Pensioni con quota 103, l’Inps ha emanato una nuova circolare nella giornata di ieri, 22 settembre, nella quale rileva che chi abbia maturato i requisiti di uscita e rinunciato a lasciare il lavoro, ha diritto al bonus in busta paga, con decorrenza dalla prima data utile di aprile scorso e, pertanto, in modalità retroattiva. L’esonero contributivo, che finisce nel cedolino a scelta del lavoratore, decorre quindi dalla prima data utile per la pensione.
Il governo guidato da Giorgia Meloni aveva previsto l’incentivo per rimanere a lavoro, nonostante la maturazione dei requisiti di quota 103, nella legge di Bilancio 2023, provvedimento che aveva istituito la stessa nuova formula di pensione. Al perfezionamento dell’età di 62 anni e di 41 anni di contributi, i lavoratori possono scegliere (fino al 31 dicembre 2023, salvo proroghe per il prossimo anno), di rimanere a lavoro.
Rinunciando a uscire, i dipendenti possono richiedere il cosiddetto “bonus Maroni” che incrementa lo stipendio mediante il versamento dei contributi a carico del lavoratore.
Pensioni quota 103, nuova circolare Inps: per chi rinuncia a uscire dal lavoro, il bonus è retroattivo
Arrivano novità sulle pensioni e sulla quota 103, con annessi gli incentivi per rinunciare ad uscire dal lavoro. Il “bonus Maroni”, ovvero l’incentivo per posticipare il pensionamento dei lavoratori alle dipendenze che abbiano maturato i 62 anni di età e i 41 anni di contributi richiesti per il 2023, è oggetto di nuovi chiarimenti nella circolare dell’Inps numero 82 di ieri, 22 settembre.
Per effetto di quanto chiarisce l’Istituto di previdenza, i lavoratori alle dipendenze che abbiano maturato i parametri della quota 103 possono rinunciare all’accredito dei contributi della quota a proprio carico, inerenti l’assicurazione generale obbligatoria per la vecchiaia, l’invalidità e i superstiti.
Pensioni quota 103, bonus contributivo: ecco come aumentano gli stipendi
Di conseguenza, i datori di lavoro non sono obbligati a versare tali contributi per la quota a carico dei lavoratori (di norma, il 9,19%), limitandosi al pagamento dei soli contributi a proprio carico.
I datori di lavoro, pertanto, sono sollevati dall’obbligo di versamento dei contributi a partire dalla prima data di decorrenza della pensione che può coincidere con la mensilità di aprile 2023. Di conseguenza, i datori di lavoro possono procedere a versare interamente la quota di contributi al lavoratore dipendente anziché effettuare il pagamento all’Istituto di previdenza.
Versamento contributi per chi sceglie di rimanere a lavoro, come funziona?
La quota dei contributi a carico del lavoratore va ad aumentare l’importo netto in busta paga mensile. Considerando che questo beneficio poteva essere richiesto a partire dal 1° aprile scorso, i dipendenti che abbiano inoltrato l’istanza di rinuncia dell’accredito dei contributi entro la fine dello scorso mese di luglio – avendo maturato i requisiti della quota 103 – possono richiedere che la rinuncia stessa produca gli effetti già da aprile scorso, ovvero dalla prima decorrenza utile delle pensioni a quota 103. Nei rimanenti casi, gli effetti della rinuncia fanno riferimento al primo giorno del mese susseguente a quello della domanda.
Pertanto, nei confronti del lavoratore che abbia rinunciato ad andare in pensione con quota 103, il datore di lavoro deve versare i contributi a proprio carico e non la quota contributiva spettante al lavoratore. Quest’ultimo avrà una riduzione dei contributi versati e un aumento dell’importo netto della busta paga, nonché un incremento dell’imponibile fiscale.