Due panetterie ad Arezzo sono finite al centro delle polemiche a causa di alcune buste usate per imbustare il pane da loro venduto. Su queste erano stampate la “preghiera del pane” pubblicata per la prima volta sul “Popolo d’Italia” del 25 marzo 1928, giornale ai tempi diretto da Benito Mussolini. I gestori delle panetterie si difendono dicendo: “Avevamo già queste buste e le abbiamo tenute”.
Cosa hanno detto i gestori delle due panetterie di Arezzo e perché hanno usato la “preghiera” di Mussolini
La decisione di utilizzare la citazione di Mussolini sulle buste del pane da parte di due panifici ad Arezzo ha sollevato diverse reazioni ed è stata oggetto di dibattito. Alcuni cittadini hanno espresso la loro indignazione, ritenendo che l’utilizzo di una citazione di Mussolini, dittatore fascista italiano, fosse inaccettabile.
D’altra parte, i proprietari dei panifici hanno giustificato la scelta sostenendo che le buste erano già nei negozi quando li avevano acquistati e che le avevano semplicemente usate senza pensarci troppo. Hanno anche affermato di non essere a conoscenza dell’origine della citazione. I due negozi si trovano nel popoloso quartiere di Pescaiola e nella zona, altrettanto popolare, di via della Chimera.
La preghiera è questa:
Amate il pane /cuore della casa /profumo della mensa /Onorate il pane /gloria dei campi /fragranza della terra/ festa della vita / Rispettate il pane /sudore della fronte / Non sciupate il pane ricchezza della patria.
A rendere chiaro il collegamento, a pie’ di pagina, la M stilizzata con cui Mussolini era solito firmare le lettere o le sue opere. Ciò era stato notato da uno studioso aretino di storia, che ha cominciato a parlarne e a sollevare la questione anche con la stampa locale. Altri clienti delle panetterie, a marchio Panart ma con una nuova gestione, non avevano mai notato la cosa o tutt’al più pensavano ad una qualche citazione apolitica. Per lo più sono interessati ad avere il pane:
Non l’avevo vista, quello che mi importa è il pane che ci sta dentro.
Come detto, i proprietari si sono difesi dicendo di non conoscere l’origine della poesia, scritta durante il periodo autarchico del regime fascista. La prima proprietaria ha affermato:
Sì, qualcuno me lo aveva fatto notare, ma per me sono solo buste fornite dalla ditta che mi hanno indicato quando ho preso la gestione.
Il secondo, invece, è più diretto nella sua ammissione:
E allora? Per me non c’è nessuno scandalo. Alla fine valorizzare i prodotti locali resta una delle missioni che tutti noi portiamo avanti. Del resto non mi interessa.
Nessuno dei due proprietari ha voluto parlare di eventuali affiliazioni politiche. Questi, inoltre, ha aggiunto che tempo prima l’Anpi aveva fatto causa per lo stesso motivo, ma aveva perso in tribunale ed era stata condannata a pagare le spese processuali: a distanza di tempo, però, è impossibile verificare se questa cosa sia vera o meno. Al momento è ignoto chi abbia commissionato le buste così “decorate”, anche se sembra che siano in commercio da tempo.
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