrebbero chiesto altri soldi per essere liberati, ma avevamo già speso tutto quello che avevamo per riuscire a lasciare la Siria e imbarcarci. Ci hanno detto che in 15 ore saremmo arrivati a terra, invece dopo 30 ore stavamo ancora navigando quando la turbina del motore si è staccata ed è affondata in mare. Siamo stati per ore alla deriva nel mezzo del Mediterraneo.”