Il 23 settembre di 38 anni fa, tutti i notiziari italiani riportavano la notizia dell’omicidio di Giancarlo Siani e per la prima volta un giornalista finiva del mirino della camorra, “ritenuto ‘colpevole’ di aver indagato nel sottobosco criminale alla ricerca di collusioni tra criminalità organizzata e le amministrazioni locali“: queste le parole della presidente del Consiglio Giorgia Meloni che, nell’anniversario della morte del giornalista, istituisce un parallelismo tra la provincia di Napoli di Siani e la Caivano di oggi.

Siani sulle colonne de “Il Mattino” aveva descritto le criticità della sua provincia, sempre, però, con la convinzione “che il destino di quei territori non fosse segnato“; allo stesso modo non è, e non dev’essere, “segnato il destino di Caivano, uno dei tanti territori italiani dove lo Stato ha smesso semplicemente di fare il suo lavoro e di adempiere ai suoi doveri“.

Caivano, Meloni: “Non sarà un cammino semplice, ma lo faremo nel nome di Siani”

Il giovane Siani si era esposto denunciando l’attività di alcune cosche criminali e la loro espansione economica, le infiltrazioni camorriste nella vita politica e negli appalti pubblici per la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto dell’Irpinia del 1980 nei dintorni del Vesuvio. L’attribuzione ai fratelli Nuvoletta, a capo del clan camorristico di Torre Annunziata, della soffiata che aveva consentito ai Carabinieri di arrivare al boss Valentino Gionta ha costituito la sua condanna nel 1985.

Il 15 aprile 1997 la seconda sezione della Corte d’Assise di Napoli ha condannato all’ergastolo i mandanti dell’omicidio di Siani, Lorenzo e Angelo Nuvoletta, Valentino Gionta e Luigi Baccante, e gli esecutori, Ciro Cappuccio e Armando Del Core. La sentenza è stata confermata dalla Cassazione, che però ha deciso il rinvio ad altra Corte d’Assise d’Appello per Gionta. Il 29 settembre 2003, a seguito del secondo processo di appello, Gionta è stato di nuovo condannato all’ergastolo, mentre il giudizio definitivo della Cassazione lo ha scagionato per non aver commesso il fatto.

Intende dunque inserirsi in questo solco la linea dura e repressiva di Meloni, la quale non “non sarà un cammino semplice“. Continua poi la premier:

Caivano deve diventare un modello, da esportare nel resto d’Italia. Stiamo concentrando l’attività del governo e di tutti i livelli istituzionali per dimostrare che, se lo Stato ci mette determinazione, forza e costanza, le cose possono cambiare davvero. Non sarà un cammino semplice, ma io credo che una politica seria debba mettere la faccia sulle cose difficili invece che su quelle facili. Saremo lì, a Caivano e in tutta Italia – conclude -, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese. Lo faremo anche nel nome di Giancarlo Siani e del suo insegnamento: mai in ginocchio, sempre in piedi’

L’obiettivo della presidente sarebbe quello di rendere Caivano un modello da esportare in tutta Italia, basato – stando alle parole della Presidente – su educazione, aggregazione, formazione e legalità:

I cittadini di Caivano, e di tutte le zone franche della nostra Nazione hanno il diritto di pretendere che lo Stato torni ad assumersi le proprie responsabilità. Lo Stato deve tornare a fare lo Stato. Non deve più indietreggiare. Deve rispondere colpo su colpo alle ‘paranze’, agli atti intimidatori e a chi vorrebbe che a Caivano non cambiasse nulla.